Le ultime elezioni presidenziali hanno consacrato la France Insoumise (FI) come prima forza di opposizione a sinistra: Jean-Luc Mélenchon (JLM) è arrivato quarto col 19.58% dei voti, dopo Macron, la Le Pen e Fillon. In città importanti come Marsiglia, Toulouse e Grenoble Mélenchon è primo vincitore. Il dato più interessante è che, come ci stiamo abituando a vedere, FI si contende il voto popolare e di classe nelle periferie delle città con il Front National. La classe lavoratrice, cioè, si polarizza.
Sembra legittimo quindi che questa forza politica negli ultimi mesi si sia impegnata in un processo partecipativo, ma soprattutto di sedimentazione delle proprie forze in vista dei prossimi appuntamenti, che è culminato questo sabato 25 e domenica 26 novembre a Clermont-Ferrand (Francia) con una sessione di chiusura nazionale. Negli scorsi mesi, infatti, sono stati proposti, discussi e votati documenti che asseriscono principi fondamentali o risoluzioni su posizionamenti programmatici (come l’uscita dai programmi del nucleare). Le forme che necessita l’ideologia della totale orizzontalità, insomma, sono state rispettate e in questo non sembra essersi snaturato il marchio del movimento di JLM. Nei fatti, la chiamata era di serrare i ranghi in vista dei prossimi appuntamenti, in vista dell’imminente contrattacco. Le organizzazioni di questo tipo cavalcano e si nutrono dei periodi di mobilitazione (anche elettorale) ma è per la loro stessa strutturazione molto costoso resistere in periodi di reflusso.
Sabato i lavori sono stati aperti da JLM che, oltre a ribadire i grandi temi del movimento, ha sottolineato come FI sia una forza politica pronta a governare il paese e ha attaccato le politiche neoliberiste e predatorie di Macron contro i lavoratori. FI, ha poi annunciato, presenterà una lista alle elezioni europee per opporsi alla politica di Macron e alla sua opportunista idea di Europa sociale. Una delle figure di spicco dell’ala sinistra del Parti Socialiste, Jean-Luc Mélenchon rompe con il suo vecchio partito e fonda nel 2008 il Partì de Gauche, che sarà poi una delle anime del Front de Gauche. Il 10 febbraio 2016, JLM lancia la France Insoumise, piattaforma scelta per sostenere la sua candidatura alle ultime elezioni presidenziali. Il programma, intitolato ‘L’avenir en commun’ (Il futuro in comune) è avanzato e radicale. Da una parte, FI ha il pregio di aprire lo spazio per una critica convinta al capitalismo. Già nel 2013, era embrionalmente sviluppata l’alternativa dell’eco-socialismo che “non è un’utopia alla quale il reale si dovrebbe conformare […]” quanto “la risposta umana ragionata al doppio impasse dentro il quale è bloccata l’umanità, in ragione dei modi di produzione e di consumo del nostro tempo che esauriscono l’essere umano e l’ambiente. L’eco-socialismo richiede un pensiero e un’azione politica radicale, nel senso che deve arrivare alla radice delle cause. Noi combattiamo dunque i due motori del sistema attuale: il capitalismo e il produttivismo”. Il tentativo di accompagnare questa ideologia a nuovo slancio umanista è altrettanto interessante.
Con lo svilupparsi delle contraddizioni sociali ed economiche, che hanno iniziato a gettare luce sulle gravi responsabilità della struttura burocratica europea, la critica all’UE in seno a FI si è andata ad approfondire. Oggi, la FI afferma di voler rifondare l’Unione Europea per trasformarla in un’unione di pace, di solidarietà e di ecologismo. A questo scopo vengono proposti due piani programmatici. Il piano A prevederebbe l’uscita della Francia dai trattati europei e una serie coraggiose di riforme interne all’UE. Tra queste: mettere fine all’indipendenza della Banca centrale europea e porla sotto il controllo pubblico degli stati, svalutare l’euro per portarlo a parità col dollaro, operare una stretta agli strumenti finanziari e alla libertà dei capitali, organizzare una conferenza europea sui dettati sulla sovranità, fermare la liberalizzazione dei servizi pubblici e dare inizio ad una politica di protezionismo ‘solidale’. Tuttavia, nel caso che il piano A non venisse accettato o venisse ostacolato, scatterebbe automaticamente il piano B. Cosa comporterebbe? In questo caso, FI si dice pronta a fermare la contribuzione della Francia alla UE, requisire la Banca di Francia “per trasformare l’euro in moneta comune e non unica”, imporre un controllo dei capitali e delle merci a livello nazionale per evitare l’evasione fiscale dei grandi gruppi e proteggersi dagli attacchi speculativi e di dumping e, infine, costruire nuova cooperazione tra gli Stati.
FI e il suo leader JLM devono quindi essere a buon titolo inseriti nel novero di quelle forze politiche che richiedono un’attenzione non settaria da parte dei comunisti, perché in grado di spostare drasticamente l’asse della bilancia in favore di temi progressisti e di introdurre nel campo delle alternative possibili opzioni che ne erano state escluse, causa la reazione padronale e la profonda crisi che ha investito il movimento operaio organizzato. D’altronde, i comunisti dovrebbero guardare ai processi come quello di FI senza paura di sottolinearne le criticità e quindi di provare a produrne degli avanzamenti.
Almeno è questo l’atteggiamento che hanno da subito scelto i compagni del Polo di la Rinascita Comunista in Francia (PRCF). Un supporto, il loro, seppur esterno e critico sempre dinamico e costruttivo. Il PRCF considera il movimento degli indomiti importante nella promozione della resistenza alla dissoluzione accelerata della Francia Repubblicana che Macron opera a profitto della MEDEF (la confindustria francese) e dell’UE-NATO. Nei giorni precedenti all’appuntamento finale del congresso di FI, il PRCF aveva infatti lanciato un appello attraverso il suo giornale Initiative Communiste perché il movimento portasse ad uno stadio più avanzato la sua riflessione sui temi della battaglia (e delle sue modalità) contro le strutture di potere imperialista sovra-nazionali.
La presidenza Macron, sotto questo punto di vista, ha inaugurato quello che potrebbe essere uno dei periodi più drammatici dopo la seconda guerra mondiale per la Francia repubblicana, la cui indipendenza è ferocemente minacciata. Occorre quindi prima di tutto emanciparsi dalle basi ideologiche ‘europeiste’ sulle quali questa operazione, che sono intrinsecamente autoritarie e irriformabili, proprio come la struttura materiale che esse giustificano. Senza una chiara proposta di rottura e un’alternativa ideologica, la FI rischia di rimanere intrappolata nella ragnatela narrativa del nemico di classe. Da queste basi, il PRCF mette in guardia i compagni della France Insoumise rispetto alla costruzione di liste elettorali transnazionali per le prossime elezioni. Insomma, è indispensabile un movimento di massa che si ponga il chiaro obiettivo di una Frexit internazionalista, patriottica e progressista.
La costruzione di un largo fronte delle forze progressiste che sappia traghettare fuori la Francia dall’Unione va naturalmente di pari passo alla ricostruzione di un partito di classe animato da comunisti. Questo è l’orizzonte che in Francia, come in Italia, vede impegnati i comunisti dopo il tracollo ideologico e materiale del Partito storico, protagonista della Resistenza. L’organizzazione di classe rimane così indispensabile per la costituzione a soggetto storico della classe lavoratrice. Un partito che sia profondamente in connessione con il sindacalismo di base e che, senza inutili feticci ideologici, promuova una leninista ‘analisi concreta della situazione concreta’ e che, aldilà di tutte le tattiche congiunturali, sappia porre in essere il potere popolare attraverso la costruzione di un nuovo modo di produzione e di una società socialista.
Insomma, se la Francia sarà veramente indomita, il suo popolo si troverà a combattere la ferocia della reazione dell’oligarchia mondiale e chi politicamente condurrà questa battaglia si ricordi fin da subito le parole del Robespierre: “Chi fa le rivoluzioni a metà, si prepara al fallimento”.