I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni.
Essi dichiarano apertamente che i loro scopi
non possono essere raggiunti che con l’abbattimento violento
di ogni ordinamento sociale esistente.
Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista.
I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene.
E hanno un mondo da guadagnare.
Proletari di tutto il mondo unitevi
Marx & Engels
Finché le donne non saranno chiamate,
non soltanto alla libera partecipazione alla vita politica generale,
ma anche al servizio civico permanente o generale,
non si potrà parlare non solo di socialismo,
ma neanche di democrazia integrale e duratura.
Lenin
il processo rivoluzionario si attua nel campo della produzione, nella fabbrica,
dove i rapporti sono di oppressore a oppresso, di sfruttatore a sfruttato,
dove non esiste libertà per l’operaio, dove non esiste democrazia;
il processo rivoluzionario si attua dove l’operaio è nulla e vuol diventare tutto,
dove il potere del proprietario è illimitato,
è potere di vita e di morte sull’operaio, sulla donna dell’operaio, sui figli dell’operaio.
Gramsci
1. La ricostruzione del partito.
I comunisti e le comuniste non sono reali senza partito internazionalista e rivoluzionario. Né la rivoluzione si produrrà senza il soggetto sociale rivoluzionario organizzato ed egemonizzato dal partito. Perciò, visto che l’obiettivo dei comunisti e delle comuniste è il passaggio a una società socialista (quale transizione al comunismo), in questa fase il compito principale è la ricostruzione del partito. Presupposto di ciò è l’individuazione del soggetto rivoluzionario nel moderno proletariato, la cui avanguardia in sé è costituita dalla classe operaia. La quale, senza il partito guidato da intellettuali organici che la aiuterà a prendere coscienza di sé e a organizzarsi, non potrà andare al di là di lotte immediate sul piano essenzialmente economico (da qui l’esigenza di contrastare le ideologie antimarxiste che parlano di fine del lavoro e della classe operaria, per sostenere la fine del socialismo scientifico). Purtroppo nessuna delle organizzazioni oggi esistenti è autosufficiente nell’assolvimento di tale funzione. Perciò per ricostruire il partito bisogna partire dal basso, dalle lotte teoriche e pratiche, visto che l’unità dei comunisti non può nascere da un intergruppi, anche perché le più ampie organizzazioni che si definiscono comuniste o sono socialdemocratiche o sono autoreferenziali. Perciò il partito potrà rinascere solo superando dialetticamente, ovvero togliendo e conservando quanto c’è di buono in tutte queste parrocchie.
2. L’internazionalismo.
Partendo dal presupposto che i classici hanno sempre mirato in primis al lavoro per l’Internazionale, ritenendo questo strumento indispensabile per l’affermazione del socialismo, considerando che la storia ci ha mostrato e ci mostra tutt’ora quanto tale insistenza fosse fondata, bisogna rilanciare da subito l’internazionalismo proletario. A tale scopo è imprescindibile assumere posizioni antimperialiste. D’altra parte, il primo imperialismo da combattere non può che essere il proprio, altrimenti si abbandona la prospettiva rivoluzionaria e si assume la posizione opportunista sempre pronta a criticare gli imperialismi concorrenti al proprio. Dunque è imprescindibile a un reale internazionalismo proletario combattere l’imperialismo nel proprio paese, specie se esso è costantemente impegnato nella guerra a livello internazionale a chiunque vi si opponga. Il che significa condurre a tutti i livelli una lotta organizzata contro l’imperialismo italiano e a quello dell’unione europea in cui il primo tende sempre più a coordinarsi, a quello della Nato guidato dagli USA e all’imperialismo transnazionale. Fondamentale per raggiungere quest’obiettivo è l’instaurarsi di relazioni internazionali con altri partiti e organizzazioni militanti comuniste.
3. Sulla frazione.
Secondo Marx, Engels, Lenin, i comunisti e le comuniste quando hanno le forze necessarie, sviluppando lo spirito di scissione, rompono con i riformisti e gli estremisti e si organizzano autonomamente nel partito. Nei paesi in cui i comunisti e le comuniste sono troppo deboli, per cui invece di un partito potrebbero realizzarne solo la caricatura, ossia una setta, fanno entrismo in formazioni socialdemocratiche cui fanno riferimento masse di lavoratori (l’esempio tipico di questo caso è quando non riescono a eleggere nemmeno un deputato). Non essendoci al momento le condizioni oggettive per costruire il partito comunista né un partito socialdemocratico in cui fare entrismo, in questa fase di accumulazione di forze occorre in primis formare almeno una frazione comunista, che operi, sulla base del centralismo democratico, in tutti i contesti utili per ricostruire il partito, senza divenire una setta, ma pronta a fondersi con qualsiasi altra prospettiva convergente nella direzione di un polo\movimento per la ricostruzione del partito comunista. A questo scopo è necessario costruire momenti assembleari di discussione, sul ruolo del partito e sulla analisi socio-economica, che coinvolgano tutte le organizzazioni militanti interessate alla ricostruzione della soggettività di classe rivoluzionaria.
4. Lavoro per cellule.
Il partito rivoluzionario dovrà essere un partito di quadri (un intellettuale collettivo) con radicamento e capacità di direzione di massa. I comunisti e le comuniste debbono condividere una visione del mondo marxista e leninista (in Italia gramsciana) e devono essere avanguardie riconosciute del proletariato. A tale scopo i compagni e le compagne si organizzeranno per cellule in primis nei luoghi di lavoro. Chi non potesse farlo, chi non è più studente e non è ancora lavoratore, o chi nel suo posto di lavoro è impossibilitato oggettivamente a essere avanguardia riconosciuta, si organizzerà nei luoghi di studio (di formazione della forza-lavoro) e nei quartieri proletari per organizzare i pensionati e gli altri strati popolari e per cercare di radicalizzare e connettere le lotte dei lavoratori. Seguendo sempre la linea generale stabilita dall’intellettuale collettivo, le cellule dovranno mirare a organizzare in primis strumenti consiliari, quali cellule della futura società socialista (fondata sulla democrazia consiliare), decidendo la tattica più opportuna per ottenere questo risultato a seconda del contesto nel quale si trovano ad operare (luoghi di lavoro, di formazione, nei quartieri proletari/operai o nelle lotte sorte spontaneamente). I consigli dovranno riunire i lavoratori più consapevoli e determinati a prescindere dai sindacati di appartenenza, compresi lavoratori non iscritti al sindacato. Lo stesso avverrà fra la forza-lavoro in formazione e nei quartieri proletari mediante case del popolo in cui sperimentare camere del lavoro metropolitano per i lavoratori non altrimenti organizzabili, sviluppare la cultura e la socialità proletaria e sviluppare forme di mutualismo e consigli di zona in cui, a partire dalla difesa del salario indiretto, si svilupperanno cellule della società futura sul modello cubano.
5. Il ruolo del sindacato.
I sindacati, avendo come scopo la vendita della forza-lavoro, sono in sé apparati della società capitalista e in quanto tali ostili alla prospettiva rivoluzionaria. Tuttavia, essendo la principale e più primitiva forma di organizzazione dei lavoratori nella società capitalista, i comunisti e le comuniste devono essere iscritti necessariamente a un sindacato, scegliendo il più efficace nel proprio posto di lavoro per portare avanti la propria prospettiva rivoluzionaria fra il maggior numero possibile di lavoratori. Perciò i comunisti e le comuniste nei più diversi sindacati opereranno declinando nel proprio contesto la linea di intervento indicata dal partito quale intellettuale collettivo. Ciò comporta, in primis, la necessità di battersi in modo organizzato contro ogni forma di burocrazia sindacale (per l’unità anche organizzativa dei lavoratori dal sindacato, ai consigli al partito) e ogni dinamica corporativa e neocorporativa.
6. Il ruolo dei movimenti e il fronte.
I comunisti e le comuniste opereranno anche nei movimenti sociali per creare un fronte in cui le forze anticapitaliste mireranno a egemonizzare le forze antiliberiste, per condurre una lotta di massa che dal livello sociale si elevi al livello politico, dalla lotta contro il governo, locale e nazionale, si elevi alla lotta contro lo stato borghese. A questo proposito è indispensabile che al programma massimo – mirante per via rivoluzionaria alla transizione al socialismo, mediante la socializzazione dei mezzi di produzione con l’espropriazione degli espropriatori (e il conseguente sviluppo delle forze produttive [contro la socializzazione della miseria]), la dittatura democratica del proletariato (fondata sui consigli e transitoria per la società comunista) e la creazione (pedagogica) dell’uomo nuovo socialista – si affianchi un programma minimo, in cui al primo posto tornino ad essere: la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, i ritmi e la gestione della forza-lavoro una volta alienata al capitale.
7. Il ruolo della stampa.
Come insegnano i classici e la storia, guardando ai grandi esempi dell’Iskra e dell’Ordine nuovo, per la costruzione del partito è indispensabile un organo di stampa giornale-rivista che sia in grado di riconnettere i collettivi e i comunisti sparsi nell’intera Penisola svolgendo il ruolo di organizzatore collettivo utile alla propaganda, alla agitazione, all’analisi e alla diffusione delle informazioni necessarie alla classe per predisporre gli strumenti più adeguati alla lotta politica .
8. La formazione dei quadri.
Visto che senza teoria rivoluzionaria non c’è prassi rivoluzionaria, è fondamentale lavorare alla formazione dei quadri. Tendenzialmente ogni membro del partito deve essere potenzialmente un dirigente e di conseguenza un intellettuale organico al proletariato. Tale formazione dovrebbe essere il prerequisito all’adesione al partito, essa è di fondamentale importanza specie per gli elementi di estrazione proletaria poiché essi costituiscono il principale e più solido anello di collegamento tra il partito e la classe. È evidente che chi non ha elaborato collettivamente una visione del mondo rivoluzionaria (marxista) sarà inconsapevolmente egemonizzato dall’ideologia delle classi dominanti. La formazione poi dovrà essere costante, visto che il marxismo non è una religione, un dogma, ma un pensiero scientifico che rende capaci di intervenire in modo rivoluzionario su una realtà che non può che essere in continuo sviluppo.