Avviso ai naviganti: è nato un nuovo soggetto politico della sinistra. Si tratta certamente di un soggetto non comunista, direi riformista ma certamente non anticomunista, con cui sarebbe opportuno confrontarci e collaborare; un contenitore ampio, in cui i comunisti possano stare con l’intento di esercitarvi la loro egemonia, se ne saranno in grado. Sto parlando dell’Anpi che domenica scorsa a Riccione ha concluso il suo 17° congresso uscendone con una nuova fisionomia.
I numerosi congressi di sezione e provinciali che hanno preceduto l’assise di Riccione si sono infatti misurati con una proposta di piattaforma per molti versi inedita. L’Associazione, che da alcuni decenni, per non morire insieme agli ultimi partigiani in vita, si era aperta a tutti gli antifascisti, già da qualche anno non si limita al compito, pur importante, di testimoniare e difendere la memoria della Resistenza, ma interviene nell’agone politico a difesa della Costituzione, compresa la sua parte sociale più avanzata, come testimonia l’impegno profuso nei due ultimi referendum costituzionali che invece il Pd aveva sostenuto.
Certo, tradizionalmente il quadro dirigente, specie quello intermedio, è ampiamente composto da “eredi” del dissolto Pci e quindi i militanti o simpatizzanti del Pd possono probabilmente vantare una posizione numerica prevalente. Ma il capovolgimento dei valori fondanti della Costituzione da parte di quel partito, avvenuto attraverso la permissività, se non addirittura l’appoggio, nei confronti del revisionismo storico dilagante, le politiche liberiste, l’adesione alle guerre della Nato, i tentativi di stravolgere la nostra Carta costituzionale hanno posto chiaramente la linea politica e la ragion d’essere dei Dem in netto contrasto con quelle dell’Anpi. Al processo di maturazione di una nuova consapevolezza, manifestatasi anche attraverso iniziative “ribelli” di alcune sezioni che talvolta hanno “disobbedito” a qualche imposizione burocratica dall’alto, deve avere probabilmente contribuito anche la constatazione dell’inesistenza nel panorama politico italiano di un partito di sinistra ampio e incisivo e che fosse necessario in qualche modo svolgere un compito, se non sostitutivo, impossibile e inopportuno, almeno di riduzione del danno. Fatto sta che questa organizzazione, che vanta oltre centomila iscritti, nel suo documento per il 17° congresso, ha lanciato la proposta di una “grande alleanza democratica e antifascista” per la persona, il lavoro, la socialità, la solidarietà, la Costituzione, la partecipazione popolare, per stimolare il legislatore e i partiti a ricostruire un rapporto virtuoso fra società e istituzioni.
La piattaforma politica attorno a cui coinvolgere la sinistra parte dalla critica della politica attuale, e dalle proposte di “profondo cambiamento” dei compiti e delle funzioni dello Stato che, nel disastro della pandemia e della crisi organica del capitalismo, ha manifestato tutta la sua inadeguatezza, permettendo e favorendo “lo sviluppo di poteri economici e finanziari svincolati da ogni controllo democratico” e in grado di “condizionare” quelli dello Stato. Da qui l’indicazione di un sistema elettorale proporzionale, l'opposizione all'autonomia differenziata, il ripristino del ruolo dello Stato nel governo dell’economia, nella programmazione, nel controllo affinché venga effettivamente assicurato che l’impresa e la proprietà privata non agiscano in contrasto con l’utilità sociale. Altri punti in netto contrasto con le politiche fin qui seguite da tutti i governi degli ultimi 40 anni sono le politiche sull’immigrazione, quelle sanitarie, quelle scolastiche, dell’informazione, della cultura e ricerca, dei beni comuni, dello Stato sociale, del fisco, del lavoro e dell’occupazione, dell’ambiente, della giustizia, della difesa, della pace, praticamente un’opposizione su tutta la linea.
A proposito dell’Europa l’Anpi, pur dichiarandosi europeista, mostrando così di non avere ancora chiara la vera natura oligarchica, anticomunista, imperialista e liberista dell’Ue fin dai suoi decantati principi dei “padri fondatori”, non omette la denuncia dei limiti della costruzione europea, sia dal punto di vista istituzionale sia delle politiche seguite sul terreno economo, sociale e democratico, avvertendo anche delle pericolose derive neonaziste di alcuni stati dell’Est, quale l’Ucraina.
Sul piano internazionale è importante l’adesione a una visione multipolare, e quindi il rifiuto delle pretese egemoniche Usa, con le conseguenti riflessioni sulle nostre alleanze e l’opposizione a “una nuova guerra fredda”. In particolare, pur non proponendo l’uscita dalla Nato, si afferma che la missione difensiva di questa alleanza è venuta meno e che deve essere messa all'ordine del giorno la costruzione di un autonomo sistema di sicurezza europeo.
Fra la stesura di questo documento e l’assise di Riccione è passato un anno, nel corso del quale è intervenuta la guerra in Ucraina. A questo proposito la relazione introduttiva del presidente Pagliarulo, pur condannando l’intervento russo, ha confermato la contrarietà, già espressa in precedenti prese di posizione dell’Associazione, all’espansione a Est della Nato, considerata una delle cause della guerra, all’invio di armi all’Ucraina e all’aumento delle spese militari. La sola soluzione possibile è considerata la trattativa per giungere a un accordo fra le parti e si lamenta che l’Unione Europea e l’Italia non stiano svolgendo un ruolo in questa direzione. Gli obiettivi da perseguire dovrebbero essere il riconoscimento dell’inviolabilità dei confini nazionali, stabilire “un’ampia zona smilitarizzata e denuclearizzata lungo i confini fra Russia e altri paesi” e un processo di riduzione controllata di tutti gli armamenti nucleari. Tornando al tema della Nato, la relazione afferma che le sue ragioni originarie sono venute meno essendone caduti i presupposti storico-politici […] Nel nuovo mondo multipolare e nella prospettiva di un sistema di difesa europeo è perciò ragionevole una progressiva dismissione delle strutture Nato”. Mi sembra un buon passo avanti.
Citando le parole di un compagno di Milano – perché, altra bella connotazione, nell’Anpi ci chiamiamo compagni – Pagliarulo ha dichiarato: “Alla terza guerra mondiale preferiamo la prima pace mondiale”, alludendo implicitamente al fatto che pace fin qui non c’è stata. E ne conosciamo le responsabilità.
Altri temi trattati nella relazione sono la sospensione dei brevetti sui vaccini, la critica ai contenuti e al metodi con cui siamo giunti al Pnrr, l’aumento delle diseguaglianze, l’arretramento dei salari, la denuncia dell’enorme numero di morti sul lavoro, la censura effettuata nei confronti di ricerche storiche sulle foibe difformi dalla vergognosa narrazione impostasi con l’istituzione della Giornata del ricordo, la necessità dello scioglimento di tutte le organizzazioni neofasciste e più in generale il dovuto maggiore contrasto della propaganda delle ideologie fasciste e razziste e della toponomastica da revisionismo storico. Altre proposte sono una legge che sanzioni le multinazionali che delocalizzano e la sostituzione del fiscal compact con un social compact che “tuteli le condizioni economiche dei ceti popolari”.
A proposito della democrazia si riconosce che essa non è mai un dato certo, ma qualcosa di fragile da “difendere e alimentare continuamente”, evitando l’alterazione dell’equilibrio fra i poteri e “potenziando, non deprimendo” i partiti, la rete dei corpi intermedi e la partecipazione popolare. Senza tale partecipazione essa “si spegne”. Questa democrazia antifascista che deve crescere la “chiamiamo democrazia progressiva”. Mi pare evidente l’attingimento a una nota definizione togliattiana.
Sulla proposta di alleanza democratica la relazione precisa che si tratta della messa in campo di una rete informale di soggettività collettive e individuali come condizione per un profondo rinnovamento del paese, coprendo il vuoto esistente fra società civile e società politica. “Quel messaggio – afferma Pagliarulo riferendosi alla proposta delle tesi congressuali – conteneva un’idea di riscossa democratica tanto più urgente quanto più sentivamo suonare le sirene dell’uomo forte.” Si tratta, infine, “di contrastare lo strisciante sentimento negativo e pessimismo esistenziale che sembra penetrare nel profondo della società”.
Non deve stupire che, a congresso non ancora concluso, i media espressione dell’oligarchia economica – perché oligarchi non sono solo i capitalisti russi! – abbiano scritto di una svolta filoputiniana, di una proposta di fuoriuscita dalla Nato, e (speranza andata delusa) di una spaccatura nell’Anpi.
In realtà, anche se alcuni media hanno continuato a riferire delle conclusioni in maniera distorta, c’è stata una grande unità attorno a questa piattaforma. Il documento congressuale e la relazione del presidente sono stati approvati con una ventina di astensioni e nessun voto contrario, su una platea di centinaia di delegati. Vi sono state solo un paio di dichiarazioni di dissenso sul rifiuto dell’invio delle armi all’Ucraina e il segretario Dem Letta, nel suo saluto pressoché formale, ha prudentemente evitato di motivare la sua posizione favorevole a tale invio.
Di notevole importanza, al contrario, gli interventi di una cinquantina di rappresentanti di associazioni, sindacati, movimenti, partiti che in grandissima parte hanno manifestato forte consonanza con la proposta politica dell’Anpi e disponibilità a collaborare al suo progetto.
Non si tratta certamente di un progetto per realizzare il socialismo e non poteva esserlo, ma come comunisti non possiamo rimanere fuori da questo nuovo, ma che viene da lontano, fatto politico che ci procura una speranza, nel pessimo contesto politico attuale. Dobbiamo esserne dentro, sia per prevenire eventuali colpi di coda della componente Pd, oggi politicamente emarginata ma numericamente consistente, sia per formulare proposte che rendano più efficace questa azione riformatrice e nel contempo vadano nel solco di una transizione verso il socialismo, sia infine per portarvi idee e analisi che contribuiscano a una presa di coscienza del fallimento del capitalismo anche da parte di una platea più vasta di quella dei militanti comunisti i quali, tuttavia, dovrebbero approcciarsi a questo compito partendo da una maggiore unità al loro interno. Se ne può discutere?