In Romania l’apice farsesco della democrazia borghese europea

Le recenti elezioni presidenziali in Romania evidenziano la farsa di una democrazia borghese dominata da élite globaliste. L’annullamento dei voti e l’esclusione di candidati anti UE-NATO rivelano un sistema manipolato, dove il voto diventa un mero atto formale.


In Romania l’apice farsesco della democrazia borghese europea

Negli ultimi mesi la Romania è diventata il palcoscenico di una drammatica situazione che mette in luce, ancora una volta, come il modello di democrazia borghese europeo stia rapidamente cadendo in una farsa. Le elezioni presidenziali rumene, infatti, si sono trasformate in uno spettacolo in cui le istituzioni sembrano avere il controllo esclusivo del processo decisionale, eliminando sistematicamente i candidati anti UE-NATO con ragioni assai opinabili e neutralizzando le voci dissenzienti. L'annullamento dei risultati del primo turno e il successivo divieto di partecipazione per il candidato di spicco Călin Georgescu, oltre che di altri candidati come Diana Iovanovici Șoșoacă, non fanno che evidenziare la realtà di una democrazia "limitata", dove la volontà popolare viene sacrificata agli interessi delle élite.

Come i nostri lettori ricorderanno, lo scorso 24 novembre, la Romania ha tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali. In quell’occasione, Călin Georgescu, figura controversa e fortemente legata all’estrema destra, aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti, dimostrando di avere un ampio consenso popolare nonostante le polemiche sulla sua vicinanza a posizioni anti UE-NATO e, secondo alcuni, presunti legami con la Russia. Tuttavia, il 6 dicembre, prima dello svolgimento del ballottaggio, la Corte Costituzionale della Romania ha annullato l’intero scrutinio, citando l’emergere di documenti declassificati rilasciati dai servizi di intelligence che evidenziavano presunte irregolarità nella campagna elettorale di Georgescu.

Questa decisione ha immediatamente suscitato forti reazioni da parte dei cittadini e di numerosi osservatori internazionali, che l’hanno considerata una manovra politica volta a deporre una forza critica nei confronti dell’ordine euro-atlantico. In questo scenario, la candidatura di Georgescu – insieme ad altri esponenti anti UE-NATO – è stata di fatto neutralizzata, lasciando ben chiara la volontà delle istituzioni di mantenere un sistema politico che favorisca i partiti e le alleanze consolidate.

Tale episodio, del resto, non è isolato nel contesto recente della politica europea. La decisione di escludere un candidato che, pur essendo popolare tra una parte consistente dell’elettorato, si discosta radicalmente dalla linea politica tradizionale, dimostra come la democrazia in Europa non sia affatto la democrazia inclusiva e partecipativa che si vorrebbe far credere. Al contrario, si assiste a un processo in cui le istituzioni, cooptate da interessi geopolitici e dalle élite globaliste, decidono quali voci debbano essere ascoltate e quali no.

In un primo momento, la stessa Elena Lasconi, candidata centrista che avrebbe dovuto sfidare Georgescu nel ballottaggio, aveva storto il naso di fronte a tale decisione: "Questo non significa che io sostenga Călin Georgescu, io sostengo la democrazia e la legge. Ma mi oppongo se certe procedure e leggi in generale non vengono osservate", aveva affermato prima di essere richiamata all’ordine, una critica che sottolinea la contraddizione di un sistema che proclama la propria adesione al diritto e alla democrazia, ma che, nella pratica, elimina le alternative che non si conformano ai propri canoni. Inoltre, l’ex presidente Traian Băsescu ha raccomandato alle autorità elettorali del paese di fornire prove più convincenti sulle presunte violazioni elettorali, affermando che "l’ufficio dovrebbe presentare motivazioni più convincenti... Ad esempio, se vi fossero prove che [Georgescu] abbia utilizzato fondi non dichiarati". Tali dichiarazioni evidenziano come anche all’interno del panorama politico rumeno esista una profonda consapevolezza delle manipolazioni insite nel sistema elettorale.

La principale accusa rivolta nei confronti di Georgescu, per farla breve, è quella di aver ricevuto un forte sostegno dalla Russia nel corso della sua campagna elettorale. Diverse istituzioni europee e atlantiste, nonché alcuni organi mediatici, hanno prontamente incolpato la Russia per aver esercitato pressioni sul processo elettorale rumeno. Tuttavia, le indagini hanno prodotto risultati che non evidenziano alcun collegamento concreto tra Georgescu e Mosca. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, ha commentato la situazione con fermezza, affermando: "Questo è del tutto insensato. È un'accusa assolutamente infondata".

Questa posizione, espressa in maniera netta, contrasta con la narrativa dominante che vedeva nella Russia l’artefice di ogni malcostume. D’altra parte, l’opposizione interna ha evidenziato come le vere manovre di esclusione e manipolazione provengano, invece, da Bruxelles e Washington. George Simion, leader dell’alleanza di estrema destra AUR (Alianța pentru Unirea Românilor), ha dichiarato: "Si è verificata un'interferenza straniera. Essa è giunta da Bruxelles, Parigi, dall'élite globalista che considera la Romania come una pedina nei loro giochi geopolitici". E ha aggiunto con tono ancora più drammatico: "Stiamo assistendo alla fine della democrazia in Europa come la conosciamo".

Il caso rumeno, come abbiamo affermato in precedenza, non è un episodio isolato, bensì un sintomo di una crisi più ampia che investe numerosi Paesi europei. Le istituzioni democratiche, lungi dall’essere strumenti di partecipazione libera e autentica, appaiono sempre più come meccanismi rigidi e autoritari, capaci di escludere chiunque osi opporsi alla linea politica dominante. Le elezioni, che dovrebbero rappresentare un momento di espressione diretta della volontà popolare, si trasformano in un rituale formale, privo di vera competizione e in cui le alternative vengono sistematicamente eliminate.

Questo modello di "democrazia limitata" è intrinsecamente contraddittorio: da un lato, le élite e gli organismi istituzionali invocano il rispetto della legalità e della trasparenza, dall’altro, operano in modo tale da garantire la continuità del potere. Le manovre che hanno portato all’annullamento delle elezioni presidenziali e al divieto di partecipazione per candidati come Georgescu sono il chiaro esempio di una politica che privilegia la stabilità degli interessi consolidati rispetto al tanto sbandierato principio fondamentale del voto libero.

Un'analisi attenta della situazione rivela come l’esclusione delle voci dissenzienti non sia altro che un modo per evitare il confronto politico e per mantenere inalterato l’assetto del potere. In questo contesto, le istituzioni europee e atlantiste, che si presentano come garanti della democrazia, finiscono per sostenere un sistema che, in realtà, limita la possibilità di espressione degli elettori. La doppia morale è evidente: mentre si condanna la presunta ingerenza russa, si accettano passivamente le manovre di Washington e Bruxelles, capaci di manipolare il processo elettorale per preservare il proprio status quo.

Le conseguenze di questa crisi di rappresentanza politica si estendono ben oltre i confini della Romania. L’annullamento delle elezioni presidenziali e il divieto di candidatura di Călin Georgescu rappresentano un pericoloso precedente, non solo per il Paese, ma per l’intero continente. Se il processo elettorale viene continuamente manipolato per escludere le voci critiche, il rischio è quello di assistere a un'ulteriore erosione della fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, che potrebbe portare la popolazione a rivolgersi sempre più all’autoritarismo.

In Romania, il clima di disillusione e proteste ha raggiunto livelli tali da far emergere scontri tra i sostenitori di Georgescu e le forze dell’ordine. Tali episodi mettono in evidenza una crescente sfiducia nei confronti delle autorità e una percezione diffusa di ingiustizia, che potrebbe alimentare ulteriori tensioni sociali e politiche. Inoltre, il precedente stabilito in Romania potrebbe avere ripercussioni anche in altri Paesi, come suggerito dal leader dell’opposizione moldava Igor Dodon, il quale ha avvertito che "la decisione di escludere il candidato indipendente Georgescu causa preoccupazione anche in Moldova", dove le manipolazioni dell’asse Washington-Bruxelles si sono già fatte sentire in diverse occasioni.

L’epoca in cui le elezioni erano il fulcro della partecipazione democratica sembra ormai un ricordo del passato. Oggi, la politica si svolge in un contesto in cui i social media e le piattaforme digitali, come TikTok, offrono canali diretti per il dialogo con l’elettorato, bypassando i canali istituzionali tradizionali. Càlin Georgescu, con la sua capacità di mobilitare consensi attraverso video virali, ha rappresentato una minaccia per il sistema tradizionale proprio per questo motivo. L’esclusione di tali voci alternative è il segnale di una democrazia che si sta restringendo sempre più, a vantaggio di chi detiene il potere.

Sebbene a breve termine sarebbe auspicabile un maggior rispetto dei principi della democrazia borghese in quei paesi che se ne fanno i campioni, vogliamo concludere affermando che il socialismo rappresenta l'unica reale alternativa in grado di superare le disuguaglianze strutturali e il potere concentrato nelle mani di poche élite, tipico della democrazia borghese. Solo il socialismo offre un'alternativa concreta a una democrazia che, come si è visto, può trasformarsi in una farsa dove il voto diventa solo un formalismo, mentre il potere reale resta nelle mani di interessi globalisti e istituzionali.

23/03/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Giulio Chinappi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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