La rivendicazione del salario minimo, sebbene con diverse prospettive, è risultata trasversale a diversi schieramenti politici e sociali. È sostenuta sia dalle opposizioni parlamentari che dai principali sindacati, e ha ottenuto anche il beneplacito di Confindustria. Non mancano forze sociali e politiche che vi si oppongono, in primis il governo, in tutte le sue sfaccettature, che ha rifiutato di porre questo tema nella propria agenda di provvedimenti parlamentari, bocciando la timida proposta delle opposizioni. Tanto che anche l’ex presidente dell’INPS Tridico di fronte alla chiusura del governo ha preso posizione dichiarando: “La presidente del Consiglio sbaglia, nel nostro Paese c’è una grave questione salariale. Senza contare come questo provvedimento sia presente nella gran parte dei paesi UE. Oggi quattro milioni di lavoratori circa hanno salari sotto la soglia dei nove euro lordi l’ora, questi stipendi sono indegni”. Il fatto che ci siano oggettivamente diverse prospettive e che la richiesta di un salario minimo sia sostenuto da forze avverse alla nostra, non deve essere pretesto per abbandonare il campo di questa battaglia politica.
La proposta delle opposizioni per un salario minimo legale di nove euro lordi l’ora, con tutti i suoi limiti, come la diversa interpretazione e prospettiva delle forze che la sostengono, ha alcuni elementi utili per la nostra battaglia politica. Da un punto di vista teoretico, nonostante fosse avversata da Marx per valide motivazioni teoriche, pone la parola d’ordine del salario invece di quelle più comunemente sostenute di stipendio o reddito in un contesto di forte frammentazione e bassa coscienza di classe da parte della classe lavoratrice. Al di fuori delle sue avanguardie più politicizzate non c’è questa forte identificazione in una classe sociale da parte dei lavoratori, per cui il solo fatto di porre il termine salario permette un avanzamento teorico e della ricomposizione di classe. È infatti possibile utilizzare questa occasione di dibattito pubblico su un tema importante, come la ripartizione tra salario e profitto del lavoro salariato, per porre la questione di appartenenza di classe e di campo politico. Bene ha fatto Unione Popolare a presentare una propria proposta di legge di iniziativa popolare per un salario minimo di dieci euro lordi l’ora, indubbiamente più avanzata della proposta delle opposizioni parlamentari. Da un punto di vista politico evidenzia come la destra, da Forza Italia a Fratelli d’Italia, non rappresenti gli interessi dei lavoratori, ma fa chiarezza anche sulle presunte opposizioni parlamentari, squalificando fin da subito Renzi e il suo partito come forza di opposizione. Il sostenere o meno questo provvedimento impone una scelta di campo. Pone una prima scrematura tra le forze politiche tra coloro che sostengono e tra coloro che non sostengono la necessità di un aumento salariale. Questa rivendicazione aiuta a chiarire quali classi sociali esse rappresentano, ma pone anche la possibilità di fare maggiore chiarezza all’interno delle forze politiche favorevoli a questo provvedimento, che vanno dal PD ad Azione, dal Movimento Cinque Stelle alle forze della sinistra parlamentare ed extraparlamentare. Ma perché ciò avvenga, permettendo di fare anche un passo in avanti verso la ricomposizione politica delle frantumate forze della sinistra di classe, è necessario non far cadere nel vuoto la discussione e accompagnarla da una forte mobilitazione sociale per gli aumenti salariali. Infatti solo in presenza di un forte conflitto sociale sarà possibile torcere questo provvedimento a favore degli interessi dei lavoratori piuttosto che a quelli di Confindustria. Altrettanto importante è la chiarezza che si può fare tra i lavoratori sulle forze sindacali, screditando il fronte sindacale contrario che va dalla CISL, l’attuale principale stampella concertativa del governo, alla UGL e ai sindacati gialli firmatari dei “contratti pirata”.
A beneficiare del provvedimento sarebbero tre milioni di lavoratori, i quali oggi si trovano sotto la soglia di una paga oraria lorda di nove euro, come sostiene il segretario della UIL Bombardieri. In particolare trarrebbero maggiore beneficio le categorie meno organizzate sindacalmente (come i dipendenti delle imprese più piccole, sotto i dieci dipendenti, e le false partite IVA) e più svantaggiate (come le donne e i lavoratori stranieri). Il sostenere questa campagna per un salario minimo, permetterebbe di effettuare quella necessaria alfabetizzazione sulla natura sociale del salario, comprendente le differenti componenti diretta, indiretta e differita, e sul bisogno di organizzarsi come classe lavoratrice per ottenere salari e condizioni di lavoro migliori. Una campagna necessaria soprattutto tra le giovani generazioni, che hanno avuto lo svantaggio di nascere e crescere in una fase molto arretrata del movimento operaio, non potendo acquisire nei posti di lavoro da parte dei compagni più anziani ed esperti le necessarie conoscenze organizzative e teoriche elaborate dalla classe lavoratrice per condurre la lotta di classe. Un avanzamento nei rapporti di forza delle categorie di lavoratori più svantaggiati permetterebbe indubbiamente di fare un salto in avanti alla lotta di classe in questo Paese, attenuando quella divisione continuamente alimentata dalla controparte tra lavoratori con migliori condizioni di lavoro e lavoratori più precari e sfruttati. La campagna a mio avviso deve partire dal salario minimo per poi estendersi a temi che ci sono più cari come quello di migliori condizioni lavorative e contrattuali, di una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e all’introduzione di una scala mobile per limitare l’erosione del salario da parte dell’inflazione. Ma soprattutto può essere un’opportunità per costruire un fronte politico e sociale di opposizione al governo Meloni, dove si dovrà effettuare la lotta per l’egemonia per il prevalere delle nostre prospettive politiche. Passaggi necessari per la costruzione di un blocco sociale con la prospettiva di una differente società dove la ricchezza sociale sarà equamente ripartita tra tutti, prendendo da ognuno secondo le proprie capacità e dando a ognuno secondo i propri bisogni.