Qualche giorno fa si è interrotto il “tavolo della Costituente”, che raggruppava tutti i soggetti interessati al percorso, quindi Rifondazione Comunista, Sinistra Ecologia Libertà, Futuro a Sinistra di Stefano Fassina, società civile, Altra Europa e varie altre realtà. Perché?
di Niccolò Koenig
Troverei inutile e superfluo riassumere tutte le giravolte a cui è stata sottoposta quella che comunemente chiamiamo “Costituente della Sinistra” (ma che un nome vero e proprio nemmeno ce l’ha, una specie di entità metafisica fatta di tavoli, incontri, telefonate, riunioni segrete tra dirigenti, appelli, controappelli) delle ultime settimane. Per chi non fosse aggiornato, tenterò di schematizzare rapidamente la situazione attuale (sperando di essere riuscito ad afferrarla, cosa non proprio scontata data la “grande confusione sotto il cielo”): qualche giorno fa si è interrotto il “tavolo della Costituente”, che raggruppava tutti i soggetti interessati al percorso, quindi Rifondazione Comunista, Sinistra Ecologia Libertà, Futuro a Sinistra di Stefano Fassina, società civile, Altra Europa e varie altre realtà.
Perché?
Secondo gli ultimi aggiornamenti, SEL e Stefano Fassina si sono imbarcati insieme in un percorso comune, denominato “Sinistra Italiana” e già nato in Parlamento con la costituzione di un gruppo parlamentare unitario di fuoriusciti PD e deputati vendoliani. Ufficialmente lanciato il 7 novembre con un’assemblea al teatro Quirino, il gruppo parlamentare pare volersi evolvere in soggetto politico autonomo e per questo ha lanciato una tre giorni dal 19 al 21 febbraio, appoggiata da un “appello anonimo” diffuso dagli stessi dirigenti di SEL, Futuro a Sinistra e da altri soggetti. Allo stesso tempo, all’interno del “tavolo della Costituente”, SEL/Sinistra Italiana ha posto come pregiudiziale di una continuazione del percorso comune lo scioglimento di tutti i partiti, pregiudiziale rifiutata in toto da Rifondazione Comunista; la crepa ha portato alla rottura del tavolo, coinvolgendo nel fallimento del percorso anche i soggetti di movimento e Altra Europa che hanno subito comunicato il loro disappunto. Nel frattempo, all’esterno del tavolo, Pippo Civati e “Possibile” continuano a tentare di strutturare una propria presenza politica, basandosi sui risultati ottenuti (o meglio dire non ottenuti) con la raccolta firme per i Referendum, mentre il Partito Comunista d’Italia ha aperto un percorso parallelo per l’unità comunista che si esaurirà nel congresso fondativo di un nuovo Partito Comunista nel 2016.
Riprendendo la citazione di Mao Tze Tung di cui sopra, in tutto questo si rende obbligatoria per i compagni di Rifondazione Comunista una domanda: quale può essere il futuro del PRC, della più ampia soggettività dei comunisti ancora strutturata in Italia, delle sue migliaia di iscritti e dell’enorme patrimonio politico, militante e ideologico che essa rappresenta?
Nonostante la segreteria abbia rifiutato - coerentemente con la posizione uscita dal congresso di Perugia - lo scioglimento del Partito all’interno del percorso di unità della sinistra, ci dobbiamo per forza chiedere cosa ne sarebbe di Rifondazione se le trattative proseguissero e se si arrivasse alla definizione e al lancio di un nuovo soggetto. Il nuovo soggetto “non sarebbe né una federazione, né un nuovo partito, né un’alleanza elettorale” specifica Paolo Ferrero: e allora di cosa si dovrebbe trattare? Un “soggetto unitario, aperto e plurale, basato sul principio una testa un voto”, che si dovrebbe presentare “coerentemente” alle elezioni, “in alternativa al PD e al sistema neoliberista”.
Viene da chiedersi se questa possa essere davvero una condizione accettata di tutti i partecipanti al tavolo. Cosí non pare: Nichi Vendola ammette più volte su Il Manifesto e su La Repubblica che “non è chiusa la strada dell’unità” con il PD, nonostante il leader di SEL si scagli contro Matteo Renzi. Tre sindaci, tutti e tre facenti riferimento a Sinistra Ecologia e Libertà (Pisapia, Zedda e Doria), pubblicano un appello in cui si esorta la sinistra a fare asse con il PD nelle grandi città per battere le destre. A Milano, SEL accetta la linea Pisapia schierandosi con il PD ancora alle prese con le primarie e apparentemente bocciando ogni tentativo di costruire un polo alternativo; lo stesso avviene in molte realtà comunali minori. A livello nazionale, lo stesso gruppo Sinistra Italiana comincia a presentare qualche spaccatura al suo interno, che pare rievocare lo spettro di una nuova fuga verso il PD dopo quella di Migliore e sodali.
Pare che solo Civati e Possibile abbiano scelto la strada dell’alternatività totale al PD.
Peccato solo che essi non facciano parte del tavolo della Costituente.
È da chiedersi se davvero - aldilà della retorica della “necessità imprescindibile di un soggetto unitario della sinistra” - la strada da percorrere come Rifondazione e come comunisti e comuniste sia questa. Un’unità costruita a tavolino, a porte chiuse, con dirigenze di altri partiti che, oltre a richiedere lo scioglimento di Rifondazione, non fanno affatto chiarezza sulle posizioni nazionali che il nuovo soggetto dovrebbe assumere. Un’unità lontanissima dalle lotte, dalle logiche di classe, dall’obiettivo di ogni forza marxista: rovesciare lo stato di cose presente. Un’unità che si prospetta solo finalizzata a riequilibrare il quadro politico nazionale, l’”opposizione di sinistra” al governo Renzi che bilancia l’”opposizione di destra” ma non è certo in grado di porsi come una seria minaccia al PD e ai poteri forti e, anzi, addirittura li sosterrebbe alle amministrative.
Una fusione a freddo calcolata in base alle proprie rappresentanze istituzionali e alla propria presenza in televisione, priva di legami reali con la società e interessata solo a un ruolo di pura testimonianza. Assolutamente incapace di rappresentare veramente un elemento di rottura nel panorama politico nazionale, fortemente divisa al suo interno e partita già col piede sbagliato. Ancora: un ennesimo carrozzone elettorale destinato irrimediabilmente a fallire, slegato e spesso anche incompatibile con le necessità e le rivendicazioni dei blocchi sociali che dovremmo rappresentare.
L’alternativa c’è. È quella che qualcuno - inascoltato - dentro il PRC proponeva ogni volta che la comunità militante di Rifondazione e le energie dei compagni venivano mortificate, a livello nazionale, regionale, locale, da fallimenti dettati dalle stesse dinamiche miopi che stanno avvenendo all’interno della Costituente della sinistra: unioni a freddo, spesso con soggetti fino a ieri alleati e sostenitori delle politiche del PD (e spesso destinati a ritornarlo), prive di legami reali con le lotte, le vertenze locali, le realtà di conflitto.
L’alternativa c’è, e nasce proprio nelle lotte, nelle vertenze locali, nei conflitti; l’alternativa è valorizzare quella comunità militante che ancora è Rifondazione, senza sfruttarne il residuo patrimonio di energie solo per campagne elettorali, consultazioni interne e congressi, o metterlo a disposizione di un non identificato nuovo soggetto con un mandato in bianco. L’alternativa è valorizzare le migliaia di militanti, i circoli, le attività e le energie dei compagni e delle compagne sparsi per tutto il territorio nazionale per tornare a dare respiro alle lotte, ai bisogni della gente, senza mirare solo ad una rappresentanza parlamentare ma pensando a ricostruire, pezzo dopo pezzo, una presenza politica salda, radicata, presente nell’immaginario collettivo anche senza essere in televisione. Rimettere insieme i cocci di una comunità in grado di possedere le capacità teoriche e pratiche per intervenire concretamente dove le contraddizioni del Capitalismo si aprono: nelle fabbriche che chiudono, negli stabilimenti che delocalizzano, nella lotta per i beni comuni, nel movimento per la pace, nelle lotte per la Costituzione che il governo sta smantellando. L’alternativa è ricostruire la sinistra nelle piazze, quartiere per quartiere, ricostruendo una soggettività politica chiaramente anticapitalista, chiaramente rivoluzionaria, chiaramente di rottura, con parole d’ordine chiare, comprensibili ma allo stesso tempo di avanguardia, capace di opporsi efficacemente al governo PD e al teatrino delle opposizioni-stampella come Lega Nord e Movimento 5 Stelle. L’alternativa non significa essere settari: l’alternativa significa ricostruire il proprio Partito, porre alcuni paletti e alcune richieste chiare e costruire un’unità antiliberista e anticapitalista sulla base di un programma di rottura, di ristrutturazione in senso marxista e libertario della società, sul quale siamo disposti a contrattare ma non a cedere.
L’alternativa è tornare a garantire ai compagni e alle compagne gli strumenti, ma soprattutto l’entusiasmo, necessari per rilanciare Rifondazione e non lasciarla trascurata, a morire di emorragia e inedia ingabbiata dentro un contenitore ambiguo, riformista, privo della volontà reale di rompere con il PD.
Questo significa “ripartire, rilanciare il Partito”, parola d’ordine che abbiamo sentito troppo spesso negli ultimi tempi, senza mai vederne i risultati. Significa non cedere all’ennesima tentazione elettoralista, significa rimettersi a lavorare con la passione di tutti i giorni per e con la propria comunità politica, consapevoli di aver scelto forse la strada più difficile, ma di sicuro la più giusta.