Il congresso è un momento importante della vita di un sindacato. È il momento in cui si fa un bilancio sull’attività svolta, su quello che si è fatto e su quello che non si è fatto. Si fa un’analisi del perché non si è riusciti ad ottenere dei risultati adeguati e di conseguenza si ricalibra la linea sindacale. È il momento in cui si decide la linea da tenere per i prossimi quattro anni e si individua il gruppo dirigente adatto a portarla avanti.
In questo intervento sosterrò le motivazioni che mi hanno spinto a sostenere e a presentare il secondo documento, “Riconquistiamo tutto!”, spiegando perché non mi sono ritrovato nel documento unitario proposto dalla maggioranza del mio sindacato. Il primo documento è carente di un’analisi critica dell’azione sindacale svolta negli ultimi anni; infatti si sostiene addirittura che si sono ottenuti “risultati straordinariamente importanti”. Io questi risultati straordinariamente importanti faccio seria fatica a vederli, anzi mi sembra che le condizioni dei lavoratori nel nostro paese siano ulteriormente arretrate in questi anni.
È stato approvato il Jobs Act, che ha definitivamente cancellato l’articolo 18 ed esteso la precarietà; è passata la riforma Madia che ha confermato i poteri dell’amministrazione su orari e organizzazione del lavoro; è stata varata la “Buona scuola” che ha aumentato i poteri dei dirigenti scolastici ed introdotto lo sfruttamento gratuito dei giovani chiamato alternanza scuola-lavoro. Nulla si è fatto contro la riforma Fornero che ha aumentato l’età di pensionamento e i contributi necessari per accedervi. Le condizioni dei lavoratori nel nostro paese sono peggiorate, ed essi sono oggi più ricattabili di ieri. Non credo che nascondendo la polvere sotto il tappeto si invertirà la rotta. Non si può continuare sulla stessa strada fallimentare, altrimenti le nostre condizioni peggioreranno ancora nei prossimi anni.
Nessuno vuole nascondere che questa sia una fase difficile, una fase di crisi del sistema produttivo. Le fabbriche chiudono, i lavoratori sono licenziati o subiscono trasferimenti forzati, quando si è riassunti ciò spesso avviene con contratti peggiori, la disoccupazione giovanile è elevatissima, la forza complessiva del movimento operaio è molto bassa. Tuttavia non tutti hanno pagato la crisi allo stesso modo. C’è chi ha saputo sfruttare questa occasione per aumentare i propri profitti. I soldi per le banche si sono trovati nel giro di pochi giorni, mentre per i lavoratori non ci sono mai. La crisi è stata sfruttata dai padroni e dai loro governi per colpire ulteriormente la classe lavoratrice. I padroni e i loro governi hanno condotto molto bene la lotta di classe, siamo noi ad essere stati inadeguati. La nostra controparte ha approfittato di questa nostra debolezza, colpendoci sempre con maggiore forza. Il sindacato non può non tenerne conto e fare finta che nulla di ciò sia accaduto.
L’azione della CGIL è stata del tutto inadeguata. Abbiamo cercato di sederci a tutti i costi nei posti della contrattazione e raccolto firme per chiedere dei miglioramenti. Abbiamo fatto proposte anche ragionevoli, ma i padroni e i governi sono stati sordi alle nostre richieste. Non siamo stati capaci di costruire i rapporti di forza tali per poter riconquistare ciò che abbiamo perso. Ci siamo limitati a gestire l’esistente e a ridurre i danni inflitti dai colpi degli avversari. Come ha sostenuto una RSU ad un’assemblea sindacale: se ci fossimo limitati a gestire l’esistente oggi non avremmo lo statuto dei lavoratori.
Crediamo che sia ora di invertire la rotta e di rimettere al centro dell’azione sindacale il conflitto, piuttosto che la concertazione. È ora di riconquistare ciò che abbiamo perso, e di avanzare ottenendo nuovi risultati. Lo sviluppo delle forze produttive è tale che si potrebbe lavorare tutti di meno, a parità di salario. Invece, salvo poche eccezioni come la SAME, i contratti vanno in tutt’altra direzione. I salari sono stati compressi, e una parte di essi è stata legata alla produttività. Si è sostanzialmente accettato il modello toyotista. Nella categoria dei metalmeccanici, quella tradizionalmente più forte, si è ottenuto il misero aumento di 1,7 euro lordi mensili, cedendo su altri punti importanti come l’organizzazione del lavoro e il welfare aziendale.
Qui nessuno sostiene che non sia necessario talvolta mediare per accumulare forze e poi avanzare di nuovo, ma per ottenere qualcosa è necessario prima costruire i rapporti di forza con una opportuna mobilitazione. Non si possono lanciare scioperi solitari o a “babbo morto”, ma la mobilitazione va adeguatamente costruita coinvolgendo i lavoratori. Non è vero che essi sono stanchi di scioperare, sono invece stanchi di fare scioperi inutili che non portano a nulla. I dirigenti sindacali devono combattere la rassegnazione e la passività dei lavoratori, non alimentarla. Quando abbiamo saputo costruire la mobilitazione, come con il movimento della “buona scuola”, i lavoratori sono scesi in piazza. A maggio del 2015 l’80% della categoria ha scioperato. Ciò è stato l’effetto della mobilitazione che pazientemente abbiamo costruito. Se siamo riusciti a parare alcuni dei colpi, che il governo Renzi voleva infliggerci, ciò è stato per via del conflitto dei lavoratori.
Tuttavia non siamo stati capaci di portare fino in fondo quella lotta. Avevamo promesso le barricate per l’anno successivo, ma queste barricate non si sono viste. Per mantenere l’unità sindacale con CISL e UIL a tutti i costi, invece, ci siamo accodati alla loro posizione di contrattare la riforma, arrestando la mobilitazione generale. Essi già durante le mobilitazioni contro la “buona scuola” non aspettavano che trattare, frenando il movimento dei lavoratori. Se sono scesi in piazza è perché sono stati costretti dalla loro base a farlo. La lotta scuola per scuola è stata del tutto inefficace, e non poteva essere altrimenti essendo il livello di offensiva della controparte su un piano generale. In quell’occasione avremmo dovuto estendere il conflitto con uno sciopero generale, essendoci tutte le motivazioni per farlo. A l’unità con CISL e UIL contrapponiamo l’unica unità veramente importante, quella dei lavoratori in lotta.
Anche nella fase di rinnovo contrattuale non siamo stati in grado di sviluppare la mobilitazione necessaria. Abbiamo lasciato passare l’autunno e il varo della legge di bilancio senza mettere in campo sostanzialmente nulla. L’anno dopo i soldi non potevano essere che quei miseri 80 euro mensili che il governo aveva deciso di darci per finanziare la propria campagna elettorale. Non abbiamo assolutamente sfruttato tale situazione per chiedere di più, eppure il governo Renzi era in difficoltà e con le elezioni alle porte aveva tutto l’interesse a concedere. Abbiamo rimandato la lotta per il salario al futuro rinnovo del CCNL scuola, aspettando condizioni migliori che puntualmente non si sono verificate. Il nuovo governo, a parte i proclami, non sembra assolutamente migliore del precedente. Abbiamo mostrato tutta la nostra subalternità al PD. Il nostro sindacato non è stato sufficientemente autonomo dalle forze politiche del centro-sinistra ed ha abdicato al conflitto, sperando di ottenere concertando ciò che non è stato in grado di conquistare con la mobilitazione.
La FLC-CGIL ha accettato la compressione salariale, cercando di ridurre i danni e i conflitti generati all’interno dei lavoratori con il bonus per i docenti “meritevoli”. Abbiamo infatti legato nella migliore delle ipotesi una parte del nostro salario alla produttività. L’aumento di 80 euro mensili è del tutto insufficiente a far recuperare gli oltre 300 euro mensili di salario perso in questi anni con l’inflazione e il blocco dei contratti. Il risultato è che i lavoratori devono lavorare di più per ottenere ciò che hanno perso in questi anni. Anche la piattaforma per la contrattazione di istituto che abbiamo sottoscritto con CISL e UIL va in questa direzione, dando la precedenza ai docenti di ruolo rispetto ai supplenti per coprire gli spezzoni di cattedra di 6 ore vacanti. Eppure eravamo riusciti a vincere la battaglia contro il governo Monti che voleva portare il nostro orario di lezione frontale a 24 ore settimanali. Abbiamo fatto rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta.
Crediamo che i lavoratori non vadano coinvolti solo con i referendum, come quello tenuto sul contratto della scuola, ma nella elaborazione delle piattaforme e delle iniziative necessarie ad ottenere le nostre rivendicazioni. Il sindacato deve tornare ad essere uno strumento per la lotta di classe, non un ufficio di consulenza. È necessario attivarsi in prima persona perché ciò sia possibile, smettendo di delegare agli altri. Per questo vi invitiamo a sostenerci a questo congresso e costruire con noi da subito un altro sindacato, un sindacato conflittuale, di classe, che sappia mettere in campo tutta la propria forza per invertire la rotta. Non bisogna fare nessuno sconto all’attuale governo e non lasciare passare questo autunno aspettando delle concessioni calate dall’alto. Non siamo servi, abbiamo una dignità, non facciamoci prendere in giro da nessuno!