L’affluenza per le elezioni regionali in Sardegna è stata in diminuzione: mentre nel 2019 era stata del 53,74%, quella del 25 febbraio 2024 si è fermata al 52,3% con 757.598 votanti su 1.447.753 elettori. Il fenomeno dell’astensione al voto continua, alle elezioni politiche del 25 settembre del 2022 l’affluenza era stata del 63,9%, ovvero 9 punti percentuali in meno rispetto a quella del 2018 che era stata del 72,99%. Alessandra Todde, che ha guidato la coalizione del centrosinistra, ha ricevuto il 45,4%, 330.619 voti, e sarà la prima donna a guidare la Regione Sardegna. Tra le sue dichiarazioni è significativa una metafora che ha pronunciato e interpreta idealmente la sua vittoria elettorale: “il tetto di cristallo è stato rotto”. Con questa frase la nuova presidente ha voluto indicare che è la prima volta in Sardegna, dopo 75 anni, che una donna diventa leader, per di più in una situazione difficile come quella della Sardegna attuale. Ad oggi non sappiamo se l’effetto Sardegna avrà rilevanza nazionale, e la Destra sarà politicamente sconfitta anche in Abruzzo, Basilicata, Piemonte e alle elezioni per il parlamento europeo. Altra considerazione è stata quella che “il campo largo, vince”, ma se questo è stato vero per la Sardegna non è detto che possa valere per tutte le prossime elezioni, anche perché, com’è noto, l’alleanza non è strutturale. Il M5S, sebbene prenda continuamente le distanze da questa ipotesi, la pratica, ma non è una regola come, invece, lo è per la coalizione di Destra, che si è presentata sempre unita, almeno fino ad oggi.
Paolo Truzzu, che ha guidato la coalizione della destra, ha ricevuto il 45% dei consensi, 327.695 voti, con uno scarto di circa 3030 voti rispetto alla Todde. Seguono, Renato Soru della Coalizione Sarda con 63.021 voti, pari al'8,7%, e Lucia Chessa con 7.147 voti, l’1%. Il partito di Giorgia Meloni ha raggiunto il 13,6%, per un totale di 93.122 voti. Su questo risultato la Presidente del Consiglio dei ministri non ha fatto una dichiarazione politica, ma soltanto allusioni. Una dichiarazione comune è stata fatta insieme agli altri leaders di governo. Gli accenni della Meloni sono stati all’attenzione dei media e il più ripreso è stato “la Lega ha tradito”, in riferimento, probabilmente, alla vicenda di Solinas, ex-presidente della regione, che non è stato ricandidato alla presidenza della Sardegna. La Lega di Matteo Salvini ha ricevuto soltanto il 3,7% dei voti, mentre nel 2019 aveva ricevuto l’11,8%, pari a 25.589 voti. È questo voto, molto basso rispetto alle aspettative e alle pretese, che ha fatto, probabilmente, infuriare la Meloni. Comunque, sono affari della Destra.
In Sardegna gli elettori sono ripartiti in 1840 seggi, suddivisi in otto circoscrizioni elettorali: Cagliari, Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Olbia Tempio, Oristano e Sassari. Alessandra Todde è stata eletta alla presidenza della regione ed entra così nel consiglio regionale che è formato da 60 consiglieri regionali e sarà così suddiviso: due andranno ai candidati presidenti, vincente, Alessandra Todde, e al candidato arrivato secondo, Paolo Truzzu del centrodestra; per la maggioranza di centrosinistra 11 seggi vanno al Pd, 7 al Movimento 5 Stelle, 4 ad Alleanza Verdi e Sinistra, 3 rispettivamente alla lista Uniti per Alessandra Todde, ai Progressisti, a Sinistra Futura e Orizzonte Comune e un seggio al Psi-Sardi in Europa; per la minoranza di centrodestra 7 seggi vanno a Fratelli d'Italia, 3 a Forza Italia, Riformatori e Sardegna al Centro-20Venti, 2 alla Lega, Partito Sardo d'Azione e Alleanza Sardegna-Pli, 1 all'Udc.
Di solito le elezioni regionali della Sardegna restano ai margini del dibattito politico nazionale, ma per queste elezioni si è animato un dibattito nazionale. Un dibattito centrato in massima parte su due ipotesi diametralmente opposte: da una parte che questa vittoria della coalizione di centrosinistra, guidata da Todde, possa cambiare i rapporti di forza nel paese tra Centro-destra e Centro-sinistra, oppure, dall’altra, che queste elezioni siano soltanto un episodio senza conseguenze politiche nazionali, e quindi la Destra possa continuare il suo governo del paese pressoché indisturbata con esiti devastanti.
Il tema sta ricevendo molta attenzione e non mancano analisi mirate. Il fatto positivo è che è rinata la speranza di porre fine al governo della Destra in Italia; tuttavia, si tenga in debito conto che non è stata una grande vittoria per il Centro-sinistra, il quale, anche se governerà la Sardegna, rappresenta meno di un quarto degli elettori sardi. È bene ricordare, però, che anche il governo della Meloni ha ricevuto un numero di consensi quasi uguale a quello della sua opposizione di Centro-sinistra, che risulta non essere sempre unita in Parlamento e soprattutto, fino ad oggi, non rappresenta un’alternativa valida per battere la Destra. Alcune osservazioni quindi vanno fatte.
Com’è noto, a fronte di una delusione nel paese per gli atti del governo Meloni, come l’abolizione del Reddito di Cittadinanza, il consenso, almeno in queste elezioni, verso la Destra non è diminuito di molto. Secondo me, la ragione principale riguarda la diminuzione delle tasse operata con la finanziaria del 2024. Lo scarto di soltanto 3030 voti (con notizie diffuse dai media, a seguito dello spoglio di 19 seggi, sarebbero 1600) conferma un’approvazione da parte delle fasce di reddito interessate. Come sappiamo la tassazione Irpef fino a 28.000 euro è dal 2024 del 23%, oltre fino a 50.000 euro è del 35%, andando ancora oltre i 50.000 euro è del 43%. È stata una riforma fiscale che non ha previsto l’applicazione integrale della Flat Tax con una sola aliquota, come proposto in campagna elettorale, ma, con la riduzione della pressione fiscale, ha prodotto consensi verso la Destra, anche se, come sappiamo bene, la sanità si sta privatizzando e chi non ha risorse economiche proprie non è in grado di curarsi. Questa è la triste realtà. Un’altra scelta molto negativa di questo governo è stata quella di calcolare la pensione non più con il sistema misto retributivo-contributivo ma con il solo sistema contributivo. Sono quindi forti i contrasti verso le scelte del governo Meloni, ma navigano in silenzio anche perché sono oscurati dai media. L’oscuramento mediatico del dissenso è la caratteristica della Destra.
Spesso si discute se l’astensione dal voto facilita la Destra. Io sono convinto di sì, ma sulle motivazioni ho dei dubbi. C’è chi dice che non è un fenomeno politico ma sociale e che sarebbe incrementato progressivamente dagli ex-migranti che negli anni hanno ricevuto la nazionalità italiana e che da nuovi residenti non si sarebbero inseriti a livello dialettico nel dibattito politico, ma sarebbero attivi soltanto a livello anagrafico nelle liste elettorali; quindi, non seguirebbero con idee proprie i processi politici, non si formerebbero sulle vicende politiche e pertanto non sarebbero motivati a votare. Ad avvalorare queste osservazioni sociologiche ci sono le ragioni che abbiamo sempre sostenuto e che sono di contrasto rispetto ai comportamenti elettorali degli ex-migranti, oggi cittadini italiani. Si tenga conto l’art. 49 della Costituzione prevede un sistema di partiti in cui “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questo sistema è stato ottimo fino agli anni Novanta sotto l’aspetto della partecipazione, oggi produce ampie fasce di delusi che per reazione non vanno a votare. Cosa sbagliata in sé ma molto diffusa anche a Sinistra. Il voto online potrebbe forse dare quanto meno una scossa. Di certo per quelle categorie che hanno problemi di mobilità, come gli anziani, o per coloro che per i più disparati motivi sono impossibilitati a recarsi nelle sedi di voto, come gli studenti fuori sede per i quali i costi di viaggio, di andata e ritorno, per le sedi di voto sono enormi. La Todde per venire incontro alle esigenze degli studenti sardi fuori sede ha ipotizzato diverse soluzioni, tra cui una riduzione dei costi di viaggio. L’astensione dal voto nei paesi capitalisti è una caratteristica strutturale in quanto l’accentramento operato dai governi è generale e produce astensione, non solo in Italia. Soltanto la partecipazione alla politica, ma non in partiti personali, può attivare processi regolari ed equilibrati per nuovi processi elettorali e può innalzare la coscienza collettiva e far sviluppare quell’agire politico che è il sale della democrazia, indipendentemente dalle relazioni che spesso non ci sono tra eletti ed elettori. Se non si partecipa al dibattito politico è quasi impossibile che si alimentino quelle tensioni di cambiamento. La Destra sfrutta proprio la sfiducia e il discontinuo interesse verso la politica da parte dei cittadini.
Si tenga conto che lo spoglio di 20 seggi non è stato completato ed è in corso nei tribunali circoscrizionali. Non è da escludere che i dati qui esposti potrebbero in parte cambiare e sono pertanto da ritenersi parziali. Lo spoglio lento è una caratteristica della Sardegna e al riguardo, almeno in Rete, non ho trovato spiegazioni. Nelle elezioni del 2019 furono scrutinate 1806 sezioni su 1840, il resto dello lo spoglio fu terminato nei tribunali. La proclamazione ufficiale della presidente Alessandra Todde e del consiglio regionale avverrà a fine marzo o inizio aprile. La differenza di voti tra Todde e Truzzu è stata di 3030 voti (rispetto ai dati disponibili), che è minima, ma non sono proprio pochissimi considerato che l’affluenza alle urne è stata del 52,3% dei votanti, cioè che quasi mezza isola non è andata a votare. Infatti, hanno votato solo 757.598 sardi. La differenza è dello 0,4%, che, sebbene in termini elettorali possa sembrare poco, è comunque un risultato politico importante.
Tutto dipenderà dal fatto se il governo della Todde rilancerà la Sardegna complessivamente, a livello di occupazione e dei servizi. Quest’ultimi, in prevalenza quelli della sanità, sono molto critici e presentano liste di attesa lunghissime con forti disagi, anche per i necessari spostamenti in altre sedi territoriali per fare visite specialistiche e analisi. Poi c’è la necessità di rilanciare i beni culturali. Al riguardo si tenga conto che, ad esempio, la Rete dei Nuraghi, una caratteristica dell’isola nota ai cultori dell’archeologia, nell’insieme dei beni culturali nazionali ha una fruizione quasi inesistente, come se non esistesse. Naturalmente non basta certo un generico impegno da parte della presidente della regione Sardegna, sempre se poi quest’impegno ci sarà. Per il rilancio dei beni culturali della Sardegna è necessario anche un interesse quotidiano dei cittadini e queste elezioni hanno visto, secondo me, anche un fatto importante e positivo, ovvero la candidatura del direttore dell’associazione Honebu, Pierluigi Montalbano per la circoscrizione di Cagliari. Honebu sull’isola è un riferimento per l’archeologia e Montalbano ha presentato un suo progetto di rilancio dei beni culturali dell’isola. Honebu è impegnata per la divulgazione dell’archeologia sarda e online ha disposto uno spazio per un “quotidiano di archeologia” che è consultabile nel sito di Montalbano.
Il 10 marzo ci saranno le elezioni regionali in Abruzzo e se la Destra verrà ancora sconfitta significherà che si sta avviando il suo tramonto in Italia, cosa necessaria se si vuole che l’Italia ritorni ad essere un paese democratico. Ritengo però che, anche se la Destra venisse sconfitta alle prossime elezioni, non sarebbe mai politicamente emarginata poiché il profilo politico del cittadino medio italiano non è pienamente antifascista né democratico. Per questo si potrà sempre avere una maggioranza parlamentare di estrema destra e autoritaria. Un’egemonia democratica nel paese resta dubbia e giorni come il 25 settembre del 2022, quando la Destra è diventata maggioranza in parlamento, potranno sempre verificarsi di nuovo. Una svolta in Italia si potrà avere soltanto con un governo comunista che metterebbe al centro il riscatto sociale di tutti i cittadini con uguali diritti. Nella fase in corso, ogni cittadino italiano sta facendo le sue verifiche ed è in grado di giudicare che cosa è in Italia un governo della Destra, al di là degli spot e delle fantasie che si sono presentate in campagna elettorale, anche in queste elezioni regionali della Sardegna.