Stop alle mutilazioni genitali femminili?

A parole tutti sono contrari alle mutilazioni genitali femminili. Si riporta l’analisi del fenomeno, i dati disponibili e le attività di contrasto messe in atto. L’ONU dovrebbe impegnarsi maggiormente per contrastare il fenomeno.


Stop alle mutilazioni genitali femminili? Credits: https://www.flickr.com/photos/josusein/50737797466

"Porre fine alle mutilazioni genitali femminili entro il 2030", è il messaggio del segretario generale dell'ONU António Guterres.

Il 6 febbraio si è celebrata la giornata contro le “Mutilazioni genitali femminili”. Questa data è stata scelta in ricordo del discorso tenuto dalla First Lady della Nigeria, Stella Obasanjo, in occasione della conferenza inter-africana sulle pratiche tradizionali che rovinano la salute delle donne tenutasi ad Addis Abeba il 6 febbraio del 2003. 

Com’è noto in Africa si concentra l’80% dei casi di mutilazioni genitali femminili e con il COVID-19, alcune cifre sono in alcuni Stati aumentate. Le stime dell’ONU indicano che 200 milioni di ragazze e donne in tutto il mondo hanno subito una mutilazione genitale. Anche se non c’è stata molta attenzione mediatica per la celebrazione di questa giornata, per la Commissione europea la Vicepresidente Kaja Kallas ha ribadito in un comunicato l’impegno dell'UE per debellare questa pratica in Europa e nel resto del mondo: “Le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti umani e una forma di violenza efferata nei confronti delle donne, delle ragazze e delle bambine. Si stima che abbiano subito mutilazioni genitali oltre 200 milioni di donne nel mondo, di sui almeno 600000 in Europa. Si tratta di un modo per affermare il dominio ed esercitare il controllo sociale su donne, ragazze e bambine. Questa pratica, che comporta conseguenze fisiche e psicologiche gravi e permanenti, non trova giustificazione alcuna sotto il profilo medico o etico ed è inammissibile ovunque”.

La pratica di queste mutilazioni consiste nell'asportare in modo parziale o totale gli organi genitali esterni. È considerato un intervento manipolativo eseguito pochi giorni dopo la nascita fino all'età dell’adolescenza, e non rientrano in un uso terapeutico ma sono una pratica di una cultura tramandata da millenni, nonostante nessun testo sacro indichi questa pratica come necessaria. 

In Italia, con i flussi migratori sono sempre più le donne che hanno subito questa pratica, al riguardo in una intervista Marilena Bertini della Commissione solidarietà OMCeO Torino, volontaria Amref e referente GrIS del Piemonte ha dichiarato: “Conoscere la dimensione reale del fenomeno sarebbe utile per formulare politiche efficaci. Ma al momento non abbiamo indagini e ricerche sulle MGF, né esiste un sistema di tracciamento sistematico e coordinato. Inoltre, i dati a disposizione sono approssimativi trattandosi di un fenomeno del tutto sommerso e difficile da accertare. I dati dell'Università Bicocca di Milano stimano che in Italia nel 2019 fossero circa 87.600 le donne, tra i 15 e i 49 anni, sottoposte a MGF. Molte sono state escisse nei Paesi di provenienza, ma una fetta non irrilevante  - tra neonate, bambine, adolescenti e ragazze adulte - sarebbero state sottoposte alla mutilazione nel territorio italiano. Secondo una ricerca dell'Istituto europeo per l’uguaglianza di genere sulle mutilazioni genitali femminili nell’Unione europea, si stima che in Italia dal 15 al 24 per cento delle ragazze siano a rischio di questa pratica su una popolazione totale di 76.040 bambine e ragazze minorenni provenienti da Paesi in cui si pratica la mutilazione genitale femminile. Sono perlopiù ragazze provenienti dall'Egitto e, in misura minore, originarie del Senegal, Nigeria, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Etiopia, Sudan e Guinea”.

In Italia vi è una specifica disposizione penale, la legge n. 7/2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”. Con gli articoli 583bis e 583ter del Codice penale vengono vietate l'esecuzione di tutte le forme di mutilazioni, fra le quali la clitoridectomia, l'escissione, l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che causa effetti dello stesso tipo o malattie psichiche o fisiche. È inoltre applicabile il principio di extraterritorialità, che rende punibili le mutilazioni anche se commesse al di fuori del paese. Nel sito della Rete dei Consultori Familiari della Regione dell’Emilia e Romagna così si legge in una definizione conclamata di questa pratica: “Il termine Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) è un costrutto che nasce nell'ambito delle organizzazioni internazionali, nel momento in cui queste riconoscono alcune pratiche di modificazione genitale come dannose per la salute della donna e contrarie ai principi dei diritti umani”.

La dichiarazione di Guterres con la quale abbiamo aperto quest’articolo è importante perché l’ONU può se non bloccare del tutto questa pratica almeno contrastarla, soprattutto in quei Paesi dove maggiormente viene applicata, che fanno parte dell’ONU o hanno relazioni diplomatiche con esso. Com’è noto “la pratica delle mutilazioni genitali femminili è più o meno abitualmente in uso in almeno 30 paesi dell'Africa, in alcune regioni del Medio Oriente e in Asia oltre che all'interno di alcune comunità di immigrati in Europa, America del Nord e Australia” [1]. L’ONU può essere di contrasto approvando delle risoluzioni e determinando così uno stop progressivo. Su questo tema non ci possono essere opinioni che giustifichino pratiche sostenendo che debbano continuare. Naturalmente dipende soprattutto dal Consiglio di Sicurezza, che è l'organo esecutivo delle Nazioni Unite ed è responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Questo è un tema che rientra pienamente nella sfera dei diritti umani e quindi di conseguenza della sicurezza internazionale. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è composto da cinque membri permanenti con diritto di veto (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia e Cina) e dieci membri eletti per mandati biennali. Possibile che questi Paesi non accettino lo stop di queste pratiche? E, se fosse così, lo dichiarino pubblicamente spiegandone le ragioni. Eppure basterebbe prendere delle decisioni ONU come quella che i Paesi che praticano queste mutilazioni non dovrebbero più ricevere aiuti finanziari di nessun genere. Guterres in finale del suo messaggio per la giornata mondiale contro queste mutilazioni ha scritto: “Per promuovere l’eliminazione delle mutilazioni genitali femminili sono necessari sforzi coordinati e sistematici, che devono coinvolgere intere comunità e concentrarsi sui diritti umani, l'uguaglianza di genere, l’educazione sessuale e l’attenzione ai bisogni delle donne e delle ragazze che ne subiscono le conseguenze”. 

Può sembrare alquanto intuitivo ma le cifre delle mutilazioni impongono che sia necessaria una svolta per un rilancio complessivo nel mondo dei diritti umani. Al riguardo però non siamo all’anno “zero”. Il Progetto Y-ACT, Youth in Action for Change, cofinanziato dall’Unione Europea, con capofila Amref Italia e come partner l’Associazione Le Reseau, il Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane (CONNGI) e l’Università di Milano Bicocca, ha affermato che l’obiettivo è quello di prevenire e combattere le Mutilazioni Genitali Femminili in Italia in quanto sono violazione dei diritti umani e sono una forma di violenza di genere che colpisce le ragazze e le donne nelle diverse dimensioni della loro vita, individuale, sociale, sessuale e sanitaria. Questo Progetto prevede il coinvolgimento diretto di giovani con background migratorio e di membri delle comunità target per arrivare a interventi incentrati sulle comunità, tramite percorsi formativi e di empowerment dei giovani con dialoghi e impegni intergenerazionali con iniziative di sensibilizzazione nelle comunità.

Il 6 febbraio di quest’anno, in occasione della Giornata Internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili i protagonisti del progetto Y-ACT sono stati ospiti del Parlamento Europeo a Bruxelles per raccontare l’attivismo e l’impegno messi in moto grazie a questo Progetto e per presentare il Manifesto delle comunità per l’abbandono delle Mutilazioni Genitali Femminili. Certo non se ne è parlato molto a livello mediatico fino ad oggi, ma è così quando si opera per affermare per tutti, i diritti umani inviolabili. Il Manifesto per il cambiamento, documento simbolico di questo progetto che riassume l'impegno dei giovani attivisti e delle comunità per prevenire e contrastare le mutilazioni genitali femminili, è importante e rappresenta una svolta. Il Manifesto raccoglie i principi, gli impegni e le proposte di cambiamento delle comunità coinvolte e impone l'obiettivo di abbandonare queste pratiche di mutilazioni e di promuovere una cultura basata sulla parità di genere e il rispetto dei diritti umani. 

In quattro città italiane si è avviato questo progetto che ha visto i giovani in azione contro la violenza di genere e le mutilazioni genitali femminili. Si spera che non siano soli. Gli attivisti sono stati ricevuti, lo scorso 6 febbraio, dal Parlamento Europeo di Bruxelles in occasione della Giornata Internazionale di Tolleranza Zero alle Mutilazioni Genitali Femminili ed hanno raccontato il loro percorso a Roma, Milano, Torino e Padova e presentato il Manifesto in dieci punti, redatto per promuovere la lotta alle mutilazioni. È stato un pomeriggio di condivisione dei risultati e di elaborazione di obiettivi futuri che è stato chiamato “speak up” per alzare la voce e rompere il silenzio intorno a queste mutilazioni.

La lotta alle mutilazioni, in riferimento a questo progetto, non è una battaglia conclusa, assolutamente, e necessita di vigilanza e prevenzione e ovviamente anche di fondi, necessari per proseguire le campagne di sensibilizzazione. Questo progetto ha portato in Italia l’esperienza maturata in Africa in tanti anni di attività di sensibilizzazione dove le pratiche, di comprovata efficacia, sono state applicate sul nostro territorio. Dove è stato possibile s’intende. Certo è un cambio di paradigma rispetto a quella che è stata la classica cooperazione. L’Amref ha applicato proprio questa formula per pianificare questa lotta con un intervento che agisce sulle comunità dall’interno, dove, fondamentali sono stati l’ascolto ed il dialogo intergenerazionale per comprendere e trovare risposte che fossero condivise e non imposte. Quest’approccio al lavoro, inteso come attività condivisa, a cui tutti possono e devono partecipare deve essere esteso agli stessi finanziatori, che contribuiscono con fondi e risorse perché siano considerati partners, se l’obiettivo è di sviluppare una vera sinergia di intervento. Speriamo che il progetto continui e che nel 2030 si possa avere per davvero uno stop a queste mutilazioni.

Note:

[1] Mutilazioni genitali femminili nel mondo, Wikipedia.

14/03/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Felice di Maro

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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