L’opera di Losurdo ha avuto un’importanza decisiva per quanto riguardo un bilancio storico non demonizzante né auto-fobico dell’esperienza storica del socialismo reale. Dinanzi alla concezione predominante fra chi, dopo la sconfitta storica del 1989-91, non intendeva rinnegare il comunismo né considerare Marx un cane morto e a tale scopo operava una fuga della storia in nome di un comunismo ideale contrapposto al socialismo reale, Losurdo ha contrapposto una concezione storicistica e immanentistica del mondo. Di contro alla prospettiva per cui il comunismo resta un bell’ideale astratto, ma essenzialmente utopistico, in quanto non si sarebbe sporcato le mani con le tragiche contraddizioni del socialismo reale, Losurdo riporta l’attenzione proprio sulle contraddizioni storiche dei tentativi di realizzare la transizione al socialismo. In effetti, solo considerando le difficoltà reali di costruire una società socialista è possibile apprendere dal proprio passato e dalle sue inevitabili contraddizioni.
Nella storia, in effetti, l’ideale ha sempre a che fare con l’altro da sé, con un esistente, con un mondo empirico in cui il razionale è sempre costretto a fare i conti con il proprio altro, se non vuole rimanere un mero concetto astratto, un puro pensiero utopistico, ma intende realizzarsi nella realtà storica. Ciò porta Losurdo a ribaltare la prospettiva dominante che asserisce il fallimento storico del pensiero di Marx e del comunismo mostrando, al contrario, come essi abbiano svolto un ruolo decisivo nel mondo moderno e contemporaneo. Al contempo non si arrocca in un’attitudine resistenziale, costretta a doversi giustificare dinanzi al tribunale dell’ideologia dominante, ma passa coraggiosamente al contrattacco attraverso un’essenziale controstoria del pensiero della destra reazionaria, da Nietzsche a Heidegger, passando per la Kriegsideologie, l’ideologia guerrafondaia che si afferma fra le due guerre mondiali. A essa affianca una controstoria della tradizione liberale e liberista, volta anche in questo caso a denunciare il liberalismo reale, piuttosto che accettarne la visione apologetica che si veniva imponendo dagli anni ottanta con l’ideologia dominante.
D’altra parte, Losurdo porta a termine una vera e propria controstoria dell’esperienza del socialismo reale, a partire da due degli aspetti più demonizzati dall’ideologia dominante anche a sinistra, come il profilo storico di Stalin da una parte e la storia della Repubblica popolare cinese (RPC) dall’altra. Nel primo caso rivaluta il realismo da uomo del corso del mondo di Stalin di contro all’utopismo idealista e astratto della sinistra trotskista, dall’altro rivaluta gli eccezionali risultati nello sviluppo delle forze produttive del corso postmaoista della RPC, di contro agli idealisti sostenitori dell’utopismo anarcoide della Rivoluzione culturale.
La critica dell’anarchismo e dell’utopismo sono due costanti, due aspetti decisivi del pensiero di Losurdo, al punto che arriva a criticare lo stesso Marx per aver ceduto tatticamente dinanzi alle critiche che gli rivolgeva Bakunin. Anzi, Losurdo arriva a ritenere lo stesso comunismo come essenzialmente un cattivo frutto utopistico prodotto dall’influenza dell’anarchismo sui due fondatori del socialismo scientifico. In effetti, Losurdo critica come nefaste utopie le principali caratteristiche che dovrebbe avere la società comunista. Prodotto dell’altrettanto nefasta esigenza di tener testa alle pungolanti critiche dell’anarchismo sarebbero quindi la concezione del superamento dello Stato, del diritto, della nazione, del denaro, della guerra, della divisione del lavoro e della stessa religione.
Del resto se non si intende fuggire dalla storia, come pretende di fare l’anima bella, bisogna in qualche modo chiamare in causa gli stessi teorici oltre agli uomini d’azione che hanno cercato di realizzare storicamente le ideologie. Se questo deve valere per i teorici reazionari e liberali, che devono essere chiamati in causa sugli effetti progressivi e regressivi del liberalismo e liberismo reali, discorso analogo deve valere per i teorici del socialismo scientifico nei confronti del socialismo reale. Anche da questo punto di vista, dunque, Losurdo critica aspramente tutte quelle anime belle di sinistra che auspicano un ritorno a Marx, per tracciare una netta cesura con i successivi sviluppi del marxismo e, soprattutto, del socialismo reale.
Quindi, il fatto che, per limitarci a un esempio particolarmente significativo, i fondatori del socialismo scientifico abbiano tanto insistito sull’importanza dei bisogni concreti, materiali e abbiano, dunque, posto l’accento per la prima volta sulla centralità dei diritti reali, concreti socio-economici ha prodotto degli effetti storico decisivi non solo sui paesi del socialismo reale e nelle lotte condotte dalle forze marxiste nei paesi capitalisti, ma anche sui compromessi che le classi dominanti hanno dovuto accettare per mantenere l’egemonia sulle classi subalterne. Ecco che anche quelle che sono considerate le massime conquiste della democrazia moderna hanno generalmente le loro radici, come a ragione denunciano i teorici del neoliberismo a partire da F. Hayek, nel marxismo e nel socialismo reale a partire dalla rivoluzione d’ottobre.
Come mostra con dovizia di particolari Losurdo non solo la Costituzione italiana, la Carta delle Nazioni unite sarebbero impensabili senza l’apporto del marxismo e del socialismo reale, ma un discorso analogo deve esser fatto per gli elementi più progressivi dello stesso New deal rooseveltiano, per non parlare delle conquiste del cd Stato sociale. Non a caso tutte queste conquiste storiche progressive sono ai giorni nostri messe in dubbio dalla controffensiva borghese, dalla restaurazione liberista, che mira proprio a cancellare tutti i compromessi storici che la classe dominante ha dovuto concedere, sotto la pressione delle lotte sociali dirette dai marxisti e della capacità di attrazione delle conquiste, dal punto di vista dei diritti economici e sociali, realizzate nei paesi del socialismo reale.
Anzi, come Losurdo non si stanca di dimostrare, con una minuziosa ricerca di testimonianze storiche e teoriche, lo stesso ampliamento dei diritti formali borghesi ai grandi esclusi dal liberalismo classico, i popoli coloniali, le donne, i proletari e, più in generale, i lavoratori manuali debbono essere considerati il prodotto delle lotte sociali ispirate proprio dal marxismo, a partire dai suoi padri fondatori che già nel Manifesto avevano posto tale allargamento dei diritti formali al centro del programma minimo del partito comunista. D’altra parte, riprendendo senza citarlo un autore che generalmente critica (Ernst Bloch), Losurdo non manca di sottolineare come le posizioni estremiste talvolta assunte da Marx ed Engels nei riguardi dei diritti umani e, più in generale, dei diritti formali, ai quali non di rado hanno contrapposto i diritti reali e concreti socio-economici, sono altrettanto responsabili della loro conseguente sottovalutazione nei paesi del socialismo reale. Tale sottovalutazione avrebbe avuto effetti particolarmente nefasti perché avrebbe prodotto, da tale punto di vista, addirittura un arretramento rispetto ai regimi liberal-democratici. Pensiamo, ad esempio, alle difficoltà di una gestione democratica del potere all’interno della stessa classe dirigente dimostrata dalla storia dei paesi del socialismo reale.
Sia dal punto di vista teorico, che da quello storico-politico tali défaillance del marxismo e del socialismo reale sono da imputare a un’attitudine estremista e utopistica, anch’essa retaggio dell’influenza anarchica, che avrebbero portato dapprima i fondatori del socialismo scientifico e poi i marxisti, che hanno diretto i paesi del socialismo reale, ad accentuare, unilateralmente, nel superamento dialettico del modo di produzione capitalistico, gli elementi di rottura rispetto a quelli altrettanto necessari della conservazione-tesaurizzazione degli aspetti progressivi della precedente società borghese. Da qui l’importanza che assume, nel tentativo losurdiano di rielaborare criticamente il marxismo e il socialismo reale, la riscoperta dei fondamenti filosofici del socialismo nella filosofia classica tedesca e, in particolare, nel pensiero di Hegel, punto di arrivo dello sviluppo in senso progressivo della filosofia borghese nell’epoca in cui tale classe manteneva, non avendo ancora conquistato il potere, un’attitudine progressista, quando non apertamente rivoluzionaria.
Da qui l’importanza, su cui riporta l’attenzione Losurdo, dello sviluppo storico del marxismo rispetto agli stessi padri fondatori, prodotto essenzialmente dalla capacità di tesaurizzare l’esperienza storica, quale momento di verifica essenziale del proprio bagaglio teorico. Tale aspetto, del resto centrale sia nel pensiero di Hegel che in quello di Marx, costituisce un elemento centrale della rilettura operata da Losurdo dello sviluppo del marxismo in parallelo allo sviluppo del socialismo reale. Da qui la posizione decisamente critica del trotskismo e più in generale del comunismo di sinistra portata avanti da Losurdo, in quanto vi ritrova quella attitudine estremista, quale malattia infantile del comunismo, dovuta alla prospettiva utopista e alla vicinanza con le posizioni anarchiche.
Da qui la critica di Losurdo al mito delle origini e alla categoria del tradimento, ampiamente utilizzata dal comunismo di sinistra contro gli sviluppi sempre più soggetti a compromessi storici del socialismo reale. Tale mito delle origini conduce necessariamente alla posizione dell’anima bella che ha paura di compromettersi con la storia in cui gli ideali astratti debbono calarsi e necessariamente modificarsi per potersi, comunque, in qualche modo affermare nell’altro da sé, nella concretezza materialistica dell’esistente. Del resto per Losurdo resta decisiva la concezione hegeliana per cui soltanto il reale è razionale, dunque non l’astratto dover essere che si contrappone alla concretezza del reale, ma quelle idee che non restano puri concetti, ma dimostrano di essere in grado di realizzarsi nella realtà storica.
D’altra parte la necessità di superare l’estremismo quale malattia infantile del comunismo porta troppo spesso Losurdo a un’attitudine quasi crociana per cui l’intero processo storico sarebbe da considerarsi positivo, finendo con il sottovalutare l’altro aspetto della celebre concezione hegeliana, ovvero che solo il razionale è reale. In altri termini, la giusta rivendicazione che il razionale è realmente tale quando si dimostra capace di realizzarsi nel mondo storico, porta Losurdo a sottovalutare l’esigenza progressista di distinguere in modo, per quanto possibile altrettanto netto, il reale-razionale dal meramente esistente.
Tale limite teoretico della filosofia di Losurdo non può che riverberarsi anche nel suo bilancio storico, cui giustamente si dedica in quanto grande storico delle idee, degli sviluppi del marxismo in corrispondenza agli sviluppi del socialismo reale. In tal caso il bilancio non appare sufficientemente critico. In altri termini, se Losurdo riconosce giustamente nell’astratto utopismo un limite presente negli stessi fondatori del marxismo e che avrebbe avuto effetti nefasti nella realizzazione storica del socialismo, finisce con il perdere di vista come un’attitudine unilateralmente realista e anti utopista porti, necessariamente, a confondere l’altro da sé del razionale, ciò che è meramente esistente, con il reale che è tale solo in quanto è, al contempo, razionale.