ALBERI
Vi vedevo sacri e invincibili
nidi intricati di Driadi e Amadriadi
dèi scesi sulla Terra a salvarla
Giganti dai piedi possenti
innestati come pulsanti vene
al corpo del pianeta
respiro ampio e essenziale alla vita.
Camminavo tra le vostre folte città
abitate da mille presenze
tra presepi di muschio
raccoglievo i vostri frutti
tra le acque d'autunno
ammiravo e intuivo il cielo
nascosto dai vostri capelli.
Ed ora vi vedo rinsecchiti e muti
scheletri inerti di un mondo che muore
vinti dal più piccolo degli esseri
che neppure appare sotto al sole
orfano di ombre e rumori.
E nella vostra fine vedo la nostra
vedo il pane di domani
bruciato sul desco
vedo il respiro farsi ansante sofferenza
e la terra tutte un'onda di fango
che scivola a valle
coprendo ogni cosa.
Non so perché il dio sia morto
forse tale non era
forse dal nostro pazzo percorrere il tempo
è nato un disordine
che ha ucciso un pezzo di creato
immaginato eterno
il cui urlo doloroso
ci trascina nel gorgo.
Leggi le altre #poesie di classe di Giuseppe Vecchi
Alberi
Una “poesia di classe” e ambientalista.
- di Giuseppe Vecchi
- 10/11/2018
- Cultura
10/11/2018 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: “Colori d’autunno” di Ferruccio Zanone, 10 novembre 2013, Flickr.com