L’elemento di novità che abbiamo riscontrato ascoltando sia gli interventi del collettivo di fabbrica che quelli degli altri collettivi di lavoratori (Tim, Alitalia, Commercio, Informatica, scuola) e degli studenti, è stata la consapevolezza, nata dall’esperienza di lotta di fronte alla proposta di chiusura dell’impianto, della necessità di andare oltre il semplice concetto di resistenza rispetto all’attacco padronale. Il concetto di insorgenza rimanda, a nostro avviso, ad un necessario salto di qualità nel concepire la difesa dei diritti dei lavoratori, delle lavoratrici e dei cittadini/e. Un salto che prevede la convergenza di più settori, la produzione di una massa critica composta di movimenti di lavoratori e di settori sociali che definiscano un orizzonte di cambiamento del modello produttivo e, con esso, dei rapporti di forza tra le classi all’interno della società.
Si tratta di un percorso che non si limita alla sommatoria di vertenze differenti ma, a nostro parere, mira alla formazione di un vero e proprio blocco sociale che sappia costruire un progetto concreto di trasformazione del reale, un’alternativa che sia credibile e praticabile da tutti coloro che vi si riconoscono.
Per queste ragioni riteniamo che le proposte di non definire una lista di punti da presentare e quella di caratterizzare la manifestazione semplicemente con la contrarietà al Governo Draghi siano delle ottime intuizioni degli organizzatori. L’obiettivo che si intende realizzare, non essendo limitato ad un percorso specifico o ad una vertenza singola, deve avere un orizzonte più esteso, allargarsi a settori più vasti, facendoli confluire in una lotta più generale per il cambiamento delle condizioni di lavoro e di vita nel nostro Paese. Nel corso delle ultime assemblee è emerso massicciamente il tema della lotta contro la guerra in corso, contro l’aumento spropositato di spese in investimenti militari e le proposte scellerate d’inviare armi ad uno dei contendenti nel conflitto bellico - nello specifico il governo ucraino con note simpatie nazionaliste. Il punto di vista che è venuto a galla nelle assemblee e che noi condividiamo in pieno, è che nel lottare contro la guerra non si possano però abbandonare i conflitti sociali che attraversiamo quotidianamente nei nostri posti di lavoro o nei nostri territori. Al contrario, si è veramente efficaci in questa lotta solamente se si riescono ad interconnettere i due piani, se si arriva a costruire quel blocco sociale che nelle sue rivendicazioni generali e nel suo concreto operare riesce a mettere effettivamente in discussione il modello sociale ultraliberista e prevaricatore che, poi, si riflette nell’economia di guerra. Non è un caso che, nel corso dell’assemblea romana, molti interventi e proposte si sono incentrate sul tema del caro vita, sulla riduzione drastica del potere d’acquisto dei salari, oltre che sulla riduzione delle spese sociali (scuola, sanità, servizi) a favore delle spese militari.
Perseguire l’insorgenza e la convergenza è un obiettivo ambizioso ma necessario. Molti conflitti nascono da obiettivi specifici: i lavoratori, così come il movimento studentesco o i movimenti ambientalisti perseguono sempre obiettivi specifici ed è proprio su quelle vertenze che gli stessi movimenti prendono linfa, si accrescono; ma allo stesso tempo ciò rappresenta il loro limite, come il limite di noi. Costruiamo una mobilitazione per opporci a qualcosa, ad un attacco che subiamo ma raramente riusciamo a costruire un movimento che si slanci, che non si limiti al raggiungimento dell’obiettivo immediato, che si proponga di accrescere la partecipazione attiva dei lavoratori e delle lavoratrici alla produzione ma che rifletta e proponga cosa produrre e in che modo, secondo quali compatibilità ambientali, come ricondurre al controllo pubblico diversi settori sia della produzione che dei servizi ed in che modo renderlo possibile.
Dal nostro punto di vista insorgere e convergere equivale alla costruzione di un blocco sociale che rappresenta un processo in fieri di cui questa manifestazione è solo un momento, una sperimentazione, un passaggio embrionale. I movimenti reali si svilupperanno sempre a partire dai bisogni, dai conflitti che si produrranno per le contraddizioni reali nei diversi settori ed avranno, probabilmente, i limiti della resistenza, della difesa particolaristica rispetto all’attacco padronale o del Governo. In questi movimenti saremo impegnati, dialogando sempre con i bisogni concreti dei lavoratori che ci sforzeremo di rappresentare. L’importanza di questo movimento e le potenzialità che contiene in nuce, grazie anche alle intuizioni e al metodo di lavoro del collettivo GKN, è quello di costruire uno spazio di convergenza, di unificazione reale perché basato non solo su un’idea di sommatoria ma di costruzione progettuale, di elaborazione politica e pratica di trasformazione generale che abbiamo sempre auspicato. Dentro questo percorso è fondamentale lo spirito di apertura, di accoglienza delle molteplici esperienze lavorative e sociali senza spinte egemoniche, evitando strumentalizzazioni di questo o quel sindacato, tutti i lavoratori e le lavoratrici, tutte le esperienze di conflitto possono convergere riconoscendosi in uno spazio comune, in un percorso che si sta costruendo concretamente nei diversi territori, in molti luoghi di lavoro, anche con collocazioni sindacali diverse. Il lavoro che fino ad ora è stato fatto da chi ha lanciato questo progetto va in questa direzione ed è per questo motivo che appare l’esperienza più interessante degli ultimi anni che va preservata e valorizzata facendola crescere progressivamente. Noi ci siamo.