Puntuale come un orologio svizzero è arrivato l’accordo fra Commissione europea e governo italiano sulla manovra finanziaria per il 2019, sul cui raggiungimento non abbiamo mai avuto dubbi.
I vertici europei acconsentiranno che il rapporto debito/Pil superi di un’inezia la soglia considerata da molti “psicologica” del 2%, permettendolo fino al 2,04%. Era stato indicato dal Governo nel 2,4% e quello zero in mezzo non è davvero poca cosa, in quanto significa una riduzione del 15% del debito preventivato. Ciò nonostante che che la previsione di crescita del Pil, che nel Def era indicata nella misura del 1,5%, sia stata ridotta a un più realistico 1%. In soldoni fa una differenza da reperire di oltre 10 miliardi.
Da parte sua il governo italiano per raggiungere questo obiettivo di abbattimento del debito intende effettuare tagli di spesa (tra cui quella per la rivalutazione delle pensioni), rinvio di alcuni interventi, tra cui pare le assunzioni nella Pubblica Amministrazione, quota 100 (sotto forma di finestre per l’uscita) e reddito di cittadinanza (mimetizzato come esigenza tecnica). Inoltre si preannunciano nuove imposte e dismissioni di immobili e di partecipazioni societarie.
Assai curioso è che il Governo aveva proclamato di voler insistere con i poteri europei per poter escludere alcuni investimenti dal computo del deficit e in realtà si appresta a far quadrare i conti con dei disinvestimenti - tali sono le dismissioni di immobili e quote societarie - che inesorabilmente peseranno sui conti economici degli anni successivi.
Resta ancora sulla nostra testa la spada di Damocle dell’aumento delle aliquote Iva, la cosiddetta clausola di salvaguardia, se i conti non torneranno.
Il Commissario Ue Pierre Moscovici ha così commentato l’accordo: “È una vittoria del dialogo politico. Alcuni avevano auspicato una crisi, noi invece abbiamo sempre puntato a una soluzione. Se vivessimo in una bolla che ignora l'atmosfera, con l'aumento dei nazionalisti, degli anti europei, degli anti burocrati, saremmo completamente matti. Noi sappiamo che era meglio arrivare a non aprire la procedura, piuttosto che averne una per il piacere del principio. Non possiamo ignorare il contesto”. Viene quindi confermata la facile previsione che, con questi chiari di luna politici, i vertici europei non fossero orientati allo scontro con il governo gialloverde, ma solo a un braccio di ferro per giungere a un risultato il più possibile vicino ai loro desideri.
Da parte sua il Governo, per bocca del Presidente del Consiglio si è espresso con un linguaggio un po’ contorto e opaco: “La stima economico finanziaria delle misure ha rilevato che le risorse (?) sono inferiori a quelle previste. Ciò ha permesso di ridurre il disavanzo dal 2,4% a circa il 2,04% senza modificare né i contenuti, né la platea, né i tempi di realizzazione delle due misure”. Dopo aver indicato “l'ammontare dei saldi ridefiniti” (leggasi avanzo primario di bilancio, quindi la manovra è recessiva) nella misura di 10,254 miliardi per il 2019, 12,242 per il 2020, e 16 per il 2021, ha aggiunto una frase criptica: “Allo scopo di assicurare il conseguimento degli obiettivi programmatici di bilancio il governo ha previsto una norma per l'accantonamento temporaneo di una parte di alcuni specifici stanziamenti per l'importo complessivo di due miliardi. Le somme accantonate saranno rese disponibili” qualora siano raggiunti gli obiettivi di bilancio. Naturalmente quelli indicati dalla Ue. Il che, decriptato, significa che una parte degli interventi programmati dal governo resteranno nel congelatore e verranno realizzati solo compatibilmente con i dictat dell’Ue.
Scontata la reazione “plaudente” all’accordo del Presidente della Repubblica.
Un giudizio più puntuale sulla manovra definitiva, a questo punto fortemente condizionata dai poteri europei (sì, siamo di fronte all’eterogenesi dei fini dichiarati dai sovranisti), verrà dato quando conosceremo il maxi emendamento che il Governo sta predisponendo per farla approvare dal Parlamento senza possibilità di modifica, metodo a cui siamo purtroppo abituati dai precedenti governi e da cui non si sottrae quello “del cambiamento”. Ma a prescindere dai dettagli, non cambia molto il nostro giudizio sulle scelte economiche e sociali di questo governo.
Il reddito di cittadinanza rimane uno strumento inidoneo a fare giustizia sociale e a rilanciare l’economia. Assomiglia molto alla tessera del pane del periodo bellico. Un sussidio per acquistare generi alimentari solo made in Italy e poco più, purché si dimostri di essere in cerca di lavoro, si prestino 8 ore di lavoro gratuito alla settimana e si frequentino corsi di formazione. Anche per questo l’Ue l’ha accolto senza battere ciglio: assomiglia moltissimo alle disastrose “politiche attive del lavoro” su cui sono stati sprecati ingenti fondi “strutturali” europei con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. Insomma una riforma fatta apposta per i padroni, che prevede anche di accettare lavori pagati il 20% in meno di quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro e anche lavori a 50 chilometri dall’abitazione.
La Flat tax è una aberrazione sociale e giuridica, contraria ai principi della nostra Costituzione. Quota 100 è una onerosissima via di uscita dalla morsa della Fornero che pochissimi proletari si potranno permettere. I servizi pubblici essenziali saranno ancor più taglieggiati dai “risparmi” e dal blocco delle assunzioni.
Niente di nuovo verrebbe dire: manovre dichiarate espansive dai vari governi si rivelano recessive e aventi un contenuto sociale fortemente in favore delle classi possidenti. L’unica via per uscire dalla crisi, che sarebbe un serio piano di investimenti pubblici, non viene praticata. Tutt’al più viene promessa qualche opera pubblica in più negli anni a venire, mentre per quest’anno, che è poi la sol parte operativa, ci si limiterà a spendere somme già stanziate dai precedenti governi.
Però, obiettivamente, i mugugni del PD e di Forza Italia, che avrebbero voluto una manovra ancora più austera, sono fuori luogo. La realtà è che all’interno del quadro istituzionale europeo lo spazio per politiche sociali apprezzabili è minimo e che è necessario liberarsi da questa gabbia. E dopo la fulminazione di Lega e 5 stelle sulla via di Damasco toccherà ai comunisti sollevare questo problema.