Berlinguer fra grandi e piccole ambizioni

Per un bilancio storico critico, ma dialettico, del Pci berlingueriano a oltre mezzo secolo dal sostanzialmente nefasto compromesso storico, che va compreso e non giustificato, ma neanche astrattamente demonizzato. Dal momento che, per quanto possiamo non riconoscersi in esso, fa comunque parte dell’album di famiglia del movimento al comunismo italiano.


Berlinguer fra grandi e piccole ambizioni

In occasione del quarantesimo anniversario della morte e del film di Andrea Segre, La grande ambizione, si è tornati a ragionare sul portato storico a l’attualità di Enrico Berlinguer, per diversi anni segretario del Partico comunista italiano. Si tratta di una figura ancora oggi divisa fra comunisti e marxisti, del resto proprio durante la sua direzione si è giunti alla netta rottura nella sinistra (radicale?) fra il Pci e la nuova sinistra (tendenzialmente rivoluzionaria). La questione è appunto se durante la direzione di Berlinguer e, in particolare negli anni del compromesso storico di cui tratta il film, il Pci possa ancora considerarsi come componente per quanto di “destra” della sinistra radicale o se abbia portato a termine il progressivo slittamento del Partito comunista italiano su posizioni socialdemocratiche.

Il giovane Berlinguer era stato inviato nel giugno del 1945 da Togliatti a Milano, mettendo al suo posto a Roma Secchia, per convincere i giovani comunisti ex partigiani a deporre le armi. In seguito aveva assunto una posizione centrista che ne favorì l’elezione a vicesegretario per affiancare e progressivamente sostituire Longo seriamente malato. Poco dopo Berlinguer a Mosca prese una posizione molto critica rispetto all’Unione sovietica allora diretta da Breznev, una critica da “destra”. In seguito ci fu l’incidente in Bulgaria, in cui l’auto in cui viaggiava Berlinguer fu investita da un camion militare. Nel 1991, dopo il crollo dell’Urss, Macaluso, che era stato un dirigente di “estrema destra” del Pci, sostenne che Berlinguer gli aveva confidato che si sarebbe presumibilmente trattato di un attentato per eliminarlo. Questa tesi, che non ha avuto significativi riscontri nei documenti resi disponibili dopo il crollo dell’Urss, è stata acriticamente assunta dal film di Segre. Per quanto confermata in seguito dalla moglie, non certo comunista, la tesi è piuttosto discutibile, visto che nell’incidente furono gravemente feriti due alti dirigenti del partito comunista bulgaro, anche se uno dei due in seguito ha cercato di avvalorare l’ipotesi sostenendo che lui sarebbe stato un oppositore interno del segretario del Pc bulgaro con cui Berlinguer si sarebbe, poco prima dell’incidente, scontrato. 

Poco dopo la sua elezione a segretario nel 1972, Berlinguer – subito dopo la tragica morte di Allende, a opera del golpe militare reazionario fortemente voluto dagli Stati uniti, che chiuse il tentativo di realizzare riforme di struttura, senza mettere in discussione il sistema politico liberaldemocratico – operò la svolta a “destra” del compromesso storico. Visto che la linea tardo togliattiana di riforme di struttura senza rompere con la forma politica liberaldemocratica, si sarebbe dimostrata irrealizzabile, in quanto, come confermava la tragica fine del governo Allende, le forze reazionarie e gli stessi Stati uniti l'avrebbero impedita con la violenza, il Pci sarebbe potuto andare al governo non solo con le altre forze di sinistra (moderata), ma anche con la Democrazia Cristiana (centrodestra). Su questa linea Berlinguer sarebbe arrivato a rompere con la maggioranza del comunismo internazionale, ancora egemonizzato dall’Urss, con una significativa svolta a “destra” con il così detto eurocomunismo. Per cui bisognava di fatto rompere la storica alleanza con il così detto “socialismo reale” per cercare, attraverso un’alleanza con le socialdemocrazie, di spostare su posizioni autonome dagli Stati uniti quella che sarebbe in seguito divenuta l’Unione europea. Inoltre Berlinguer arriverà a sostenere le politiche di austerità, cioè di sacrifici per le classi subalterne, giustificandole con una critica al consumismo che avrebbe in qualche modo anticipato la successiva “decrescita felice”. In questi anni il Pci raggiunse nel 1976 il suo massimo risultato elettorale superando un terzo dei voti validi. 

In seguito Berlinguer, di concerto con Moro, intendeva portare il Pci nel governo del pentapartito, con la Democrazia cristiana ancora primo partito. Tale progetto fu fatto sostanzialmente fallire dal rapimento e dalla conseguente uccisione di Moro a opera delle Brigate rosse. Seguì l’appoggio esterno del Pci al governo Andreotti.

In seguito, anche per il prevalere nella Democrazia cristiana delle forze contrarie al compromesso storico, Berlinguer tentò di radicalizzare la linea del Pci a partire dal sostegno all’ultimo grande sciopero che porterà all’occupazione della Fiat. Il Pci così smise di appoggiare dall’esterno i governi del pentapartito e di sostenere la politica di austerità, denunciando la corruzione di tali compagini di governo, che avrebbe aperto la strada a Mani pulite, ponendo la “questione morale”. In tal modo Berlinguer torna su una linea centrista, contraria alla destra del partito molto vicina al Psi di Craxi.

In seguito alla repressione del movimento polacco di opposizione guidato da Solidarnosc, Berlinguer ruppe con l’Urss, lanciando la terza via, equidistante fra le socialdemocrazie e il “socialismo reale”, assumendo una posizione per certi aspetti assimilabile al revisionismo di Bernstein nei riguardi di Marx e Lenin e ritenendo ormai esauritasi la spinta propulsiva della Rivoluzione di ottobre. Infine Berlinguer cercò di mobilitare il partito nel movimento contro gli euromissili. Con questo finale riposizionamento a sinistra, non a caso non affrontato nel film di Segre, Berlinguer incontrò la crescente ostilità della maggioranza silenziosa del suo stesso gruppo dirigente del Partito, che avrebbe voluto riportare il Partito nell’orbita del governo.

Berlinguer morirà nel tentativo di impedire l’affermazione della linea governista a tutti i costi, che avrebbe in seguito portato all’autoscioglimento del Partito. Anche per questo al suo funerale presero parte oltre un milione di persone, una partecipazione mai vista prima per un politico italiano. Ciò porterà nelle successive elezioni il Pci a divenire, per la prima e unica volta, il partito di maggioranza relativa superando la Democrazia cristiana.

I concetti politici fondamentali sostanzialmente introdotti da Berlinguer sono compromesso storico, eurocomunismo, austerità e questione morale, concetti che potrebbero portare a considerarlo un teorico del revisionismo del marxismo.

Quello che più colpisce nel film di Segre, anche per il sapiente uso di materiali di archivio, è l’enorme popolarità che aveva il comunismo in Italia ancora negli anni della segreteria di Berlinguer. La questione, che sembra emergere anche nelle due scene più avanzate del film, è se la politica forse più caratteristica della segreteria di Berlinguer, il compromesso storico, possa – in qualche modo – aver favorito il successivo deciso calo della popolarità del comunismo nel nostro paese.

Significativa la domanda che gli pone un operaio, mentre Berlinguer divulga la sua concezione del compromesso storico, chiedendogli se la linea dell’alleanza di governo con il principale avversario storico del Pci, la Democrazia cristiana, non potesse favorire un distacco delle masse popolari dalla politica. Dal momento che tale distacco, in effetti, si produrrà in modo significativo proprio dopo la morte di Berlinguer, ci si dovrebbe domandare se la linea di fatto revisionista possa aver contribuito a tale deriva anti democratica, nel senso etimologico di potere del popolo. Altra questione fondamentale che emerge nel film è da che parte si colloca nella lotta di classe il Berlinguer del compromesso storico, questione fondamentale che gli pone lo stesso figlio Marco, aderente al movimento studentesco del tempo. Significativa è anche la risposta che dà Berlinguer al figlio, sinceramente colpito dal fatto che Marco potesse mettere in dubbio la sua costante opera politica a favore delle classi popolari. 

La figura di Berlinguer potrebbe essere descritta – per cercare di giungere a un giudizio storico, in grado di fare un bilancio della sua linea politica – come classico esempio di sincero socialdemocratico, cioè un compagno di strada rispetto a un sincero comunista, anche se naturalmente all’interno di un duro ma onesto confronto-scontro per l’egemonia sulle masse popolari

La simpatia del tardo Togliatti per il giovane Berlinguer, può essere considerata l’equivalente, mutatis mutandis, della simpatia del tardo Berlinguer per il giovane Veltroni. Dunque si potrebbe anche dire che Berlinguer si pone a metà strada fra Togliatti e Veltroni, quale esponente di una terza via fra il comunista rivoluzionario Gramsci e il liberale Renzi.

Da questo punto di vista appare rovinosa la completa rottura fra il Pci di Berlinguer, tendenzialmente socialdemocratico, e la nuova sinistra tendenzialmente rivoluzionaria, che rischia di riprodurre la cattiva e sterile contrapposizione fra la sinistra dell’anima bella idealista e quella dell’uomo del corso del mondo realista sino al cinismo (da cretino, aggiungerebbe Marx). In effetti un movimento tendenzialmente rivoluzionario – che non riuscisse a fare egemonia su quel terzo dei votanti che sostenevano nelle urne il Pci – accentuando in modo unilaterale lo spirito di scissione, rischia di fare la tragica fine dell’anima bella, che in nome di una purezza rivoluzionaria si condanna al minoritarismo di testimonianza. D’altra parte una sinistra che confonde il realismo di Machiavelli, con quello dell’uomo del corso del mondo, cioè con il realismo cinico di Guicciardini rischia di finire nella posizione governista a priori degli attuali “socialdemocratici” a parole, ma social-liberisti nei fatti, cioè sostanzialmente liberaldemocratici.

Da questo punto di vista il bilancio storico sulla linea politica di Berlinguer non può che essere sostanzialmente negativo, come del resto quello speculare sulla estrema sinistra programmaticamente anti berlingueriana. Verrebbe da dire che andrebbe sviluppata una terza via equidistante fra la nuova sinistra tendenzialmente rivoluzionaria del movimento del Settantasette e il Pci tendenzialmente socialdemocratico della direzione del Berlinguer del compromesso storico. La questione fondamentale è che non si può vedere nell’uomo del popolo di sinistra allora simpatizzante del Pci, che ben si intravede soprattutto nelle sequenze di archivio del film di Segre, come un avversario da battere e non come un compagno che sbaglia, nei confronti del quale esercitare l’arte maieutica dell’egemonia. Allo stesso modo, sarebbe sbagliato non andare a vedere il film di Segre su Berlinguer, perché si critica dal punto di vista del comunismo rivoluzionario la sua linea politica da sincero socialdemocratico, piuttosto che vederlo per sfruttare l’occasione per rilanciare una prospettiva di terza via equidistante fra la testimonianza della minoritaria sinistra dell’anima bella e la maggioritaria moderata sinistra del cinico realismo dell’uomo del corso del mondo, ovvero, mutatis mutandis, l’uomo del berlingueriano compromesso storico. Tornando a Gramsci, da cui è tratto il titolo del film, possiamo dire che Berlinguer si colloca a metà strada fra le grandi ambizioni del comunista che vuole rivoluzionare il corso del mondo e le piccole ambizioni di chi mira al successo personale cavalcando (cinicamente) il corso del mondo.

08/01/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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