La produzione giovanile di György Lukács – da Il dramma modernodel 1908 fino all’Estetica di Heidelberg (1916-18) – ha come contenuto principale l’arte e, in particolare, la letteratura. La ricerca del giovane Lukács si configura, nella sua processualità non lineare, come una serie di esperimenti teoretici intorno allo statuto storico e/o metastorico dell’arte. Nel corso del loro sviluppo i punti di vista fatti valere da Lukács vengono presto abbandonati e, magari, criticati nello scritto-esperimento successivo. Il metodo di indagine muta in relazione alla visione del mondo via viafatta propria. In questo alternarsi di posizioni e prospettive è difficile cogliere un filo unitario, al punto che alcuni interpreti, a partire da Lucien Goldmann [1], hanno preferito evidenziare i momenti di rottura piuttosto che concentrarsi sugli elementi di continuità nel processo di formazione del giovane Lukács.
Certo, se l’approccio all’opera di un filosofo avviene all’insegna di un metodo empirico-cronologico – nel senso che le singole opere vengono analizzate nella loro mera successione temporale, senza tener conto del momento risolutore finale a cui approda il suo impegno teoretico – in tal caso la tesi della discontinuità e della opposizione non mediabile fra i vari momenti dell’opera appare, in qualche modo, inevitabile. Scopo del nostro scritto è, al contrario, far emergere gli elementi di continuità nel corso dello sviluppo del pensiero di Lukács, utilizzando come filo conduttore e criterio interpretativo la “svolta” marxista, che ci consente di illuminare retrospettivamente lo sviluppo della produzione precedente. È evidente che il fatto in sé dell’adesione al marxismo non è sufficiente a dar conto delle linee di tendenza del percorso teorico di Lukács. Occorre, piuttosto, analizzare la tipologia di marxismo rielaborata da Lukács nei diversi momenti dello sviluppo del suo pensiero, verificandone la coerenza interna e il livello di accordo con le premesse teoriche di volta in volta acquisite. Inoltre, non si possono trascurare gli eventi storici e l’effetto catalizzatore che hanno avuto sulle posizioni maturate da Lukács negli anni a ridosso della Prima guerra mondiale, nella direzione del suo progressivo avvicinamento al marxismo. La “via a Marx” di Lukács è un percorso che, a un certo punto, incontrerà Georg W. Friedrich Hegel. Sarà proprio in virtù dell’appropriazione del metodo dialettico che il marxismo di Lukács svilupperà quella forma originale e innovativa – in particolare rispetto ai teorici della Seconda internazionale – destinata, nel suo ulteriore sviluppo, a incidere profondamente nella storia del marxismo e nel dibattito filosofico del XX secolo.
L’esito tragico della crisi della belle époque borghese, con lo scoppio della Prima guerra imperialistica mondiale, fa precipitare l’anticapitalismo romantico – fino ad allora coltivato dal giovane Lukács insieme a Paul Ernst [2] – in una direzione opposta a quella seguita dal suo amico. In effetti Lukács, al contrario di Ernst, rifiuta sdegnosamente e con disgusto i miti sciovinisti e le ideologie irrazionalistiche che portavano buona parte degli intellettuali borghesi, soprattutto tedeschi, a esaltare le presunte doti purificatrici e rigeneratrici della guerra. La condanna categorica del conflitto, acuendo l’isolamento del giovane Lukács all’interno dell’intellettualità tedesca e, principalmente, nei confronti dei suoi ex maestri Georg Simmel e Max Weber – entrambi influenzati dall’ideologia della guerra – fa tramontare definitivamente l’illusorietà della realizzazione della personalità, ricercata appassionatamente negli anni precedenti a prescindere dal mutamento della realtà storico-sociale.
La Rivoluzione d’ottobre approfondisce in Lukács tale progressiva presa di coscienza, facendogli intravedere che l’epoca della compiuta peccaminosità – lungi dal costituire un blocco monolitico, inattaccabile da parte di una soggettività come la sua atteggiata eticamente e spasmodicamente protesa all’autenticità – è in realtà attraversata da tensioni interne, mostra crepe e punti di rottura, in definitiva è una totalità dialettica suscettibile di superamento. In tal modo, il pensiero di Hegel non gli appare soltanto sotto l’aspetto della mitologia concettuale e della conservazione dell’esistente. La comprensione della contraddittorietà del reale (cui Lukács perviene tramite un Hegel reinterpretato valorizzando il nucleo più vitale del suo pensiero, ovvero la dialettica unita alla tensione etica, quale musica di fondo) produce la svolta nel destino di Lukács, ovvero la conquista della dimensione della prassi rivoluzionaria.
Ciò che Lukács ha inseguito fin dall’adolescenza, la soluzione della crisi della soggettività moderna, l’unificazione di soggetto e oggetto, il superamento di alienazione ed estraneazione, trova il suo punto d’approdo nell’adesione al marxismo, nello momento stesso in cui il soggettivismo borghese, sulle macerie della Grande guerra, si appresta a celebrare il suo mercoledì delle ceneri. Illuminanti risultano, in tal senso, le parole di Lukács degli anni cinquanta, che rievocano la Stimmung del periodo giovanile: “il mondo non è più il palcoscenico ricco di vicende sul quale l’io, in abiti sempre nuovi e cambiando a suo piacere le quinte, possa recitare le proprie tragedie e commedie interiori. Esso è diventato un cumulo di rovine. Nel periodo prebellico si poteva nobilmente criticare dal punto di vista della filosofia della vita quanto vi è di meccanico e di rigido nella civiltà capitalistica. Era un innocente e non pericoloso esercizio, poiché la realtà sociale sembrava sussistere incrollabile e garantire in modo sicuro l’esistenza del soggettivismo parassitario. A partire dal crollo del regime guglielmino il mondo sociale è diventato poco rassicurante per questo soggettivismo; la rovina del mondo che questo soggettivismo critica continuamente, ma che è la base della sua esistenza, appare minacciosa da ogni parte. Non vi è più nulla di solido, nessun punto di appoggio. E nel deserto sta l’io solo in angoscia e tormento” [3].
All’irreversibile crisi del soggetto borghese Lukács contrappone, nel periodo post-bellico, la soggettività rivoluzionaria incarnata dal proletariato. Il frutto teorico della sua militanza nel movimento dei lavoratori – nel clima di tensione escatologica suscitato dalla Rivoluzione d’ottobre – è Storia e coscienza di classe del 1923, il testo marxista più discusso nella cultura del Novecento. In tale opera l’innovazione teorica opera da Lukács nel corpo del marxismo consiste nella centralità accordata al metodo dialettico di derivazione hegeliana, nel quale la categoria di totalità gioca un ruolo decisivo per la teoria del soggetto rivoluzionario e per la critica ai rapporti umani reificati, propri della società capitalistica.
Sarà ancora il concetto hegeliano di mediazione dialettica a segnare la “svolta” in senso “oggettivistico” del marxismo di Lukács, dopo il riflusso del movimento operaio negli anni venti del secolo scorso, nonché a fornire la base categoriale della teoria del realismo critico in letteratura, durante gli anni trenta.
La monografia su Il giovane Hegel e i problemi della società capitalistica, nella quale Lukács avanza esplicitamente la tesi di un Hegel anticipatore di Marx, è ormai diventata un classico della letteratura filosofica sul pensiero hegeliano, dalla quale qualsiasi nuova interpretazione non dovrebbe prescindere.
Infine, la direzione in senso ontologico del pensiero di Lukács, iniziata nella seconda metà degli anni cinquanta e sfociata nella monumentale Estetica, troverà il proprio coronamento nell’incompiuta opera: Ontologia dell’essere sociale. Anche in quest’ultima opera l’auspicata rinascita del marxismo come ontologia, passa attraverso il riferimento puntuale al pensiero di Hegel, reinterpretato alla luce del nuovo progetto teorico.
Mostrare il filo unitario del sinuoso percorso intellettuale di Lukács – costellato da “svolte” e da “rotture” che coincidono fondamentalmente con i drammatici eventi e i mutamenti storici del secolo scorso – è uno dei propositi di questa ricerca. Accanto a ciò si intende mettere in evidenza la decisiva incidenza che il confronto critico con la filosofia hegeliana, e segnatamente con il suo metodo dialettico, ha avuto nel configurarsi dell’originale marxismo di Lukács, in ogni tappa della suo sviluppo teorico.
Note:
[1] Nell’introduzione all’edizione italiana della Teoria del romanzo, Goldmann scandisce l’evoluzione del pensiero di Lukács secondo l’influsso esercitato su di lui da pensatori come Kant, Hegel e Marx, rispettivamente nelle opere L’anima e le forme, Teoria del romanzo e Storia e coscienza di classe. Cfr. Teoria del romanzo, introduz. di L. Goldmann, traduz. di F. Saba Sardi, Milano, SugarCo Edizioni 1962, pp. 5-48.
[2] A P. Ernst (1866-1933), saggista e scrittore drammatico tedesco, Lukács è stato legato da un’amicizia intellettuale, testimoniata da un nutrito carteggio fra i due e imperniata sulla comune adesione a un anticapitalismo romantico.
[3] György Lukács, La distruzione della ragione (1954), traduz. di E. Arnaud, Einaudi, Torino 1959, pp. 496-97.