Segue da: “Videolezione: da Schopenhauer a Kierkegaard” uscito sullo scorso numero de “La città futura”.
Link agli articoli pubblicati su questo giornale in cui sono approfonditi i temi affrontati nella videolezione:
Gli stadi dell’esistenza; Il positivismo; Da Comte a Spencer
La distruzione della ragione. Per la critica delle filosofie moderne conservatrici e reazionarie
In memoria di Domenico Losurdo
“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l’espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio” K. Marx, F. Engels, L’ideologia tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1983, pp. 35-36.
Programma completo del corso:
- Dalla preistoria della distruzione della ragione nel secondo Schelling al Grand Hotel “Abisso” di Schopenhauer
- Dall’apologetica indiretta del capitalismo di Schopenhauer al riflusso nell’individuale di Kierkegaard
- Dalla restaurazione religiosa di Kierkegaard al positivismo quale ideologia della prima fase di sviluppo del capitalismo
- Dal darwinismo sociale di Spencer al più grande pensatore reazionario moderno: Nietzsche
- Nietzsche: dalla morte di dio al superuomo
- Nietzsche: dalla morale dei signori e degli schiavi alla volontà di potenza.
- Dall’ideologo del fascismo Gentile al massimo pensatore nazista: Heidegger
- Heidegger e la lotta alla modernità
- Il secondo Heidegger e la critica da destra al nazionalsocialismo
- Da Arendt e lo pseudoconcetto di totalitarismo al liberalismo radicale di Nozick
- Da von Hayek, fondatore del neoliberismo, al comunitarismo di MacIntyre, al massimo giurista e filosofo politico nazionalsocialista: Carl Schmitt
Gli stadi dell’esistenza
L’uomo è condannato da Kierkegaard alla dimensione – necessariamente asfittica – del singolo, per la sua posizione apologetica della coscienza infelice cristiana, che aliena la propria essenza generica nella dimensione estraniata di una divinità infinitamente superiore. Ciò è dovuto al suo rifiuto pregiudiziale della dialettica, al rimanere aggrappato alle certezze dell’intelletto che non riesce a comprendere, giudicandola addirittura contraddittoria, la compresenza nell’uomo di singolarità e universalità, generica e razionale. Tale impostazione è legata alla posizione radicalmente nominalista di Kierkegaard, volta a negare, come tutti i pensatori reazionari, qualsiasi legittimità alla universalità, al fine di difendere i propri meschini privilegi di rentier, di intellettuale socialmente parassita, dal concetto stesso di eguaglianza fra gli uomini.
Per altro l’impostazione di Kierkegaard da ribelle aristocratico dinanzi alla modernità, all’illuminismo, alla società liberal-democratica, ai diritti dell’uomo etc., lo porta a considerare umani solo tre tipologie di individui – per altro tutti espressione della classe dominante – ossia il decadente estetista snob e dongiovanni, il conformista filisteo borghese e il fondamentalista religioso che, attraverso la propria condizione esistenziale aristocratica, abbraccia una fede del tutto irrazionale, immorale e antitetica alla stessa vita etica.
Dunque, a parere di Kierkegaard, vi sarebbero solo tre differenti stadi dell’esistenza: la vita estetica ed etica descritte in Aut Aut del 1843. Di tale opera, dal titolo originale di Enten-Eller, sono inseriti il Diario di un seduttore e un saggio sul Don Giovanni di Mozart, in cui Kierkegaard rappresenta in modo sostanzialmente critico l’intellettuale decadente borghese che, nel suo individualismo esasperato resta al primo livello di sviluppo della ragione individuale attiva, ovvero all’uomo del piacere. Vi sarebbe, infine, come unica presunta reale alternativa agli evidenti limiti dello snobismo e del conformismo piccolo borghese, la vita religiosa, nel senso di un fideismo assolutamente cieco e antirazionale, descritta da Kierkegaard in Timore e tremore del 1843. Naturalmente, nella prospettiva reazionaria di Kierkegaard, non è nemmeno concepibile l’intellettuale impegnato socialmente e politicamente per l’emancipazione del genere umano, la donna, il proletario, il rivoluzionario etc.
Questi tre presunti modelli di vita possono essere considerati secondo Kierkegaard sia stati dell’esistenza, ovvero modi d’essere che permangono per tutta la vita di un singolo o anche stadi, ossia momenti successivi della vita di un singolo. Non si tratta, naturalmente, di momenti dialettici, in quanto non implicano il superamento dialettico, la sintesi – ridotta intellettualisticamente da Kierkegaard alla mera compresenza degli opposti riassumibile nella formula dell’et… et, ma si esprimono nella forma radicale dell’aut aut: scegliere uno stadio implica un salto, una rottura completa, una negazione assoluta dell’altro.
La vita estetica
La vita estetica è rappresentata dalla figura del Don Giovanni di Mozart, incarnata da Johannes protagonista del Diario di un seduttore. L’esteta è colui che sceglie di non scegliere, che vive all’insegna della novità e dell’avventura, che si propone di fare della propria vita un’opera d’arte, da cui sia bandita la monotonia. L’esteta è colui che si lascia vivere rifiutando di assumere ruoli o responsabilità sociali, che passa di esperienza in esperienza senza mai definirsi attraverso una identità stabile. In questo modo non costruisce un proprio io, ma vive nell’attimo, nell’immediatezza, non si esprime come individualità. Il godimento estetico si ripete in infinite varianti (che possono essere espresse solo dalla musica: giocata intorno a varianti e riprese dello stesso motivo): Don Giovanni non ama nessuna donna in particolare, ma tutte le donne, egli ama la sensualità in quanto tale. L’esteta si disperde nelle cose e nelle esperienze e non costruisce se stesso, manca di una personalità, di un io. La vita estetica è condannata alla noia (che segue alla vanità del piacere) e alla disperazione (che riguarda il rapporto dell’uomo con se stesso), dovuta al fallimento esistenziale. L’esteta non riuscendo a costruire una propria identità avverte il vuoto della propria esistenza.
La vita etica
La vita etica è rappresentata dalla figura del marito – Kierkegaard, in particolare, descrive il personaggio del giudice Wilhelm – che sceglie di scegliere, si impegna in un ruolo, in un compito al quale rimane fedele. La vita etica, a differenza di quella estetica che cerca in ogni istante il nuovo, si contraddistingue per la sua fissità; chi vive eticamente sceglie la propria vita e afferma la propria identità nella costante ripetizione dei propri compiti. Nella vita etica l’individuo si sottopone a una forma, a un modello universale di comportamento, è la scelta della normalità. Tuttavia anche lo stadio etico è destinato al fallimento, anche se sta su un piano più alto rispetto alla vita etica. L’emergere della personalità nello stadio etico conduce al riconoscimento di sé che è, allo stesso tempo, riconoscimento di fronte a dio e, quindi, consapevolezza della propria natura limitata e della propria inadeguatezza. Questa presa di coscienza porta al pentimento, quale riconoscimento della propria finitudine, in quanto tale, peccaminosa. Inoltre nella generalità della vita etica, connessa alla ritualità dei comportamenti, l’individuo non riesce a trovare veramente se stesso e la propria singolarità genuina (si corre il rischio del conformismo sociale): in ognuno esiste infatti un’ansia di infinito che non si lascia racchiudere nei limiti della tranquilla esistenza del marito o dell’impiegato. Da ciò il bisogno di un’esperienza più profonda e coinvolgente grazie a cui l’individuo – vincendo l’angoscia e la disperazione – possa davvero realizzarsi come singolo. Tale sarebbe esclusivamente la vita religiosa.
Prosegui la lettura dell’articolo al link: https://www.lacittafutura.it/unigramsci/gli-stadi-dell-esistenza
Come ricordava Lenin non esistono, come l’attuale ideologia postmoderna vorrebbe farci credere, tanto differenti visioni del mondo. Al contrario, esse si riducono, quando non ci si ferma alle parvenze empiriche, a fondamentalmente due: l’ideologia dominante, volta a preservare i privilegi della classe di sfruttatori al potere e la concezione scientifica del mondo, di cui avrebbe bisogno la massa di sfruttati per uscire dalla condizione tradizionale di oppressione. A questo scopo, di contro allo spontaneismo piccolo borghese, che non fa che declinare in salse diverse il vecchio mito del buon selvaggio, i subalterni sono tali proprio perché egemonizzati dal pensiero unico dominante. Da qui il ruolo essenziale non dell’intellettuale tradizionale, più o meno consapevolmente al servizio della classe dominante, ma di un intellettuale collettivo organizzato in un partito di quadri rivoluzionario in grado di divenire comunista, ovvero avanguardia del proletariato, in quanto riesce a divenire egemone fra gli oppressi e sfruttati mediando una visione del mondo antagonista a quella delle classi dominanti.
Per continuare a leggere la presentazione del corso: vai al link: La distruzione della ragione.