MILANO. Ricordare i cento anni dalla rivoluzione leninista richiede un approfondimento su varie tematiche. Analisti economici e politici sottolineano la validità attuale delle teorie marxiste e della prassi leninista. Un invito a lottare per la loro diffusione e per cercare di realizzarle in una società globalizzata dove la crisi economia è diffusa, segnale dell’arretramento e della sconfitta del sistema liberista e del capitalismo.
All’origine della rivoluzione in Russia nel 1917 ci fu la pesante crisi bellica e con essa anche una profonda crisi economica. L’industria russa sostenne molti sforzi negli anni precedenti, ma non fu capace di tenere il passo con le questioni derivanti dalla guerra. Così si appesantì drammaticamente la crisi alimentare, in particolare a San Pietroburgo. Da tempo, prima del 1917, gli scioperi nelle fabbriche erano frequenti preannunciando il tracollo che stava avvenendo. Lenin sostenne che “il modello russo indica a tutti i Paesi qualche cosa di molto essenziale per il loro inevitabile e non lontano avvenire”.
Studiando l'impianto generale dei provvedimenti economici del governo dei soviet nei primi anni della rivoluzione e i principi di economia politica socialista si intravede la vitalità della Rivoluzione d'Ottobre e la capacità dei protagonisti di leggere la situazione con lo strumento del materialismo storico e della dialettica marxista. Grazie ai quali si possono realizzare nuovi rapporti di produzione e strutture socio-economiche inedite. L’analisi scientifica richiede di studiare liberi da pregiudizi per recuperare, comunque, lezioni valide anche oggi.
Leggiamo ancora Lenin: “più di una volta nella Storia ci sono state rivoluzioni che hanno abbattuto la borghesia con un vigore non inferiore al nostro, tuttavia noi siamo andati oltre, fino a instaurare il Potere sovietico e a passare dall'abolizione della schiavitù economica all'autodisciplina del lavoro: è stato allora che la nostra legge è stata davvero la legge del lavoro. Quando la gente ci dice che la dittatura del proletariato esiste solo sulla carta, ciòmostra che essi non hanno alcuna nozione di tale concetto, perché dittatura del proletariato non significa affatto abbattere solamente borghesia e proprietari terrieri - il che accade in tutte le rivoluzioni - quanto stabilire l'ordine, la disciplina, la produttività del lavoro, l'inventario e il controllo da parte del potere proletario sovietico, che è assai più stabile e saldo del precedente”.
Lenin cambiò il corso della Storia praticando il pensiero di Karl Marx ed esprimendo un'economia di alternativa al capitalismo borghese e anche il suo superamento dialettico. Ispirò la rivoluzione bolscevica la creazione di un sistema basato sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione e non su quella privata. Ricordiamo che transizione al socialismo significa eliminare definitivamente le forme di sfruttamento della proprietà privata e in particolare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Veniva mantenuta la possibilità di proprietà individuale fondata sul lavoro personale (artigiani o aziende familiari) e non sullo sfruttamento. Questo modello economico si basa su un principio diverso dal profitto e lo troviamo nella Critica al programma di Gotha (1875) di Marx. Qui il socialismo è considerato un sistema di transizione che mantiene ancora “le macchie della vecchia società dal cui è uscito”. Per Marx “a differenza del comunismo, dove vigerà il principio da ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni”, il socialismo, per il minor grado di sviluppo rispetto al comunismo, garantisce “a ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo il suo lavoro”.
Passare dalle parole ai fatti richiede mezzi, dispositivi e risorse che grazie a Lenin hanno costituito la pratica della politica economica sovietica dai tempi della rivoluzione bolscevica. Sono in gioco realtà come lo Stato. Scrisse Lenin: “Ripudieremo tutti i vecchi pregiudizi i quali affermano che lo stato significa l'eguaglianza generale. Questo non è che un inganno; finché c'è sfruttamento, non può esistere l'eguaglianza. Il proprietario fondiario non può essere eguale all'operaio, né l'affamato al sazio. La macchina che è stata chiamata stato e che ispira agli uomini una superstiziosa venerazione, credendo essi alle vecchie fiabe secondo cui si tratta di un potere che impersona tutto il popolo, questa macchina viene respinta dal proletariato che dice: è una menzogna borghese. Questa macchina l'abbiamo strappata ai capitalisti e ce ne siamo impadroniti. Con questa macchina, o bastone che sia, distruggeremo ogni sfruttamento, e quando sulla terra non sarà più possibile sfruttare, quando non vi saranno più proprietari di terre né proprietari di fabbriche, non vi sarà più chi gozzoviglia e chi è affamato, quando ciò non sarà più possibile, soltanto allora la butteremo tra i ferri vecchi”.
Approfondendo l’analisi leninista sulla regolazione del lavoro individuale e del consumo personale da parte dello Stato si rilevano quattro principi:
- Autorità nel comando, al fine di evitare derive anarchiche e affermare una disciplina del lavoro rispettata a tutti i livelli; Centralizzazione delle decisioni economiche secondo il principio del centralismo democratico; Sovranità in entrambe le sfere del lavoro e del consumo, per garantire la ripartizione della ricchezza secondo lavoro; Normatività, ovvero la capacità da parte dello Stato di dotare questo processo di leggi e norme.
Per Lenin, la gestione dell’economia socialista doveva essere a tutti gli effetti una scienza. Fu per questo che egli diede una risposta scientifica alle questioni fondamentali della pianificazione e della gestione dell'economia socialista. Per condurre un'economia di piano sono, quindi, sono necessarie:
- Scientificità; Capacità di determinare correttamente gli obbiettivi e di porli nel giusto ordine e prospettiva; Propensione verso le ultime scoperte della scienza e della tecnica e verso le esperienze all’avanguardia; Flessibilità, ovvero capacità di reagire rapidamente ai mutamenti di situazione.
In altre parole, è necessaria la direzione centralizzata dell’economia, con la gestione pianificata della produzione. Lo Stato proletario nel 1917 realizzò subito la nazionalizzazione socialista dell'economia e Lenin elaborò un programma delle trasformazioni economiche più importanti. Il primo atto di politica industriale fu la nazionalizzazione completata a metà del 1918. La base tecnica e materiale del socialismo era la grande produzione meccanica, in quanto giocava un ruolo chiave nell'industria, nell'agricoltura, nell'edilizia, nei trasporti come in tutti gli altri settori dell'economia nazionale.
L’auspicio, per non far passare inutilmente la tappa del centenario dal 1917, è quello di assistere all’organizzazione di seminari sulla geo-economia politica russa, ricordando che i bolscevichi si trovarono immersi negli anni della prima guerra mondiale e negli anni post-bellici proprio mentre cercavano di concretizzare i principi economici marxisti che Lenin e compagni stavano praticando.