Riceviamo e pubblichiamo il resoconto di un’assemblea di lavoratori. Anche se alcuni contenuti non sono totalmente condivisi dal collettivo redazionale, riteniamo comunque utile dare spazio alla voce di lavoratori che si apprestano a una ripresa della conflittualità su questioni che vanno anche oltre il tema dell’assemblea: licenziamenti, sicurezza nei luoghi di lavoro, codici etici, orario di lavoro, welfare ecc.
Nel pomeriggio di domenica 20 Febbraio, nel piazzale antistante lo stabilimento Vitesco, in provincia di Pisa, c’è stata una partecipata assemblea operaia (oltre 120 presenze), come non se ne vedevano da tempo, indetta da lavoratori di una delle più importanti fabbriche di un territorio in cui la presenza industriale è stata erosa da processi di delocalizzazioni e dal ridimensionamento di alcune grandi realtà produttive.
Il comitato lavoratori Vitesco ha preso posizione contro l’obbligo del super Green Pass per accedere ai luoghi di lavoro. Aveva chiesto al sindacato di base Usb di indire sciopero il 15 febbraio, ma questa organizzazione sindacale si è rifiutata di farlo delegittimando perfino l’operato dei suoi stessi iscritti.
Non ci soffermeremo sulle vicende sindacali in Vitesco, vogliamo invece valorizzare questo momento assembleare organizzato da operai di diversa, o nessuna, collocazione sindacale, caratterizzati da molteplici sensibilità ma uniti nell’opposizione al super Green Pass e nel rivendicare il diritto al lavoro per tutti/e.
Abbiamo raccolto alcune testimonianze operaie e di altri lavoratori intervenuti in assemblea.
G: “Lavoro in Vitesco da 25 anni. Per ragioni legate al mio stato di salute ho scelto di non vaccinarmi avendo avuto due [omissis] e temendo complicanze derivanti dai vaccini. Trovo ingiusto e anticostituzionale che mi venga negato l’accesso alla fabbrica. Io non rifiuto i tamponi e quando i tamponi sono stati fatti abbiamo riscontrato contagi anche tra i vaccinati. Se si parla di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Dovremmo prima chiederci cosa vogliamo fare di concreto. Colleghi e amici si sono ammalati pur essendo vaccinati. La Costituzione parla di diritto al lavoro che invece viene oggi negato. E quando si negano dei diritti la questione riguarda tutti/e, perché un domani altri potrebbero trovarsi nella medesima situazione, anche se per ragioni differenti”.
D: “Sono infermiera e quindi supervaccinata, ma questo dispositivo non ha nulla di sanitario come la mia esperienza diretta e professionale ha avuto modo di appurare. Numerosi Rls [rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, n.d.r] sono stati repressi, multati, sanzionati o addirittura licenziati per avere denunciato l’assenza di protocolli sulla sicurezza o per averne riscontrato pubblicamente i limiti, altri Rls hanno subito sospensioni per mesi senza stipendio rei di avere infranto l’obbligo di fedeltà e di riservatezza aziendale. Quando si parla di salute e sicurezza non dovrebbero esserci vincoli di sorta e i codici etici non dovrebbero rappresentare l’arma per tacitare posizioni critiche e ridurre al silenzio, con la minaccia di licenziamento, chi denuncia pubblicamente carenze di Dpi [dispositivi di protezione individuale, n.d.r.] e non intende subire lavorazioni pericolose e nocive”.
G, delegato Rsu in un Ente locale: “L’opposizione al super Green Pass è una scelta sindacale e politica. Non importa se sei vaccinato o no quando certi dispositivi vengono costruiti ad arte per dividere la classe lavoratrice, per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Il protagonismo dei sindacati “più rappresentativi” nella promozione del foglio verde è diametralmente opposto al silenzio assenso verso l’aumento dell’età pensionabile, verso i rinnovi contrattuali che non recuperano potere di acquisto e di contrattazione. Ma ci sono fatti ancora più gravi. Siamo davanti a una sorta di crociata che individua negli oppositori al Green Pass responsabilità per la situazione in cui grava oggi la sanità pubblica. Dopo 40 anni di tagli ai posti letto, di contenimento della spesa, di doppi turni imposti dalla carenza di personale è forse possibile imporre all’immaginario collettivo una visione così parziale e fondamentalmente falsa? Se mancano perfino ispettori addetti al controllo delle normative di sicurezza nei luoghi di lavoro, come sarà possibile arginare infortuni e morti sul lavoro in aumento nonostante la riduzione delle ore lavorate? Se le liste di attesa sono interminabili per interventi salvavita la responsabilità non è da ricercare nel progressivo smantellamento della sanità pubblica? E come possiamo difendere la nostra salute se l’azione sindacale è rivolta non al potenziamento della sanità pubblica ma al welfare aziendale che rafforza sanità e previdenza integrativa facendo credere che queste misure siano indispensabili? Aumentateci i salari adeguandone il potere di acquisto, fateci lavorare meno e andare in pensione prima, non condannateci ad assegni previdenziali pari alla metà dell’ultimo stipendio. La salute e la sicurezza sociale si conquistano con un welfare universale e non con una propaganda a senso unico che piega i sindacati al volere padronale”.
M: “Lavoro in una piccola fabbrica dell’indotto tra Pisa e Livorno. Mi sono ammalato insieme ai colleghi perché il distanziamento sociale non è possibile in certi magazzini. Subisci ritmi produttivi elevati, i Dpi sono insufficienti e non esistono pause e tempi necessari per le dovute precauzioni. La gestione capitalistica della pandemia, ho letto da qualche parte, è responsabile di questa situazione. Oggi ci impongono aumenti dell’orario di lavoro per accrescere la produzione, non hanno confermato gli interinali e le assunzioni sono a tempo determinato. Penso che questa situazione sia stata favorita anche dalla gestione avvenuta della pandemia. Del resto in piena emergenza hanno ripristinato anche i licenziamenti collettivi”.
G: “Lavorava in un’azienda addetta al controllo delle portinerie. I suoi colleghi hanno detto no all’utilizzo del cellulare privato per il controllo del Green Pass. Hanno scioperato per condizioni contrattuali e lavorative dignitose e oggi subiscono sospensioni, multe e repressione. Il sindacato? Io sono iscritto alla più importante sigla, ma il supporto avuto è praticamente nullo; se ci si limita ad accordi aziendali per rivendicare il proprio ruolo si va poco lontano. Dovremmo anche difendere ogni singolo lavoratore invece di lasciarlo solo in balia della repressione aziendale”.
M: “Sono una studentessa universitaria. Volevo portare la nostra solidarietà ai lavoratori sospesi per i quali urge costruire una cassa di resistenza. Il foglio verde alimenta la spirale della precarietà, esclude molti dai luoghi di lavoro, è uno strumento divisorio che incute paura e rassegnazione. Quando si parla di precarietà sociale e lavorativa dovremmo guardare anche al mondo dell’istruzione. Molti di noi dopo gli studi trovano solo impieghi a tempo, con partite Iva e salari di ingresso irrisori.