Per un superamento dialettico di Togliatti

Contro la demonizzazione e l’agiografia cerchiamo di riprendere quanto c’è di valido sia dal punto di vista che teorico che politico da Togliatti, dandone un giudizio storico equilibrato.


Per un superamento dialettico di Togliatti

Nonostante sia da poco passato il sessantesimo anniversario dalla morte di Palmiro Togliatti, davvero troppo poco si è parlato di uno dei maggiori esponenti del comunismo italiano e fra i più importanti padri della Repubblica e della Costituzione

Il giovane Togliatti è stato fra i principali esponenti dell’ala sinistra del Partito socialista italiano e poi fra i massimi esponenti del Partito comunista d’Italia, secondo, probabilmente, solo a Gramsci. Con quest’ultimo ha dato vita all’“Ordine Nuovo” e dopo Gramsci ha svolto un fondamentale ruolo di direzione nel Movimento dei consigli, protagonista dell’occupazione delle fabbriche e del biennio rosso, probabilmente il momento in cui si è giunti più vicini alla società socialista in Italia.

In seguito, subito dopo Gramsci, è stato il principale architetto del Congresso di Lione che ha dato nuova linfa vitale al Partito comunista d’Italia sino ad allora frenato dall’impostazione estremista che gli aveva dato il suo più influente fondatore Amadeo Bordiga. Perciò sarà insieme a Gramsci e a Tasca, anche quest’ultimo del gruppo dirigente dell’Ordine Nuovo, il primo grande studioso del fascismo e il principale dirigente del partito che nel modo più significativo lo contrasterà in Italia.

Togliatti sarà fra i massimi dirigenti della Terza internazionale, dopo la morte di Lenin e la sconfitta di Trotsky, insieme a Dimitrov e secondo solo a Stalin. Sarà uno dei massimi teorici e fautori della linea dei Fronti popolari che consentirà alla Terza internazionale di abbandonare la politica settaria della fase precedente, quella che definiva la sinistra non rivoluzionaria socialfascista

Sarà, poi, fra i più importanti dirigenti dell'epica esperienza della guerra di Spagna e delle brigate internazionali. Poi diverrà uno dei principali dirigenti della Resistenza e del Comitato di liberazione nazionale, grazie alla decisiva svolta di Salerno, fondamentale per creare un movimento unitario di quasi tutte le forze antifasciste.

Togliatti sarà fra i principali padri costituenti, ministro nei governi di unità nazionale delle forze antifasciste. In seguito sarà, fino alla morte, il più importante esponente del Partito comunista italiano, di cui fu anche il principale teorico e fondatore. Sarà al contempo forse il principale esponente dell’area di centro-destra del comunismo internazionale.

È stato per decenni il più popolare e riconosciuto esponente del comunismo italiano tanto da essere soprannominato “Il migliore”, oltre a essere uno dei principali esponenti del marxismo. Infine ha svolto un ruolo decisivo nel far conoscere e diffondere gli scritti della maturità di Gramsci, cioè di uno dei più importanti esponenti del comunismo e del marxismo internazionale, secondo solo, probabilmente, a Lenin e Marx.

Nonostante tutto ciò oltre a essere, comprensibilmente, oscurato e demonizzato dall’ideologia dominante, fino a presentarlo addirittura come uno dei principali censori del pensiero di Gramsci, oltre che il principale esponente dello stalinismo in Italia, Togliatti è oggi un riferimento molto divisivo nel movimento comunista italiano. Dai suoi molteplici detrattori gli viene imputato di essere il principale esponente dello stalinismo italiano. Ciò lo ha esposto e lo espone a pesanti critiche tanto da destra che da sinistra, sia di gran parte dei comunisti e marxisti di destra, kruscioviani o post-kruscioviani, sia di gran parte dei comunisti e marxisti di sinistra.

In entrambi i casi si assiste troppo spesso a una vera e propria demonizzazione della figura di Togliatti, anche in questo caso analoga alla demonizzazione della figura di Stalin sul piano internazionale. D’altra parte i suoi non pochi cultori fra i comunisti e i marxisti italiani tendono, un poco come avviene con i cultori di Stalin a livello internazionale, a una lettura sostanzialmente agiografica.

Cercando di evitare questi opposti estremismi cercheremo di darne un giudizio storico il più possibile critico e dialettico. In altri termini, come di consueto, l’attitudine più matura ed equilibrata pare essere quella del superamento dialettico, che comporta il tesaurizzare quanto di valido c’è ancora nella figura di Togliatti, dal punto di vista politico e teorico, e il criticare quegli aspetti che sono anche storicamente superati. Per quanto concerne il giudizio storico si tratta di considerare dialetticamente tutti gli aspetti progressisti della figura di Togliatti, cioè tutto l’apporto che ha dato allo sviluppo e alla diffusione del marxismo e del comunismo, ma anche i limiti e gli aspetti contraddittori, revisionisti della sua concezione marxista e comunista.

Se in assoluto il giudizio storico non può che essere decisamente positivo considerati tutti gli aspetti essenziali che abbiamo ricordato all’inizio di questo articolo, d’altra parte ci sembra egualmente importante discutere anche gli aspetti che, dal nostro punto di vista storico, da posteri, debbono essere criticati, naturalmente da quello che consideriamo il punto di vista più avanzato e scientifico, la prospettiva comunista e marxista. Quindi, dopo aver riassunto in modo schematico, nella prima parte di questo articolo, cosa c’è di vivo nel pensiero e nelle opere di Togliatti cercheremo, nella parte conclusiva, di analizzare, sempre per sommo capi, gli aspetti più discutibili.

Partiamo dal principale contrasto storico e teorico che Togliatti ha avuto con Gramsci, che ci permetterà anche di considerare in modo critico e dialettico il suo essere, di fatto, il principale esponente dello stalinismo in Italia. Come è noto Gramsci, nello scontro che si apre nel partito comunista sovietico dopo la morte di Lenin, mira, come del resto aveva fatto quest’ultimo, a salvaguardare come la cosa per lui più importante l’unità del partito comunista. Per cui, pur schierandosi dalla parte della grande maggioranza del partito, anche perché per l’unità del partito è irrinunciabile il centralismo democratico – perciò è critico della minoranza di sinistra che non accetta di sottomettersi alla linea largamente maggioritaria – Gramsci rimprovera altresì l’attitudine della maggioranza che non è in grado di riconoscere e valorizzare l’importanza dell’opposizione e della minoranza, per cui il centralismo rischia di scadere in organico, cioè burocratico. La maggioranza dovrebbe in effetti negare dialetticamente la minoranza, valorizzando nella propria sintesi anche gli aspetti validi dei critici della linea maggioritaria.

Dal nostro punto di vista, da posteri, è certamente valida e condivisibile l’impostazione di Gramsci. D’altra parte, però, occorre considerare in modo critico e dialettico anche la posizione contrapposta più realista e tattica di Togliatti. Quest’ultimo essendo a Mosca, pur presumibilmente condividendo in linea teorica astratta la posizione di Gramsci, ritiene che ormai lo scontro è andato troppo avanti per battersi apertamente per una sintesi ricompositiva, in cui ognuno riconosce la propria parte di errore e, di conseguenza, la parte di verità che vi è nella posizione contrapposta. Ormai, visto lo Stato d’eccezione che vige in modo sostanzialmente permanente in Urss, dopo il fallimento dello sviluppo della rivoluzione socialista negli altri Stati e, in primo luogo, nei paesi occidentali, cioè in quelle compagini statuali a capitalismo avanzato in cui era possibile la transizione al socialismo, l’elemento del centralismo deve avere un peso preponderante a discapito dell’aspetto democratico.

Ciò porterà Togliatti a rimanere fedele alla linea della maggioranza per tutto il periodo in cui, a causa dello Stato di eccezione dell’Urss, non era possibile fare, realisticamente, altrimenti. Questo permetterà a Togliatti non solo di sopravvivere in un’epoca in cui, purtroppo, gli oppositori, anche se comunisti, non erano più tollerati, in quanto lo stato di eccezione portava a considerarli intollerabili, ma di mantenere voce in capitolo all’interno dell’Internazionale. Per cui, pur dovendo tollerare e sopportare pazientemente gli aspetti settari della maggioranza quando quest’ultima decise, dopo aver ritenuto necessario liquidare la minoranza di sinistra, liquidare anche la minoranza di destra, Togliatti riuscì a influenzare in modo significativo il riposizionamento sua una linea più equilibrata l’Internazionale. D’altra parte, se occorreva spostarsi a destra per riequilibrare lo spostamento a sinistra, necessario a liquidare l’opposizione di destra capeggiata da Bucharin, in seguito Togliatti non avvertì il bisogno di riassumere una posizione più equilibrata, nel momento in cui la necessità dell’unità della Resistenza, indispensabile a sconfiggere il nazi-fascismo, venne meno.

Così Togliatti diverrà il principale esponente dell’area destra del comunismo internazionale post terza internazionale, in una contrapposizione adialettica con la componente di sinistra del Cominform rappresentata da Tito. Da qui il contrasto di Togliatti in Italia alla linea di sinistra nel Pci rappresentata da Secchia e dalla maggioranza dei partigiani comunisti e il sostegno dato a(l giovane) Berlinguer. Tanto che il Cominform criticherà la linea unitaria e frontista mantenuta dal Pci anche dopo la nuova fase di scontro che si era aperta con la guerra fredda.

Non a caso Togliatti dovrà aspettare la morte di Stalin e lo spostamento a destra del Pci sovietico, sotto la direzione di Malenkov, per liquidare l’area sinistra del suo partito, in nome della sua linea che si potrebbe definire “neorevisionista”. In effetti, sulla base di questa linea, nei paesi occidentali, dove si è conquistata la liberaldemocrazia non ci sarebbe più stato bisogno della rivoluzione socialista, ma sarebbero state sufficienti delle riforme di struttura.

10/01/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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