Roma è diventata l’esemplificazione delle tendenze più parassitarie e devastanti del capitalismo in epoca di crisi. Gli assi su cui si muove la sua economia sono due: finanza e immobiliare, da una parte, e saccheggio dei beni e delle aziende pubbliche, dall’altra. Una proposta politica per la città di Roma deve essere in grado di aderire a questo livello di analisi.
di circolo PRC Atac
La crisi economica ha colpito duramente il Lazio, la cui produzione di valore aggiunto nel 2011 era ancora inferiore del -3,9% rispetto al 2007. I settori economici che hanno subito maggiormente la crisi sono stati la manifattura (-13,1%) e le costruzioni (-12,9%). Viceversa, le utilities sono cresciute, in particolare energia elettrica e gas (+ 12,9%) e acqua e trattamento dei rifiuti (+5%). Nella provincia di Roma, tra 2000 e 2011, il peso del manifatturiero sul totale dell’economia cala dal 6,2% al 4,1%, il commercio crolla dal 23,7 al 18,2% e l’amministrazione pubblica scende dal 19,9 al 19%. Viceversa, le attività immobiliari crescono dal 12,6% al 15,5%, e il settore bancario e assicurativo sale dal 7,3 all’8%. Significativo è l’andamento degli investimenti. Nell’industria si registra un decremento medio, tra 2007 e 2011, del -9,3% con un picco negativo del -32,1% nelle costruzioni. Viceversa, gli investimenti nel settore dell’energia elettrica e gas balzano a +55,4%, quelli relativi alla fornitura di acqua e trattamento rifiuti a +17,4%.
È l’effetto della crisi di sovraccumulazione di capitale. Gli investimenti si spostano da costruzioni, commercio e turismo - settori tradizionali a Roma ma con saggi di profitto in calo - per dirigersi verso utilities, sanità e istruzione. Infatti, le utilities, essendo dei monopoli, sono meno soggette alle dinamiche concorrenziali, permettendo di praticare prezzi più alti e, quindi, garantendo un saggio di profitto più alto. L’istruzione e soprattutto la sanità sono altre galline dalle uova d’oro, perché il pubblico garantisce lauti sovvenzionamenti ai privati che vi investono, continuando ad accollarsi le attività più onerose e meno vantaggiose economicamente.
I settori economici e politici che contano a Roma spingono per le esternalizzazioni e le privatizzazioni delle municipalizzate, specie quelle delle utilities. Tra questi quanti sono più interessati all’operazione, c’è il “palazzinaro” Francesco Gaetano Caltagirone, che sta cercando diincrementare la propria partecipazione in Acea, ora al 15,8%. Ma le utilities romane sono nel mirino anche di multinazionali straniere come Suez Environnement, che possiede il 12,74% di Acea. Le privatizzazioni delle municipalizzate sono una questione strategica in particolare nel Lazio che, con 430mila addetti, rappresenta il 45% del totale nazionale del settore. Le privatizzazioni avranno un impatto negativo sullo sviluppo economico, sulla occupazione, sulla qualità dei servizi e sulle tariffe. Infatti, a seguito delle privatizzazioni, tra 2004 e 2014, le tariffe elettriche sono aumentate del 48,2 per cento, quelle autostradali del 46,5 quelle ferroviarie del 46,3 e quelle del gas del 42,9, a fronte di un aumento medio dei prezzi dell’economia del 20,5 per cento.
In questo quadro si colloca l’inchiesta della Procura di Roma su “Mafia-capitale”. E’ nelle maglie del processo di esternalizzazione dei servizi comunali, collegato al taglio dei trasferimenti agli enti locali da parte dello Stato, che si è realizzata la penetrazione dell’holding criminale capeggiata dal neo-fascista Carminati. La trasformazione dell’assistenza pubblica in un mercato, il cosiddetto «privato sociale», ha posto le condizioni per il malaffare. Il crimine organizzato era interessato non a risolvere le cosiddette emergenze, dalle quali ha tratto lauti profitti, bensì a perpetuarle. Senza contare che il «privato sociale» è stato il cavallo di Troia attraverso cui si è sferrato un violento attacco ai salari e alle tutele sociali dei lavoratori dei servizi e delle cooperative.
Dal marasma dell’inchiesta sulla cupola romana esce sostanzialmente indenne il potere forte per eccellenza a Roma, i “palazzinari”. L’indice è puntato su un sistema criminale in grado di movimentare qualche centinaio di migliaia di euro. Invece, chi ne muove centinaia di milioni o di miliardi (Metro C) e condiziona pesantemente la vita sociale e politica della città ne esce “pulito” e rafforzato. Le forze politiche romane sono divenute progressivamente sempre più allineate a questi interessi e dipendenti dai finanziamenti elettorali che possono dispensare. La deformazione e la distorsione della rappresentanza dei diversi interessi sociali all’interno del Consiglio comunale sono sotto gli occhi di tutti: ad essere messi da parte, sono gli interessi della collettività e dei lavoratori.
Palazzinari come Carlino, Caltagirone e Toti non hanno dato peso al colore politico dell’interlocutore. Lo dimostrano gli stretti rapporti intercorsi con il sindaco Veltroni, sempre ben disposto verso i sovrani del cemento, e con Alemanno, che fu generoso: 64 delibere urbanistiche finalizzate alla costruzione di 70mila nuovi alloggi. Infine, lo scorso 22 dicembre il Comune di Roma, tramite la delibera 163/2014, ha qualificato «di interesse pubblico» il progetto urbanistico “Stadio della Roma a Tor di Valle”. Però, del milione di metri cubi di cemento previsti, solo il 14% interesserà la nuova struttura sportiva. Tutto questo mentre, come calcola uno studio realizzato dalla Cgil, sono circa 50mila le famiglie in attesa di una sistemazione, a fronte di 120mila abitazioni sfitte.
Roma è diventata l’esemplificazione delle tendenze più parassitarie e devastanti del capitalismo in epoca di crisi. Gli assi su cui si muove la sua economia sono due: finanza e immobiliare, da una parte, e saccheggio dei beni e delle aziende pubbliche, dall’altra. Una proposta politica per la città di Roma deve essere in grado di aderire a questo livello di analisi. I comunisti devono indirizzare la loro lotta contro la sanità privata e contro le privatizzazioni. L’obiettivo deve essere arrivare al loro blocco e al rilancio dei servizi pubblici e delle municipalizzate, affinché recuperino efficienza e forniscano alla collettività, a prezzi non monopolistici, quei servizi di cui ha bisogno e che rappresentano parte consistente del salario indiretto: assistenza sanitaria, trasporti pubblici, verde, nettezza urbana, ecc. Contestualmente occorre battersi per la formulazione di un piano strategico di investimenti diretti pubblici, che è stato reso impossibile anche dai tagli alla spesa sociale e ai trasferimenti statali. Infatti, i governi italiani hanno scaricato sugli enti locali i due terzi dei tagli alla spesa sociale che, sulla base dei vincoli di bilancio previsti dai trattati europei, sono stati imposti all’Italia. Solo in questo modo sarà possibile rilanciare l’economia e l’occupazione romana e soddisfare la domanda crescente di servizi e qualità della vita.
Alcune proposte:
a) Ripubblicizzazione e internalizzazione dei servizi comunali e blocco delle privatizzazioni.
b) Stabilire un modello, efficiente e orientato all’interesse pubblico, di gestione dei servizi e delle municipalizzate.
c) Blocco delle concessioni edilizie nella metropolitana di Roma fino al 2030.
d) Interventi strutturali contro il dissesto idrogeologico.
e) Affermazione del diritto all’abitare mediante il recupero ed il riuso a scopo abitativo delle proprietà pubbliche, l’acquisizione a prezzo di costo degli alloggi sfitti, o la loro requisizione, il blocco del sfratti per morosità incolpevole e l’emersione degli «affitti in nero».
f) Recupero delle risorse attraverso: tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze, maggiore progressività delle imposte locali, e ripristino di un adeguato livello di trasferimenti statali.
g) Riutilizzo della città e riconversione ecologica.
h) No alle grandi opere: olimpiadi e stadio di calcio.
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