In questi ultimi tempi gran parte della discussione mediatica verte sul tema “green pass sì / green pass no? Mi chiedo: ha davvero senso in una situazione così complicata, in cui specialisti di vari ambiti (medici, virologi, farmacologi, giuristi, filosofi, sociologi etc.) esprimono posizioni discordanti, in cui si scontrano interessi più o meno chiari, prendere posizione a sostegno della prima tesi o della seconda?
Ricordo anche che, una volta che si è accettato un quesito, la cui formulazione è inevitabilmente precostituita, ci si incammina inevitabilmente verso le due opzioni che esso contiene: sì o no, accettando così involontariamente o no l’impostazione data al problema e in questo modo facendo un piacere a chi, dopo averci messo in questa catastrofica situazione, intende ricondurre il tutto a questa semplicistica dicotomia.
Rigetto questa impostazione e, assumendo una posizione radicale (ossia ovviamente prendendo le cose dalle loro radici), riformulo il problema in termini a mio parere più adeguati a far fronte alla pandemia, a comprenderla in profondità e a combattere veramente le sue conseguenze, o suoi effetti che ancora si abbattono su di noi.
Gli interrogativi cui rispondere sono questi: quali sono le cause dell’attuale pandemia e delle molto probabili prossime venture? Come è stata gestita nella maggior parte dei paesi a capitalismo avanzato, Italia compresa? Quali sono state le conseguenze della gestione sulla vita sociale, sul già lacerato tessuto “democratico” di sistemi alla cui legittimità credono solo coloro che hanno un accesso privilegiato ai mass media (per es. Cacciari)?
Si dirà che si tratta di questioni troppo generali che non interessano i più, i quali sono esclusivamente preoccupati di non ammalarsi, di conoscere se vaccinarsi può avere conseguenze negative, se è opportuno vaccinare i propri figli. Prima di rispondere a questa obiezione, dirò, sulla base della mia limitata esperienza personale, che non mi pare in generale che la gente circolante in Italia rispetti le precauzioni previste in maniera meticolosa, non ho finora mai visto nessuno richiedere il green pass, stante le cifre fornite i non vaccinati sono un’esigua minoranza, malgrado il persistere di un alto numero di contagiati [1]. Pertanto, mi sembra del tutto sproporzionata la campagna lanciata dai mass media e concepita come una pubblicità simile alle altre, volta criminalizzare questi ultimi, che inoltre nel loro arco hanno una serie di ragioni che giustificano la loro sfiducia, ma che hanno il torto – come del resto eminenti studiosi – di focalizzarsi sull’ultimo tassello di un processo, che se analizzato a fondo metterebbe veramente in luce le gravissime responsabilità della classe dirigente internazionale e delle multinazionali farmaceutiche. Inoltre, ci farebbe capire anche meglio che la già avviata ristrutturazione capitalistica esige ulteriori forme di controllo che stanno diventando stringenti nella scuola [2], nelle università, nei trasporti ma non in quelli locali (i più frequentati almeno da chi ogni giorno deve guadagnarsi la vita), locali al chiuso etc. (v. Decreto legge 23 luglio 2021, n. 105).
Successivamente è stato attivato anche il passaporto vaccinale anche per le mense di ogni tipo che il Vaticano ha fatto immediatamente proprio e messo in pratica. Quanto invece ai luoghi di lavoro, il problema è ancora aperto, dato che ci troviamo di fronte ad aziende, come per es. la Sterilgarda la quale, su impulso della posizione presa dalla Confindustria, ha informato i suoi dipendenti che da settembre avranno bisogno del green pass per svolgere le consuete mansioni; nel caso in cui non ne fossero in possesso avranno altri incarichi o saranno lasciati a casa senza stipendio.
Anche la Regione Sicilia ha preso provvedimenti analoghi, ma “alla luce delle prescrizioni vigenti nonché dei recenti interventi del Garante della privacy sembrerebbero esclusi dal novero dei soggetti interessati i dipendenti”. E ciò per la semplice ragione che “la competenza in merito all’introduzione di misure di limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali che implichino il trattamento di dati personali ricade nelle materie assoggettate alla riserva di legge statale”.
Ciò nonostante, secondo molte interpretazioni l’uso green pass potrebbe essere esteso anche al contesto lavorativo, se si fa una lettura estensiva dell’art. 2087 del codice civile che, combinato con le norme del Testo Unico sulla sicurezza del lavoro (D.Lgs n. 81/2008), fa considerare dovere del datore di lavoro tutelare la salute dei propri lavoratori e legittimo tale trattamento”. Tuttavia, tenendo in conto che lo Statuto dei lavoratori vieta al datore di lavoro di informarsi sulla vita privata dei suoi dipendenti, l’Autorità ha ritenuto “necessario, nella prospettiva di certezza del diritto e nel principio di non discriminazione, che la materia dovesse essere oggetto di una regolazione uniforme con legge nazionale”, nel rispetto del principio di proporzionalità e di ragionevolezza, tenendo conto della specifica situazione sanitaria ed epidemiologica in atto e delle evidenze scientifiche”(Ibidem).
Recentemente è tornato su questi temi il presidente di Federmeccanica Federico Visentin, il quale ribadisce che gli industriali metalmeccanici richiedono l’obbligo del green pass, per cui chi non lo detiene deve farsi a sue spese ogni due giorni il tampone o restare a casa senza stipendio. A suo parere la questione può essere risolta rapidamente tramite l’aggiornamento dei protocolli di sicurezza, se ciò non sarà possibile spetta al governo fare chiarezza normativa [3].
Concludendo questa parte, mi sembra dunque che non sia chiaro neppure al governo come mettere d’accordo le nuove obbligazioni, che si muovono sul filo della Costituzione, con le precedenti leggi; governo che inoltre, in caso dell’obbligo vaccinale, insieme alle società produttrici, dovrebbe farsi carico delle sue conseguenze a medio e lungo termine per ora ignote [4]. D’altra parte, come risolvere l’altra lampante contraddizione: rendere obbligatoria in certi contesti la certificazione di qualcosa che non è obbligatorio e che, stante il cosiddetto Stato di diritto, in questo specifico caso non si può rendere tale?
Fatta questa ampia parentesi, ritorno alle questioni generali poste in precedenza sulla base del principio secondo cui solo una visione complessiva può dar conto delle tendenze in atto e anche delle sue ricadute grandi o piccole sulla nostra vita quotidiana e portare alla luce le vere responsabilità della pandemia e orientare un vero processo di radicale trasformazione non basato sull’insulso slogan “Mai più”.
Ritorno brevemente alla questione delle “libertà democratiche” che tanto assilla i nostri astratti e distratti filosofi.
Credo che sarebbe ingenuo e semplicistico individuare una particolare forma repressiva nell’arcinoto green pass o anche nelle varie strategie di tracciamento dei contatti (human tracking), che in molti paesi di diverso ordinamento (Cina, Corea del sud, Australia) hanno contribuito a limitare i contagi, probabilmente dimenticando o ignorando che viviamo in un mondo controllato dalla rete di spionaggio più completa della storia, denominata i Cinque occhi (FVEY, Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito) in competizione con la società cinese Huawei per la gestione del 5G. Essa si è costituita in seguito alla stretta collaborazione tra Stati Uniti e Regno Unito durante la seconda guerra mondiale e si fonda sul principio di non spiarsi mutuamente e di condividere le informazioni. Nel 2013 Edward Snowden, ora rifugiato in Russia, rese noti documenti rivelanti che i Cinque occhi spiavano anche i semplici cittadini. Per non parlare poi di reti consimili quali Echelon implementato dai succitati occhi indiscreti per spiare l’allora Unione sovietica e poi esteso paritariamente a tutti e il più recente Pegasus. Si tratta di un software spia, elaborato dagli israeliani, che viola la vita privata di tutti, penetrando anche nei cellulari e non limitandosi a monitorare delinquenti e terroristi. Esso è impiegato da paesi come gli Stati Uniti (sempre in prima linea) Germania, Svizzera, Regno Unito, Francia etc.
Questi aspetti sconcertanti ci spingono ad identificare la democrazia capitalista con un totalitarismo perfetto (se volete la società della sorveglianza) che sarebbe ad essa alieno. D’altra parte, nonostante la pretesa di avere le mani pulite, quest’ultima si è imposta con la violenza, con pratiche moralmente riprovevoli come la famosa accumulazione originaria, impiegando la colonizzazione, il sabotaggio, le sanzioni, la guerra sporca e no e generando nuove forme di malcelato autoritarismo. Perché dunque, se il contesto dovesse renderlo necessario al suo mantenimento, non esercitare un controllo assoluto sulla popolazione?
Vogliamo dunque prendere di mira con infocata ira solo un piccolo strumento di un mostruoso e incontrollabile ingranaggio che ci sta stritolando tutti, forse anche quelli che lo manovrano? Forse è ancora il caso di prendersela con l’intero e prefigurare forme di controllo, se necessarie, strutturalmente diverse. Pertanto, concordo con cui ha scritto queste parole: “per evitare di tornare sull’annoso dibattito della (falsa) neutralità della tecnologia, la critica delle app anti Covid-19 dovrebbe orientarsi non tanto sull’opportunità del loro utilizzo in certe condizioni quanto sul contesto in cui vengono impiegate e sulle modalità di controllo sociale e politico utilizzate. Quest’ultimo aspetto a nostro parere pone un problema tanto in Cina quanto in Europa ed in Occidente”, dove la tanto decantata privacy è quotidianamente violata dalle multinazionali delle piattaforme (Google e Apple), e non per ragioni sanitarie ma per fare profitti. Conclude l’autore (e come dargli torto?): “C’è la diffusa impressione (più che un’impressione direi) che… il potere politico-finanziario voglia ora imporre le app come un (falso) soluzionismo tecnologico a basso costo mentre sono un reale strumento di controllo nello tsunami economico che sta per scatenarsi”.
Ritornando agli interrogativi posti inizialmente, in primo luogo la questione delle cause della pandemia, nonostante specialisti abbiano scritto molto su allevamenti intensivi, deforestazione, presenza di settori abitativi precari, affollati e privi di sistemi igienici, contatti sempre più ravvicinati con i pochi animali selvaggi rimasti [5], è questo l’argomento più evitato dai mass media. Né ho potuto mai leggere che un qualche governo ha preso una qualche misura per affrontare questi assillanti problemi, legati anche al cambiamento climatico, che mettono in questione l’industrialismo e le forme più rapaci di capitalismo. Pure resta il problema di fondo che se non affrontato sarà all’origine di altri fenomeni pandemici.
Passando poi al quesito della gestione della pandemia, direi senza tema di smentita che in molti paesi a capitalismo avanzato – tra cui il nostro – è stata assai deficitaria e qui si dovrebbe aprire tutta la diatriba sulla mancanza di un piano antipandemico, essendo la prima stata annunciata vari anni fa, sull’incapacità di fare i tracciamenti dei contagiati (impraticabili si diceva in un paese “democratico”), sul disastro del sistema sanitario, sull’inesistenza della terapia domiciliare, sulla mancanza di medici ed infermieri. E potremmo non fermarci qui, consapevoli che abbiano elencato altri elementi che alimentano la sfiducia nei vaccini e in chi li propone come panacea; sfiducia che ha senz’altro origine dal malessere, dalle frustrazioni di chi sta ai margini di un sistema ormai indiscutibilmente infame [6].
Nonostante la mia incompetenza e le dispute tra gli specialisti talvolta in cerca di un’effimera fama, non potrò evitare nemmeno di esprimermi sui vaccini, la cui scientificamente legittima messa in discussione suscita anche nella sinistra radicale oscuri spettri medioevali. Per quello che sappiamo nelle scienze tutto può essere discusso, anzi da esse viene emarginato se non dibattibile. Detto questo mi sembra ragionevole l’affermazione del farmacologo Marco Consentino, che so seguito dai non numerosi novax, il quale, in un’intervista del gennaio 2021, sottolinea la differenza tra i vaccini tradizionali, contenenti frammenti di virus, e quelli come Pfizer e Moderna, basati sulla tecnologia dell’RNA, mentre AstraZeneca come Sputnik V utilizza la tecnologia del trasferimento genico mediante vettore adenovirale non patogeno e non replicante. Il Prof. Cosentino osserva anche che sono più noti soprattutto i secondi, oltre ad Astrazeneca [7], per “ragioni geopolitiche” dato che il primo è tedesco, il secondo americano e il terzo approvato per primo in Gran Bretagna. Come volete che tali ragioni non suscitino un certo scetticismo anche nei più disinteressati della geopolitica?
Certamente, se i vaccini fossero tutti liberamente disponibili, gratuiti, distribuiti ovunque (se non si vaccinano gli africani come ci salviamo?), se si valutassero i rischi anche approssimativi dei vari soggetti, tenendo conto della loro età, delle loro storie cliniche etc., evitando insostenibili schematismi e criminalizzazioni, lo sparuto gruppo dei novax si assottiglierebbe e ragionevolmente si rivolgerebbe verso battaglie più radicali e più opportune [8]. Ma questo è solo un sogno o è percorribile una strada che ci faccia fuoriuscire da questo sistema infame, in cui la vita umana non nuda, ma proprio perché in esso socializzata e plasmata, non conta più niente? Ossia la vita dei lavoratori disoccupati, precarizzati, emigrati, sterminati dalle guerre, dalla fame, dalle malattie, dalla lotta di classe al rovescio e non la vita dell’uomo in generale. Continuo a credere – anche se fossi la sola a farlo – che questa via passa attraverso la lotta contro un preciso conglomerato di potere economico-politico che usa lo Stato per intensificare le disuguaglianze, il controllo, lo sfruttamento sino a prevedere la distruzione di massa, se necessaria. Contro questo potere, diffuso ma anche concentrato, occulto ma anche smascherabile, non si tratta di resistere ma di reagire, appropriandosene e ripartendolo equamente tra le mani di chi lavora. E forse il momento storico presenta importanti potenzialità dovute al fatto che sono sempre più nette e dure le contraddizioni della “democrazia formale” e del cosiddetto Stato di diritto.
Ringrazio Aristide Bellacicco, Paolo Masucci, Ermanno Semprebene per i suggerimenti che mi hanno dato e che ho accolto, Naturalmente l’esclusiva responsabilità di quanto scritto ricade su di me.
[1] Secondo dati ufficiali il rischio di infezione di SARS-Cov-2 nelle persone completamente vaccinate è ridotto rispetto ai non vaccinati (82% per la diagnosi, 95% per l’ospedalizzazione, 97% per i ricoveri in terapia intensiva e 97% per i decessi). Tuttavia, ancora non ci viene reso noto il numero dei completamente vaccinati ammalati, anche se possiamo ricavare dal New York Times che Rochelle Walensky, medico e direttrice del CDC (Center for Deasease Control), ha dichiarato che individui vaccinati possono ospitare nel naso e nella gola forti cariche virali della variante Delta. Di qui la necessità di non dismettere la mascherina.
[2] Con l’esclusione di ANIEF, i sindacati e il governo hanno firmato il Protocollo di sicurezza per la scuola che prevede l’obbligo del green pass per il personale, le misure di distanziamento sociale e la riduzione del numero degli alunni nelle classi.
[3] Ieri 21 agosto il presidente della Confindustria Carlo Bonomi ha fatto presente la necessità di rivedere i protocolli dei vaccini nelle aziende, dato che a causa delle differenze tra i partiti sarà difficile arrivare ad una legge.
[4] Vedasi il punto 10 del modulo di consenso informato da consegnare firmato al momento della vaccinazione: Non è possibile al momento prevedere danni a lunga distanza. Come si vede, la ASL Roma 1 ti informa che non è in grado di informarti, facendoti dedurre che gli attuali vaccini hanno ancora un carattere sperimentale. Si può restare indifferenti dinanzi a tali assurdità?
[5] V. l’interessantissimo articolo di Ernesto Burgio.
[6] Cito immodestamente il libro da me curato insieme a Marco A, Pirrone, Pandemia nello scenario del XXI secolo (Petrini 2020), in cui si sviluppa con l’aiuto di molti specialisti italiani e non l’approccio qui delineato e che naturalmente non ha suscitato l’interesse di nessun solerte recensore del mainstream
[7] La quale ha poi stipulato un accordo con Gamalaya produttrice di Sputnik V, la cui piena validità è stata riconosciuta da The Lancet.
[8] Sono sei settimane che in Francia ogni sabato si ripetono variegate manifestazioni di vaccinati e non vaccinati, di giovani e vecchi, di lavoratori e disoccupati, di Gilet gialli, di Cervelli non disponibili contro l’autoritarismo del governo Macron. I settori più consapevoli di questi movimenti, che si prevede si farà più robusto in autunno, intendono non lasciare alle destre questo malcontento e protestano “contre le pass d’identité sanitaire; pour un accès libre, éclairé et équitable au vaccin; pour la levée des brevets des vaccins; contre les réformes antisociales”. Di tutto ciò i mass media italiani non fanno menzione.