Nel clima politico attuale, segnato da una crescente corsa al riarmo e dall’espansione dell’economia di guerra, il Partito Comunista Tedesco (Deutsche Kommunistische Partei, DKP) si schiera con forza contro le politiche del nascituro governo, quasi certamente guidato dal leader cristiano-democratico Friedrich Merz. Secondo il DKP, l’avvicinamento a una politica bellica aggressiva, che punta a trasformare la Germania in un “fortezza industriale” per il riarmo, rappresenta non solo un tradimento dei principi di pace e solidarietà, ma anche un’alleanza pericolosa con le forze imperialiste della NATO, pronte a scatenare un conflitto contro la Russia.
Questa posizione è ben espressa nei recenti articoli pubblicati dal quotidiano del Partito Comunista Tedesco, Unsere Zeit, che criticano aspramente il percorso tracciato dal futuro cancelliere Merz e dalla sua coalizione. Prendendo le mosse da alcuni di questi articoli, passiamo in rassegna le ragioni per cui i comunisti vedono nel governo Merz una minaccia per la pace, la democrazia e i diritti dei lavoratori, e perché ritengono necessario un cambiamento radicale delle politiche di riarmo e degli investimenti bellici.
Un governo orientato verso la guerra e il profitto bellico
Secondo l’analisi dei comunisti tedeschi, Friedrich Merz e il suo governo sono destinati a favorire una “rottura epocale” nel senso negativo del termine, trasformando la politica estera e interna in una corsa al riarmo finalizzata al profitto del capitalismo bellico. Come riportato in un articolo di Ralf Hohmann, Merz “ha interiorizzato la teoria dell’economia di guerra capitalista” e intende guidare l’industria bellica verso “nuovi guadagni record” (Unsere Zeit, 31 gennaio 2025). Questa visione, basata sulla creazione di un “Consiglio Nazionale per la Sicurezza” e sull’istituzione di fondi speciali da centinaia di miliardi di euro per finanziare il riarmo, non è solo un progetto economico, ma un vero e proprio orientamento bellico che rischia di trascinare la Germania e, per estensione, l’Europa in un’era di conflitti perpetui.
I comunisti denunciano come il governo Merz non abbia alcun interesse a investire nelle infrastrutture sociali o nel benessere dei lavoratori, ma solo a spingere ulteriormente il comparto della difesa. In un altro articolo, si legge che “per i lavoratori non ci sono paracadute” – un’immagine che evidenzia come le risorse destinate al riarmo vadano a scapito di servizi essenziali, aggravando ulteriormente la crisi economica e sociale che affligge le classi meno abbienti (Unsere Zeit, 14 marzo 2025).
La politica di riarmo come strumento di repressione e profitto
L’approccio di Merz al riarmo viene criticato in maniera feroce dai comunisti per il suo duplice effetto: da un lato, alimenta un’industria bellica sempre più potente e profittevole, mentre dall’altro impone una logica di spesa eccessiva a spese dei cittadini. In particolare, il modello di “guerra economica” che si intende instaurare prevede investimenti massicci in progetti come la costruzione di un esercito di droni, l’ammodernamento della Bundeswehr e il potenziamento delle infrastrutture militari. Il programma elettorale della CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands), infatti, parla di “23.000 nuovi soldati, leva obbligatoria, caserme moderne e pieno equipaggiamento” (Unsere Zeit, 31 gennaio 2025).
I comunisti vedono in questo piano una strategia per trasformare la Germania in un “hub” della difesa europea, un vero e proprio arsenale che non solo prepari il terreno per una guerra contro la Russia, ma crei anche una situazione in cui la sicurezza nazionale è misurata esclusivamente in termini di potenza militare. Tale orientamento non solo sfida i principi internazionali di pace, ma mina la capacità di uno Stato democratico di garantire il benessere dei suoi cittadini.
Inoltre, le cifre astronomiche richieste per realizzare questi progetti – con stime che parlano di mancanza di fondi per centinaia di miliardi di euro – evidenziano una politica di spesa che, anziché risolvere i problemi sociali, li aggrava ulteriormente. Come sottolineato da uno degli articoli analizzati, “per realizzare l’obiettivo del ‘2 percento’ si prevede un fabbisogno di 253 miliardi di euro nella prossima legislatura; seguendo persino un approccio del 5 percento, si arriverebbe a 370 miliardi di euro, più di due terzi del bilancio federale” (Unsere Zeit, 31 gennaio 2025). I comunisti ritengono che tali risorse dovrebbero essere investite in servizi pubblici, sanità, istruzione e infrastrutture sociali, non in una corsa al riarmo che favorisce pochi privilegiati e aumenta il debito pubblico.
L’allineamento con l’asse del militarismo internazionale
Un ulteriore punto di critica riguarda il connubio pericoloso che il governo Merz intende stringere con i vertici internazionali del militarismo. L’articolo “Amico dei criminali di guerra” (“Kriegsverbrecherfreund”), a firma di Melina Deymann, evidenzia come Merz abbia instaurato un rapporto diretto con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonostante vi sia in corso un mandato d’arresto internazionale nei confronti di quest’ultimo. In quella occasione, Merz avrebbe persino promesso a Netanyahu “che troveremo i mezzi e le modalità affinché possa visitare la Germania e lasciarla nuovamente senza essere arrestato sul suolo tedesco” (Unsere Zeit, 28 febbraio 2025).
Questo episodio è emblematico: esso rappresenta non solo una grave mancanza di sensibilità nei confronti dei crimini contro l’umanità, ma anche un chiaro segnale dell’intenzione di Merz di spingere la Germania verso alleanze che sacrificano i principi di giustizia e responsabilità in nome del profitto e del potere militare. I comunisti, che da sempre hanno denunciato ogni forma di fascismo e autoritarismo, vedono in queste alleanze un chiaro ritorno a politiche di guerra e repressione, che avrebbero come fine ultimo il consolidamento di un sistema economico e politico dominato da interessi oligarchici e bellici.
La NATO e la guerra contro la Russia: un conflitto imposto
Un aspetto centrale del discorso dei comunisti tedeschi riguarda la guerra contro la Russia, definita come “la guerra della NATO” e considerata un obiettivo essenziale della politica estera del futuro governo Merz. In questo scenario, la strategia di riarmo non è un mero strumento difensivo, ma una spinta aggressiva verso un conflitto che, secondo il DKP, minaccia la stabilità dell’intera Europa. La posizione comunista si fonda sulla convinzione che la NATO, con il supporto degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali, stia pianificando una guerra contro la Russia per rafforzare il proprio impero militare e politico.
I comunisti tedeschi vedono in questo piano una conferma dell’evoluzione del “capitalismo di guerra”, in cui il profitto dell’industria bellica si realizza non solo attraverso l’acquisto di armi e tecnologia militare, ma anche mediante la distruzione e la ricostruzione continua delle infrastrutture. Come si legge: “Seguendo la vecchia logica capitalista, nei conflitti si può trarre profitto a più livelli: lo sviluppo dell’industria bellica porta, in modo naturale, alla distruzione delle armi e delle infrastrutture, generando ingenti investimenti per la ricostruzione” (Unsere Zeit, 31 gennaio 2025).
Questo ciclo vizioso è sintomatico di un sistema che si autoalimenta, dove il riarmo spinge verso ulteriori conflitti e, di conseguenza, verso un aumento della spesa militare a spese della popolazione. La guerra contro la Russia, in questo quadro, non è altro che una mossa strategica per consolidare il dominio della NATO, mentre i lavoratori e le classi meno abbienti restano a pagare il conto finale sotto forma di tasse e austerità.
Le conseguenze sociali ed economiche del riarmo
Veniamo dunque ad un ulteriore elemento di critica, che riguarda l’impatto devastante che le politiche di riarmo avranno sulla società tedesca. I comunisti denunciano come il governo Merz, nel suo tentativo di “liberare” i fondi per il riarmo, stia trascurando le necessità fondamentali dei lavoratori e della classe popolare. Partendo da questo presupposto, le risorse destinate al riarmo sono un’ulteriore prova di come il sistema capitalista stia sacrificando il benessere delle persone in favore degli interessi delle grandi corporazioni (Unsere Zeit, 14 marzo 2025).
Questo approccio non solo aumenta il divario tra ricchi e poveri, ma contribuisce anche a un’ulteriore militarizzazione della società, in cui la sicurezza dei cittadini è subordinata alla logica del profitto bellico. L’investimento in tecnologie militari e infrastrutture per il riarmo, invece di creare posti di lavoro stabili e migliorare i servizi pubblici, porta a un aggravamento della precarietà economica e sociale. Le risorse pubbliche, così spese, allontanano lo Stato dal suo compito di garantire diritti e benessere, trasformandolo in un mero strumento per finanziare una corsa agli armamenti.
I comunisti tedeschi sottolineano che, in un paese con una lunga tradizione di lotte sociali e diritti dei lavoratori, non è accettabile che le priorità statali siano deviate verso una politica bellica che favorisce pochi privilegiati e indebolisce la democrazia. Chiedono invece una profonda revisione delle priorità, proponendo invece investimenti in istruzione, sanità e infrastrutture sociali che possano realmente migliorare la vita della popolazione.
La resistenza popolare come risposta al modello di guerra
Di fronte a queste politiche, i comunisti tedeschi invitano alla mobilitazione e alla resistenza popolare. L’esperienza storica insegna che le forze del lavoro e le organizzazioni di sinistra devono opporsi con fermezza alle logiche del capitalismo di guerra. A tal proposito, il quotidiano Unsere Zeit ha lanciato un appello: “Il riarmo e la guerra non sono la soluzione ai problemi di sicurezza; sono invece strumenti per perpetuare l’oppressione e il divario sociale” (Unsere Zeit, 14 marzo 2025).
La lotta contro il riarmo deve avvenire su più fronti: dalla protesta nelle strade, alla mobilitazione nei luoghi di lavoro, fino alla denuncia nelle istituzioni. Le organizzazioni sindacali, i movimenti studenteschi e le associazioni di pace devono unirsi per contrastare la politica di Merz, che vede la militarizzazione come l’unico mezzo per garantire la “sicurezza” nazionale. Tale politica, come ben ricordano, ha dimostrato in passato di condurre solo a guerre costose e a una distruzione che colpisce soprattutto le fasce più deboli della società.
In questo senso, il modello proposto dal governo Merz viene definito come “una trappola mortale” per la democrazia e per il futuro del paese. La strategia di investire in armamenti e infrastrutture belliche, sostenuta da interessi oligarchici e da alleanze con potenze imperialiste, non può essere accettata in una Germania che si vanta di una tradizione di solidarietà e di lotta per i diritti dei lavoratori. È necessario, si legge, invertire la rotta e indirizzare le risorse verso la costruzione di una società più giusta e sostenibile, in cui la pace e il benessere dei cittadini siano al centro delle decisioni politiche.
Conclusioni
In conclusione, la posizione dei comunisti tedeschi nei confronti del prossimo governo guidato da Friedrich Merz è chiara e intransigente: il DKP si oppone fermamente alle politiche di riarmo e alla guerra della NATO contro la Russia, viste come manifestazioni del capitalismo di guerra e come strumenti di oppressione economica e sociale. I comunisti denunciano la logica pericolosa di trasformare la Germania in una fabbrica di armi e in un bastione della militarizzazione europea, sostenendo che tale percorso non può che condurre a conflitti devastanti e a ulteriori disuguaglianze.
Come evidenziato negli articoli di Unsere Zeit, le politiche di Merz, con i loro fondi speciali da centinaia di miliardi di euro e la retorica dell’“Asse degli autocrati”, rappresentano un chiaro esempio di come il sistema capitalista stia sacrificando il benessere della popolazione in favore del profitto delle grandi corporazioni belliche. Le alleanze strette con figure internazionali quantomeno controverse, come quella con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sono ulteriori indicatori del pericoloso orientamento verso il militarismo, che i comunisti condannano con forza.
Di fronte a questa deriva, i comunisti tedeschi invitano a una mobilitazione ampia e decisa, che coinvolga lavoratori, studenti e tutte le forze sociali impegnate nella difesa della pace e dei diritti umani. Propongono un’alternativa basata su investimenti in infrastrutture sociali, istruzione, sanità e nella costruzione di un’economia sostenibile che metta al centro la vita delle persone, anziché la guerra e il profitto bellico.
In definitiva, la critica comunista al governo Merz è una critica all’intero modello di capitalismo di guerra, che vede nella militarizzazione e nel conflitto internazionale il motore di una nuova era di oppressione economica e sociale. Solo attraverso una mobilitazione organizzata e una forte opposizione politica, i comunisti tedeschi auspicano di poter invertire questa rotta e di costruire un futuro in cui la pace, la solidarietà e il benessere dei lavoratori siano le vere priorità dello Stato.
Riteniamo che le posizioni dei comunisti tedeschi dovrebbero essere analizzate e fatte proprie anche da parte dei comunisti degli altri Paesi dell’Europa occidentale, i cui governi, sia di centro-destra che di centro-sinistra, assumono posizioni molto simili quando si tratta di genuflettersi ai dettami bellicisti della NATO.