"Stiamo lasciandoci alle spalle cose preoccupanti, come la fragilità del sistema bancario e l'inerzia degli investimenti. Siamo usciti dal tunnel e stiamo percorrendo una strada... stavo per dire un sentiero stretto, ma vedo il sentiero allargarsi". Per questo "non è irrealistico immaginare negli anni prossimi un salto di qualità dell'economia. Gli anni prossimi saranno migliori". Lo afferma il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan nel corso della quinta edizione della Festa di Left Wing. (fonte Ansa).
Non è così, ministro Padoan, non siamo fuori dal tunnel. In Italia c’è una crisi economica che investe la maggioranza della popolazione. Il motivo fondante è che non c’è lavoro, quello vero, quello che consente una vita decorosa, così come recita l’articolo 36 della Costituzione: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”. E poiché “l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” (art. 1) e il lavoro non c’è, è questo il problema centrale del paese. A smantellare il lavoro e i diritti dei lavoratori sono state le riforme attuate dai governi di stampo prettamente liberista, in rigorosa obbedienza ai trattati Ue. Riforme che hanno visto il clou nel Jobs act, la peggiore riforma che potesse essere congeniata a danno dei lavoratori.
Cos’è il Jobs act se non l’epilogo nero della dignità e dei diritti dei lavoratori? Ne conosciamo gli effetti devastanti. Dal licenziamento senza reintegro, al controllo a distanza, alla precarietà dei contratti che tolgono ogni sicurezza al lavoratore, impedendone ogni progetto di vita, togliendogli la prospettiva di una stabilità economica e ponendoli sotto scacco ricattatorio.
“Lavorare meno, lavorare tutti”. Sarebbe la soluzione, ma lo slogan non calza, vista la qualità del lavoro, e soprattutto quando lavorare meno si realizza nel guadagnare una miseria e nel divenire sempre di più strumento per il profitto del padrone. E quando il profitto si prospetta maggiore altrove si delocalizza il lavoro. Fino a licenziare in blocco 1666 lavoratori della stessa azienda, rei di non aver ceduto al contratto capestro, come è accaduto ai lavoratori Almaviva Roma o recentemente ai 500 lavoratori della Embraco.
Elezioni politiche 2018
A due passi delle elezioni politiche, gli esponenti delle liste che hanno rappresentanza parlamentare, in corsa al maggior numero possibile di poltrone, in una campagna elettorale che sta assumendo aspetti patetici da cabaret di periferia o da acrobazie circensi, sui media mainstream, gareggiano, utilizzando lo strumento infido di raggiranti e false promesse. Su queste menzogne si giocano, come fosse una partita a scacchi l’economia del Paese che a loro dire si risolverebbe con due mosse del cavallo. Non dobbiamo, non possiamo farci abbindolare di nuovo.
Questa volta dobbiamo dare fiducia a chi ci dice la verità, ovvero a chi sta dalla parte dei lavoratori deprivati dei diritti. Chi ci rappresenta davvero questa volta sono gli stessi lavoratori defraudati del diritto al lavoro, gli insegnanti malpagati e precarizzati, gli esodati, gli studenti che vivono in scuole degradate e umiliati dalla buona scuola che li costringe all’infame alternanza scuola lavoro per modellarli al futuro lavoro gratuito. Loro sono i nostri degni rappresentanti, perché stanno dalla parte della ragione. Quella matita non deve avere dubbi, la dobbiamo usare per segnare il simbolo di chi sta dalla nostra parte. E stare dalla parte del Popolo vuol dire, in primis, stare dalla parte dei lavoratori che chiedono dignità. Quella dignità che è stata smantellata con l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, da lorsignori che vorrebbero ancora fare i nostri rappresentanti. Ignoriamoli, questa volta.
Il programma di Potere al Popolo sul diritto al lavoro
Sono 16 i punti considerati nel programma di Potere al Popolo per riconsiderare e ripristinare i diritti soppressi dei lavoratori. “Ci stanno raccontando falsità. Ci dicono che l’occupazione è tornata ai livelli precedenti alla crisi e che questo è avvenuto grazie alle riforme strutturali e al Jobs act - si legge nel programma - Non è vero, è successo invece che èche ci sono un milione di posti in meno. I contratti sono sempre più precari, il part time è imposto. Le imprese ricevono fondi (40 miliardi in 3 anni). Ai lavoratori è riservato il peggio: demansionamento, licenziamenti, controllo a distanza, salari al minimo della sussistenza”. E tutto questo, a causa delle pessime leggi, risulta legittimo.
Ma il Jobs act è solo il frutto di quanto è stato messo in atto dalle politiche sul lavoro nel corso degli anni precedenti (pacchetto Treu, la legge 30, legge Fornero). La cessione dei diritti per i lavoratori è diventata legittima, ha assunto l’aspetto della normalità. Questo è l’aspetto più inquietante.
Gli effetti di questa devastazione dei diritti si notano anche nell’esodo massiccio verso altri Paesi. Non solo “fuga di cervelli”, ma migliaia di persone che abbandonano il Paese in cerca di luoghi ove la sopravvivenza sia possibile. Il problema del lavoro si acuisce anche con la mancanza dell’attuazione delle norme primarie per la sicurezza, così come prevede il d.lgs n. 81. Di lavoro si continua a morire per deregolamentazione delle tutele previste dalla legge e ciò causa infortuni anche letali e malattie professionali. In questo paese “stiamo messi male”. Il lavoro è la centralità quindi, è un’emergenza.
Potere al Popolo, fra gli altri punti menzionati nel programma e per i succitati motivi fondamentali, nel programma elettorale propone: la cancellazione del Jobs Act e della legge Fornero, la cancellazione dell’articolo 8 della Legge 148/2011 (deroga in senso peggiorativo rispetto al contratto nazionale), la messa fuorilegge del lavoro gratuito, il contrasto del caporalato, il ripristino della scala mobile, la difesa del diritto di sciopero con la modifica della L. 146/90, misure incisive per la sicurezza sul lavoro, fine delle discriminazioni di genere, riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali. Per “riaffermare il diritto al lavoro per tutti” e per un controesodo propone: Investimenti pubblici in politiche industriali e riconversione ecologica dell’economia e assunzioni pubbliche per potenziare il welfare.
Il mondo del lavoro fra Ue e Jobs act (visto da chi produce)
E allora sentiamoli i lavoratori. A Roma, lo scorso 22 febbraio il giornale ha organizzato presso il circolo Prc del Tufello un’iniziativa centrata proprio sui diritti dei lavoratori invitando a parlare quelli che si spendono per la causa anche candidandosi nella lista Potere al Popolo. “Secondo me oggi c’è una coscienza sopita del lavoratore. Si sta perdendo il concetto di dignità del lavoro; il lavoro è dignitoso quando ti consente di arrivare a fine mese. I dati Istat ci dicono che il lavoro è in aumento, ma non è così. C’è gente che lavora poche ore al mese” Afferma Stefania Iaccarino, ex lavoratrice Almaviva, candidata per Potere al popolo
“Non abbiamo nessun rapporto con i datori di lavoro, con le cooperative. Noi lavoriamo 40 ore a settimana a 900 euro al mese. Non accade in una fabbrica o in uno scantinato cinese. Accade qui, nelle scuole di Roma agli Aec (assistenti educatori culturali). Non abbiamo diritto alla mensa. Accompagniamo i bambini a mensa, ma non abbiamo diritto al pato. I bambini mi chiedono come mai non mangio con loro, preferisco dire che non mi va. Quando le scuole chiudono noi non percepiamo lo stipendio”. Ѐ l’amaro sfogo di Raffaele, operatore Aec nelle scuole del Comune di Roma.
Claudio, operatore delle Fs, addetto alla manutenzione spiega l’aspetto drammatico e centrale della sicurezza nel suo lavoro: “Fra operai ferrovieri e ditte appaltatrici il livello di infortuni è veramente notevole. La sicurezza diminuisce ogni giorno, ciò è dovuto ad un aumento dei ritmi del lavoro, ci vengono richieste, sforando le norme contrattuali, maggiori prestazioni straordinarie. Incide anche l’aumento dell’età pensionabile per la riforma Fornero che ha fatto sì che questi rischi aumentassero. A questo problema si sta associando una consistente riduzione di personale con migliaia di posti di lavoro in meno e inoltre ci hanno aumentato l’orario di lavoro. Si parla di lavorare meno, in realtà lavoriamo di più, ma la paga è la stessa. Ѐ tutto legato ad una politica di smantellamento dell’apparato produttivo”.
Ѐ questa, solo questa l’amara verità. Confermata anche da Bruxelles che mette in evidenza il problema della disoccupazione giovanile che frena la crescita produttiva del Paese e le conseguenze sociali legate alla disoccupazione. L’Italia, per questo, anche per questo, soprattutto per questo, oggi, è un paese allo sbando. “Lasciare indietro i giovani significa mettere a rischio il nostro futuro, i nostri valori” dice Marianne Thyssen, commissario europeo responsabile per l’occupazione. E quindi caro Padoan, nel tunnel ci siamo in pieno!