Quando si parla di appalti entriamo in una sorta di girone infernale nel quale i diritti sono sacrificabili in nome della modifica degli assetti organizzativi e gestionali, ove le clausole sociali previste dai contratti nazionali applicati non mettono al riparo la forza-lavoro da riduzioni orarie, salariali e da tacite imposizioni di auto sacrifici.
In questi giorni i lavoratori dei Musei di Volterra sono scesi in piazza per chiedere il ritiro del bando di appalto redatto dagli uffici del Comune committente.
A supportare la forza-lavoro la Cgil e in seconda battuta la Cub. Queste organizzazioni sindacali hanno entrambe chiesto di ritirare il bando e di riscriverlo con diversi contenuti: reali tutele e senza ridurre gli orari apertura dei siti museali.
Al momento in cui scriviamo non è dato sapere se la Giunta Comunale procederà secondo quanto richiesto dai sindacati. Intanto l'assessore locale alla cultura ha espresso solidarietà ai manifestanti. Si tratta di capire se alle parole seguiranno i fatti e se il sindacato presente, ad oggi la Cgil, voglia continuare la mobilitazione intrapresa.
Prendiamo a pretesto la lotta intrapresa dal personale museale per sviscerare alcune problematiche inerenti gli appalti.
Sovente gli atti di indirizzo della Giunta o del Consiglio Comunale non esistono o non vengono presi in considerazione dagli uffici incaricati della stesura dei bandi di appalto.
Una situazione paradossale ma emblematica, perché si possono scrivere bandi nella piena legalità riservando tuttavia condizioni peggiorative per la forza-lavoro, magari calcolando il costo orario in base alle tabelle retributive di un contratto sfavorevole, ovviamente siglato dai sindacati maggiormente rappresentativi (analogo ragionamento se si applicano contratti cosiddetti pirata ma ammessi dalla legislazione vigente).
Se calcoliamo il costo della forza-lavoro secondo un contratto collettivo nazionale che non prevede la quattordicesima o presenta inquadramenti inferiori, il risultato sarà, anche in questo caso, la riduzione dei costi e la perdita salariale. Non è solo il caso di Volterra ma di molti altri appalti negli Enti locali.
Si possono scrivere bandi esigendo riduzione dell'offerta magari con una minore apertura al pubblico e contraendo nel complesso i servizi erogati. Anche in questo caso, per insindacabili esigenze della committenza, si ottiene il medesimo risultato, ossia contrarre i salari e la forza-lavoro. E la stessa committenza sovente, come nel caso in esame, può decidere insindacabilmente la forza-lavoro da impiegare riservandosi di chiedere la sostituzione di dipendenti ritenuti non adatti ai compiti assegnati.
Le clausole sociali sono facilmente aggirabili. Se si assegna minor budget a un appalto, spesso la forza-lavoro accetta il classico compromesso a perdere dividendosi le ore mancanti che poi determinano salari e contributi inferiori al passato, il tutto per scongiurare eventuali riduzione degli organici.
In questo caso il ruolo di mediazione del sindacato è ascrivibile ad una sorta di riduzione del danno anche se a rimetterci è sempre e solo la forza-lavoro.
Esistono contratti nazionali pensati apposta per favorire processi di privatizzazione e appalti, il Multiservizi e quello delle Cooperative sociali sono esempi eloquenti, ma le strategie adottate per ridurre il costo complessivo della forza-lavoro possono anche essere ben altre.
Tutto dipende da come vengono scritti i bandi e dagli stanziamenti di bilancio assegnati ai tecnici preposti alla loro emanazione. Qui entrano in gioco ruoli e funzioni degli Enti locali e della committenza in generale che sovente sceglie di contrarre le spese partendo proprio dalla riduzione del costo del personale.
Queste considerazioni inducono a due ulteriori riflessioni:
- una committenza pubblica non dovrebbe mai ridurre il budget e inserire contenuti tali da contrarre le prestazioni e il costo del lavoro;
- il sistema degli appalti si dimostra, senza timore di smentita, il migliore strumento per abbattere le condizioni retributive, contrattuali e previdenziali della forza-lavoro decretando il consolidamento di figure professionali di serie B alle dipendenze di aziende e cooperative.