Lenin vs la cultura nazionale

La critica di Lenin, purtroppo ancora attuale, alla “cultura nazionale” e al socialsciovinismo in nome del diritto dei popoli all’autodeterminazione e dell’internazionalismo proletario


Lenin vs la cultura nazionale Credits: https://www.lacittafutura.it/cultura/lenin-e-la-rivoluzione-culturale

Vladimir I. U. Lenin si batte affinché in uno Stato, in cui abbiano stabilito di convivere più popoli, non sia concesso “il minimo privilegio a nessuna nazione e a nessuna lingua” [1]. Di contro alle accuse rivolte al principio di autodeterminazione nazionale dei popoli di dividere le nazioni e il proletariato su basi linguistiche, Lenin obietta che non solo il plurilinguismo non è necessariamente d’ostacolo allo sviluppo delle forze produttive – come mostra il caso della Svizzera [2] – ma essendo la lingua il principale mezzo di comunicazione, lo sviluppo degli scambi favorirà la diffusione di un idioma comune [3]. Peraltro, come nota a ragione Lenin, l’imposizione di una lingua impedisce la spontanea ricerca di uno strumento comunicativo fra i popoli. A tal proposito scrive Lenin: “se verranno meno tutti i privilegi, se cesserà l’imposizione di una delle lingue, tutti gli slavi impareranno presto a comprendersi tra loro” [4]. Tanto più che lo sviluppo di un paese in senso democratico, favorendo lo sviluppo dei commerci induce in modo spontaneo, fa notare Lenin, le varie nazionalità a studiare la lingua più adatta ad assicurare le relazioni commerciali” [5].

D’altra parte, Lenin considera “ogni opposizione di una cultura nazionale nel suo complesso a un’altra sedicente cultura nazionale”[6] una forma di nazionalismo borghese. Ogni rivendicazione dell’autonomia di una cultura nazionale, sebbene inconsapevolmente, favorisce la propaganda volta a dividere gli operai, negando la necessità dell’“assimilazione marxista”.

Peraltro, all’interno di ogni nazione si mescolano elementi della cultura democratica e socialista a elementi della cultura borghese, clericale e reazionaria, in funzione dominante questi ultimi in tutti i paesi non in transizione al socialismo. La cultura internazionale della democrazia e del movimento operaio deve esser in grado di selezionareda ogni cultura nazionale soltanto i suoi elementi democratici e socialisti” [7] per sintetizzarli in una visione del mondo in antitesi alla cultura e al nazionalismo borghesi. Ecco come Lenin risponde, ad esempio, all’organizzazione degli operai ebrei della Russia zarista (Bund) che si battevano per la difesa della cultura nazionale: “chi propone, direttamente o indirettamente, la parola d’ordine della ‘cultura nazionale’ ebraica (quali che siano le sue buone intenzioni) è un nemico del proletariato, un fautore del vecchio e dello spirito di casta dell’ebraismo, un complice dei rabbini e dei borghesi. Al contrario gli ebrei marxisti, che si fondono nelle organizzazioni internazionali marxiste con gli operai russi, lituani, ucraini, ecc., recando il loro contributo (in russo e in ebraico) alla creazione della cultura internazionale del movimento operaio, questi ebrei, nonostante il separatismo del Bund, continuano le migliori tradizioni ebraiche, lottando contro la parola d’ordine della ‘cultura nazionale’” [8].

Proprio perché, come denuncia Lenin, con la divisione anche culturale fra le nazioni la borghesia mira a ottundere e separare il proletariato per mantenerlo sotto il proprio dominio, al contrario chi intende servire il proletariato deve unire gli operai di tutte le nazioni, lottando “inflessibilmente contro il nazionalismo borghese ‘proprio’ e altrui” [9]. Perciò i rivoluzionari devono, necessariamente sottolinea Lenin, contrapporre alla cultura nazionale “la cultura internazionale della democrazia e del movimento operaio mondiale” [10].

Note:

[1] Vladimir I. U. Lenin, Osservazioni critiche sulla questione nazionale [ottobre-dicembre 1913], in Id., Contro l’opportunismo di destra e di sinistra e contro il trotskismo, Edizioni progress, Mosca 1978, p. 181.
[2] Perciò, dal punto di vista di Lenin, più lingue nazionali sono da considerare una ricchezza e non un problema, tanto che “la piccola Svizzera non perde nulla, ma si avvantaggia per il fatto che in essa non c’è una lingua statale unica”. Ivi, pp. 179-80.
[3] Come osserva a tal proposito Lenin: “la lingua è il mezzo più importante di comunicazione tra gli uomini; l’unità della lingua e il suo libero sviluppo costituiscono una delle premesse più importanti per una circolazione delle merci realmente libera e vasta, che corrisponda al capitalismo moderno, per un raggruppamento – libero e vasto – della popolazione in classi diverse, ed è infine la condizione per collegare strettamente il mercato con ogni padrone o piccolo padrone, con ogni venditore e compratore” Id, Sul diritto di autodecisione delle nazioni [febbraio-maggio 1914], in op. cit., pp. 236-37.
[4] Id., Osservazioni critiche…, op. cit., p. 180.
[5] Ivi, p. 179.
[6] Ivi, p. 193.
[7] Ibidem.
[8] Ivi, pp. 185-86
[9] Ivi, p. 184.
[10] Ivi, p. 181.

13/09/2020 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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L'Autore

Renato Caputo

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“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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