Quando si lotta, molte volte si perde. Non stavolta, però. Abbiamo già riportato precedentemente su questo giornale le vicende connesse alla lotta portata avanti dal Comitato Pendolari in lotta di Paullo all’interno del quale si sono molto spesi anche i compagni di Fronte Popolare: ebbene, dopo un anno di battaglie, finalizzate a impedire lo smantellamento di un servizio pubblico essenziale che garantisce la mobilità delle persone e dei lavoratori tra la provincia e la città di Milano, il servizio degli autobus domenicali rimarrà attivo sul territorio.
Dal momento in cui grande è la soddisfazione di ottenere un risultato positivo, una vittoria, in mezzo a miriadi di avversità che normalmente spingono i comunisti a fare i conti con cosa sia andato storto quali responsabilità si abbiano nel fallimento, abbiamo pensato fosse utile interrogarci anche sui motivi di questa vittoria.
Innanzitutto, la costanza: la lotta è durata 14 mesi ininterrotti, ci sono stati molti alti e bassi, e ha pagato lo sforzo di essere rimasti sempre in mezzo alla strada a parlare con le persone destinatarie di quel servizio – ossia lavoratori che usano i mezzi pubblici per lavoro o per svago, studenti, pensionati, persone con mobilità ridotta, in generale, la nostra classe di riferimento. Solo in tal modo è possibile dimostrare una grande serietà organizzativa, in grado di intercettare la fiducia delle persone e direzionarle verso l’elaborazione del problema e un approccio incisivo nei confronti dello stesso.
Inoltre il tema, quello dei trasporti lombardi, è particolarmente caldo e sentito: per la prima volta dopo anni di disservizi, tagli a bus e treni, rincari e iniquità (come quella di costringere i pendolari a pagare comunque gli abbonamenti a prezzo pieno, nonostante i tagli al servizio), la gente ha reagito e si è fermamente opposta, comprendendo l’importanza di alzare la testa e levare le voci, stimolare l’azione in maniera organizzata al fine di ottenere finalmente un risultato, senza subire passivamente e silentemente lo smantellamento di quanto gli spettava.
Questo Comitato, nato, come spesso accade, dalla mobilitazione di un esiguo numero di persone e di compagni, e che è stato in grado di aggregare ed espandersi, di far comprendere la necessità della militanza costante e della formazione, è cresciuto e in 14 lunghi mesi ha messo in crisi alcuni equilibri di potere locali, cristallizzati da anni: proprio alla fine di novembre, infatti, il Comitato – che aveva lanciato un presidio di protesta a Milano sotto la sede dell’Agenzia TPL per difendere il mantenimento delle linee dei bus domenicali, riottenute dopo un anno di tagli in via sperimentale da agosto e fino al 31 dicembre 2018, nei paesi del Sud-Est Milano – è stato raggiunto dalla notizia che non solamente avrebbero ottenuto la convocazione del tavolo ma che, inoltre, la discussione si sarebbe tenuta a Paullo, comune da dove è nata la lotta e dove vive il nucleo principale degli attivisti. Poche ore più tardi il cedimento dell’Agenzia e la vittoria del Comitato: i bus vengono riconfermati a partire dal gennaio 2019.
L’importanza dell’argomento è cruciale ed investe temi di importanza fondamentale non solamente per i lavoratori e i cittadini del territorio interessato da questa lotta ma di tutti quanti: avere la possibilità di utilizzare, senza restrizioni dettate dalla necessità di profitti e ad un prezzo non iniquo, il servizio pubblico di trasporto è un tema che ha a che fare, al contempo, con la sacrosanta libertà di movimento, con l’altrettanto sacrosanto diritto a vedersi garantito un servizio pubblico essenziale in ragione dell’esercizio effettivo della detta libertà; ma ha anche a che vedere con la garanzia e la tutela delle esigenze delle persone che si devono muovere per lavoro, per studio o per altri motivi o che, non potendosi permettere un mezzo privato a causa di salari da fame e/o disoccupazione, finiscono per vivere delle condizioni di vulnerabilità e svantaggio che le isolano e indeboliscono ulteriormente.
Ma, che sia chiaro, senza la presenza e la capacità di direzione dei comunisti, né questa lotta né altre lotte possono risultare vittoriose e realmente risolutive dei problemi della gente.
È dei comunisti, infatti, e non di altri, la capacità di interpretare la spontaneità e di darle una direzione consapevole, sulla quale già Gramsci rifletteva in un prezioso passaggio dei Quaderni: “Questa unità della ‘spontaneità’ e della ‘direzione consapevole’, ossia della ‘disciplina’ è appunto la azione politica reale delle classi subalterne, in quanto politica di massa e non semplice avventura di gruppi che si richiamano alla massa. Si presenta una quistione teorica fondamentale, a questo proposito: la teoria moderna può essere in opposizione con i sentimenti ‘spontanei’ delle masse? (‘spontanei’ nel senso che non dovuti a un’attività educatrice sistematica da parte di un gruppo dirigente già consapevole, ma formatosi attraverso l’esperienza quotidiana illuminata dal ‘senso comune’ cioè dalla concezione tradizionale popolare del mondo, quello che molto pedestremente si chiama ‘istinto’ e non è anch’esso che un’acquisizione storica primitiva ed elementare). Non può essere in opposizione: tra di essi c’è differenza ‘quantitativa’, di grado, non di qualità: deve essere possibile una ‘riduzione’, per così dire, reciproca, un passaggio dagli uni all’altra e viceversa” (Gramsci Quaderno 3, paragrafo 48).
Giacché attraversiamo un momento storico in cui forte è la crisi della tenuta egemonica delle classe dominanti a fronte della brutalità con la quale hanno abbattuto la scure sui lavoratori e sui salari, sui quali hanno completamente riversato il peso della decennale crisi economica, le condizioni oggettive appaiono più che favorevoli allo sviluppo e ampliamento delle lotte. Non resta, dunque, che sfruttare tale fianco scoperto e capire come sfruttare i numerosi e potenziali margini di costruzione delle mobilitazioni attraverso una incessante presenza, finanche visiva, nella vita quotidiana delle classi subalterne: stare per strada, parlare, proporre, discutere, fomentare, organizzare.
L’esperienza del Comitato dei pendolari in lotta di Paullo dimostra che, con costanza, astuzia, intelligenza e organizzazione, è possibile trasformare un mal di pancia in uno schiaffo potente e efficace che porti a risultati tangibili, anche se (e non è un caso) oggi è sempre più difficile e pericoloso dar vita a tali forme di agitazione, come sancito da ultimo dal d.l. 113/2018 Sicurezza e immigrazione di Salvini, dal 4 dicembre convertito in legge con la l. 132/2018, che ha operato una stretta ancora più repressiva nei confronti della manifestazione del dissenso.
Questo non fermerà le lotte e, anzi, con rinnovato ardore ci proponiamo di mettere la nostra esperienza col Comitato dei pendolari a disposizione di tutti coloro che intendano e debbano difendere un servizio pubblico che venga minacciato.
È ora che nascano altri 10 e 100 comitati di lotta! Noi comunisti ci saremo!