Nel Luglio del 2015 l’afflato liberticida della “Buona Scuola” diventava legge con l’approvazione pressoché incontrastata dell’arco politico costituzionale.
Rielaborazione composita di alcune proposte (come l’ex-DDL Aprea) avanzate anni addietro dalla destra di Berlusconi, la Buona Scuola tradisce - come del resto ogni inganno retorico tende a fare - il suo stesso nome, portando a compimento la radicata volontà di aziendalizzazione e precarizzazione della scuola pubblica, sempre più in ginocchio di fronte ad oltre vent’anni di scampi amministrativi.
I punti salienti della riforma, contro i quali studenti e professori non possono esimersi dal lottare, vertono attorno a un nucleo forte di “superprincìpi” legali ispirati alle dottrine economiche neoliberiste e rigoriste e al “managerialismo” americano. Il novello strapotere del preside (rinominato ingannevolmente “autonomia scolastica”), l’ingigantita precarietà dei docenti (costretti ad accettare chiamate lavorative da una parte all’altra dello Stivale, pena la de-classazione e la perdita della cattedra) e lo sfruttamento degli studenti – centinaia di migliaia di apprendisti a costo zero per le aziende del Bel Paese – mediante l’alternanza scuola-lavoro, sottendono un disegno nascosto di smantellamento e appiattimento della scuola pubblica alle dinamiche e alle volontà inesorabili e bulimiche del libero mercato.
La mobilitazione nazionale del 7 Ottobre deve cercare di smuovere in toto il corpo studentesco di tutto lo Stivale. Sulle ceneri della prima manifestazione dell’anno scolastico bisognerà poi elaborare conclusioni sullo stato di salute di un movimento studentesco da ricostruire e – dettaglio non certo trascurabile – integrare omogeneamente alle proteste di lavoratori e pensionati, colpiti nel profondo da dinamiche parallele e facenti capo allo stesso mandante.
Dovremo infatti mettere in luce l’interconnessione della questione studentesca con quella lavorativa, e ricercarne le radici all’ombra non solo del tricolore ma anche delle 12 stelle dorate dell’Unione Europea. Bersaglio delle politiche governative e comunitarie siamo tutti quanti indiscriminatamente, vecchi e giovani, precari, disoccupati e lavoratori. Per questo dovremo scendere in piazza compatti ad ogni appuntamento contro la voce del padrone, subdolamente celata in rassicuranti bandiere bluastre o in pomposi vessilli istituzionali.
Dal 7 Ottobre al 4 Dicembre l’unità nella lotta deve creare le precondizioni per costruire un “no!” sociale che trascenda e vada oltre l’opposizione tattica alle politiche neoliberali, configurandosi come nuovo baluardo contrario agli scempi iperliberisti su scuola pubblica, servizi, mercato del lavoro e welfare State.
Una partecipazione coesa è dunque d’obbligo.