Estinzioni di massa

Abbiamo di fronte a noi solo due strade: la madre terra o la morte. Quindi o muore il capitalismo o muore la madre terra, o vive il capitalismo o vive la madre terra


Estinzioni di massa

La teoria degli equilibri punteggiati integra la teoria darwiniana della selezione naturale. Alla base di questa teoria c’è il concetto di diversità. Le ere geologiche sono state classificate sulla base di eventi atmosferici ed ambientali che hanno portato, da una parte, alle riduzioni di phyla (i ‘tipi’) e, dall’altra, a un aumento di diversità di specie fra quei phyla che per ragioni tutte da scoprire sono sopravvissute. Uno dei suoi autorevoli teorici Stephen Jay Gould, nel suo libro divulgativo “La vita meravigliosa”, appare in alcuni concetti molto equivoco e, tuttavia, ciò non sminuisce la grande portata del libro e della teoria, come ad esempio l’erronea concezione della contingenza, ovvero del caso. L’autore spesso appare contraddittorio in quanto addebita al caso la comparsa dell’essere umano ma, al contempo, spiega approfonditamente le cause scientifiche della sua apparizione e della sua evoluzione.

Siamo stati abituati a livello iconografico ad un aumento progressivo dell’evoluzione che dalla scimmia porta all’essere umano. Tale rappresentazione gradualista può essere vera in una fase di stabilità di eventi atmosferici ed ambientali ma non può a livello generale, dalla comparsa del pianeta terra, spiegarne la vita e l’avvento della specie umana. Infatti le teorie dell’evoluzione raccontano una parte di verità, da Lamarck al dramma di Burgess, attraversando Darwin. L’evoluzione è sia adattamento all’ambiente - e, dunque, la selezione naturale rimane una base - ma è anche il protagonismo attivo degli organismi. Inoltre le connessioni ereditarie, genetiche e culturali tramandate sono egualmente di fondamentale importanza. Se la sopravvivenza è il fenomeno da studiare, la diversificazione iniziale per la conquista di spazi e le stabilizzazioni dei sistemi nel gioco sempre attivo dei competitori è da spiegare. L’evoluzione è sempre una dialettica fra il mondo oggettivo e la soggettività degli esseri viventi dove l’adattamento non è sempre la virtù dei sopravvissuti.

L’ultima decimazione di specie - la scomparsa del 70% della biodiversità nell’era del Cretaceo, circa 65 milioni di anni fa - ha visto l’estinzione dei più famosi animali preistorici, i dinosauri. Tale evento così drammatico ha favorito l’emergere dei mammiferi, presto divenuti la specie di predatori più grandi sulla terra. L’impatto dei meteoriti sulla terra (concausa delle eruzioni vulcaniche) hanno alzato drasticamente la temperatura elevando un polverone. Questa materia sospesa in aria ha ridotto di conseguenza i raggi solari che hanno diminuito, in un piccolo lasso di tempo, la temperatura. I mammiferi - che differentemente dai dinosauri hanno il sangue caldo, i peli che li ricoprono, uno strato di grasso e si prendono cura della prole - sono sopravvissuti. Quando l’uomo ancora non aveva fatto la sua comparsa sulla terra, i mammiferi erano piccoli e facili prede dei dinosauri. Adesso sono diventati grandi predatori, crescendo di dimensioni ma anche d’intelligenza.

La domanda che molti si pongono è: se non ci fossero stati questi eventi la vita sul pianeta sarebbe la stessa? L’homo sapiens sarebbe comparso? Naturalmente bisogna rispondere negativamente a tali domande. È giusto ritenere che i mammiferi, a differenza dei dinosauri, sono stati in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici in atto, non ovviamente in quanto coscienti di eventi così eclatanti e tragici. Del resto la storia non si fa né con i se né, tantomeno, con i ma. In effetti la storia non è ripetibile, la verifica per mezzo della ripetizione è impossibile. La macchina del tempo è un’invenzione della fantasia dell’uomo, buona per raccontare storie e girare bei film. Constatando che se riavvolgiamo la storia della vita, cambiando alcuni particolari, niente sarebbe uguale ad oggi, come dimostra il caso delle Galapagos. Questo ecosistema per certi versi isolato e protetto ha dato un esito della storia diverso dal resto del continente ed i mammiferi non sono i padroni di tali straordinari ed incontaminati luoghi.

Questa estinzione di massa del Cretaceo (di fatto la più recente) ha avuto un successo nei mass media e fra la popolazione ma non ha reso tanto alla conoscenza della vita odierna come la scoperta della più remota decimazione che ha, invece, reso possibile a S.J. Gould e colleghi di estrarne una teoria. Mi riferisco a quell’estinzione di massa, poco conosciuta, avvenuta circa 570 milioni di anni fa, che ha dato vita all’interpretazione più originale della genesi della vita sul pianeta Terra. Essa infatti ha reso possibile conoscere maggiormente la storia della vita. A parlare sono le rocce dove sono stati rinvenuti fossili del tardo Cambriano meglio conosciuti come i fossili di Burgess (Canada). Grazie a tale scoperta si è venuti a conoscenza di organismi pluricellulari fra i più antichi e dalle più disparate forme. Le rocce hanno portato alla luce più di 20 differenti profili simmetrici immaginari disegnati attraverso il corpo a fronte dei 4 piani corporei degli artropodi odierni (fra gli animali più conosciuti del milione di artropodi si annoverano: insetti, crostacei e ragni).

Tale disparità uscita dagli argilloscisti di Burgess ha reinterpretato la storia erroneamente concepita verso una crescente complessità e diversità; essa ha giustamente scartato dall’iconografia scientifica il cono della diversità crescente, disegnando un più coerente modello fondato sulla decimazione della maggior parte dei rami e una diversificazione di quei pochi rami sopravvissuti. Essendo la scienza un’opera collettiva ci volle una seconda e una terza generazione di scienziati dalla scoperta dei fossili avvenuta ad inizio secolo XX prima di giungere a una giusta interpretazione lontana dalla tradizionale concezione che tendeva a collocare tali strani animali in tipi noti esistenti. Nella fauna di Burgess scopriamo, oltre a unicità tassonomiche sorprendenti di bizzarre varietà, la Pikaia. Questo raro animaletto vissuto più di 500 milioni di anni fa, è nella stessa linea evolutiva dei vertebrati e rientra a pieno titolo nel philum dei cordati primitivi. Molto difficile dedurne che si tratti di un nostro progenitore ma è l’unico piano corporeo a noi più prossimo trovato nella fauna di Burgess.

La drastica riduzione di piani anatomici che ha lasciato dei vuoti morfologici ha portato per quei pochi rami evolutivi sopravvissuti ad avere forme molto diverse fra loro che hanno dato vita alla biodiversità attuale. Le grandi estinzioni di massa sono avvenute in concomitanza a grandi mutamenti ambientali causati da fattori endogeni o esogeni e la sopravvivenza a tali improvvisi cambiamenti non è scontata. La capacità di adattamento a tali drastiche situazioni non è conseguenza delle sole forze usuali della selezione naturale sviluppate nelle epoche più prossime ma, per la maggior parte dei casi, di eredità genetiche dormienti, inutilizzate in epoche passate e che si rivelano vincenti. Gli improvvisi mutamenti distruggono e ri-orientano tutto ciò che si era accumulato nei tempi normali. I pochissimi superstiti devono la loro vita a concause che non hanno nulla a che vedere per la maggior parte con la loro evoluzione più recente.

Nel mezzo del cammin della terra apparvero i primi ominidi, circa 2,5 milioni di anni fa, e poi l’homo sapiens, circa 200 mila anni fa. È evidente che, se si considera che il pianeta è nato 4,5 miliardi di anni fa, la presenza dell’uomo e dell’intelligenza umana sulla Terra è qualcosa di molto, molto recente. E solo appena 60 anni fa con le bombe atomiche, per la prima volta l’uomo ha dato prova della sua enorme capacità distruttiva e della sua più grande fragilità essendo legato indissolubilmente al destino del pianeta terra, che attualmente si sta modificando al punto da mettere in pericolo la sua stessa esistenza. Con una velocità tale da far sembrare il 2050, anno delle presunte emissioni zero, troppo lontano.

Oggi domina il sistema di produzione capitalista, fondato sullo sfruttamento dell’homo sapiens su altri sapiens allo scopo di massimizzare il profitto dei pochi padroni; profitto che altro non è se non ore di lavoro non pagate al lavoratore. È evidente che un sistema siffatto può sperare di reggersi – come di fatto accade – solamente se la sete di profitto, che è lo spirito essenziale della classe padronale, riesce a essere imposta, mascherata col belletto della “libertà del singolo individuo”, come ideologia dominante e a discapito della stessa stragrande maggioranza dell’umanità, resa inconsapevole della realtà delle cose e assoggettata, assieme all’ambiente, a condizioni di sfruttamento indiscriminato e irrazionale. Essendo il capitalismo, quindi, un sistema intrinsecamente violento e non curante nei confronti della stessa umanità, risulta essere assolutamente impensabile e ossimorico immaginare un cambiamento “dal volto umano” e/o ambientale del capitalismo stesso.

Nel 1992, durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo, Fidel Castro disse: “Hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno contaminato l'aria, hanno indebolito e forato la cappa di ozono, hanno saturato l'atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a patire. I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno a finire ogni anno in mare. Numerose specie si estinguono. La pressione demografica e la povertà portano a sforzi disperati per sopravvivere anche a spese della natura”. Se questo sistema è disumano per l’uomo è di conseguenza maligno rispetto all’abitabilità dell’unico spazio vivibile, ossia la terra! Mai, nella storia della vita sul pianeta terra e in così poco tempo, una specie è riuscita ad essere causa della sua prossima estinzione provocando una ulteriore decimazione di specie. “La terra ha vissuto miliardi di anni senza la specie umana. Non siamo indispensabili alla sua esistenza mentre senza la terra noi non possiamo vivere”, notava giustamente il comandante Hugo Chavez Frías.

La soluzione a questa drammatica prospettiva è quella della pianificazione e riorganizzazione di tutti i sistemi legati all’uomo e alla sua attività nel mondo, dando il via a una nuova fase della storia umana dove la scienza vivrà un rinnovato afflato esplorativo nell’affrontare problematiche nuove e - chissà? - magari legate all’individuazione della possibile abitabilità di nuovi pianeti. Se si vuole in qualche modo pensare a una soluzione rispetto ai cambiamenti climatici e all’imminente scarsità di fonti fossili bisogna ragionare innanzitutto in termini pianificatori e di risparmio energetico mondiale (tagliando qualsiasi “spesa” materiale ed energetica inutile, come, per esempio, la guerra), nonché in termini di ridistribuzione anche di consumi possibili pro-capite; tutte dinamiche pensabili solo in un sistema di produzione razionale e di tipo comunista.

La teoria degli equilibri punteggiati ci fornisce spunti importanti nell’attualità che prelude, come molti studiosi la definiscono, alla sesta estinzione di massa. Dalla classificazione degli esseri viventi e da una stima della numerosità delle specie che si sono susseguite fino ad oggi, si nota come non soltanto molti vertebrati si siano estinti ma il rischio di estinzione stia toccando anche varie specie di insetti. Senza ombra di dubbio la sesta estinzione di massa - l’unica per la quale una parte di coloro che subiranno l’estinzione ne sarà al contempo la causa e non soltanto l’effetto - non eliminerà soltanto la specie umana ma metterà fine al dominio dei mammiferi sul pianeta terra. Secondo una previsione realistica, con la scomparsa dell’essere umano non nascerà mai una specie tanto intelligente e autocosciente tale da poter immaginare una continuazione dell’evoluzione non legata alle sorti del pianeta terra e del sistema solare. Anzi, le previsioni di molti scienziati attraverso dei modelli che simulano scenari futuri si concentrano sugli animali marittimi, ossia le specie che già 500 milioni di anni fa dominarono il mondo e che sopravviveranno alla possibile sesta estinzione di massa e potrebbero un giorno ripopolare le terre emerse. Fidel Castro elencava i principali problemi, la crisi economica, la guerra nucleare e il cambiamento climatico, che l’essere umano dovrà necessariamente risolvere al più presto per non compromettere l’abitabilità dell’unico pianeta vivibile. La principale differenza rispetto alle epoche passate risiede nell’intelligenza umana che può prevedere e prevenire, con l’evolversi della scienza, molti degli effetti ambientali del proprio agire. Costruire la nuova società non solo mette fine alle barbarie ma previene la prossima prevedibile estinzione di massa che altrimenti ci coinvolgerà.

Ciò che infatti ricorda anche il presidente della Bolivia Evo Morales è che la pachamama (la madre terra) continuerà il suo percorso anche senza l’uomo: “Abbiamo di fronte a noi solo due strade: la madre terra o la morte. Quindi o muore il capitalismo o muore la madre terra, o vive il capitalismo o vive la madre terra”. In questa direzione vanno molti importanti movimenti di massa internazionali e locali come ad esempio il noto Fridays for future, che sono riusciti a riportare in piazza decine di migliaia di giovani ragazzi con lo slogan assai significativo di “cambiamo il sistema, non il clima”. Se da una parte è assodato scientificamente che ci sia un surriscaldamento climatico superiore a qualsiasi aspettativa, dall’altra parte si evidenzia la totale malafede di politici di estrema destra e non solo che continuano a depredare il pianeta per i propri interessi di classe. È comunque evidente che i grandi media internazionali, sponsorizzando la piccola Greta, rischiano di far precipitare le rivendicazioni del movimento ambientalista o ad una banale critica di ogni tipo di sviluppo tecnologico o, peggio, verso un impossibile “eco-capitalismo”.

Nell’evoluzione poco è graduale e niente è costante. La storia umana non è da meno, le lotte di classe vedono onde rivoluzionarie che in pochi anni riescono a conquistare diritti impensabili sviluppando nuove concezioni scientifiche in un lasso di tempo ineguagliabile. In tali fasi il compito dei rivoluzionari è prorogare maggiormente l’onda, rafforzandola e sviluppandola; al contrario nelle fasi recessive il compito sarà di costruire le condizioni per una più grande e duratura ondata rivoluzionaria. L’evoluzione non è lineare a causa del rapporto dialettico fra sviluppo quantitativo e salto qualitativo. A fasi in cui lo sviluppo sembra arrestarsi o addirittura regredire, a fasi maggiormente primitive, si alternano dei grandi momenti qualitativi come una rivoluzione o una catastrofe.

Anche nella vita di ciascun essere umano esistono onde evolutive, grandi trasformazioni non solo corporee ma psicologiche come ad esempio nell’età infantile e nell’adolescenza. Solo se l’uomo fallisse nella sua missione storica di superare le contraddizioni strutturali del modo di produzione capitalistico, con la costruzione di una società socialista, e precipitasse nella barbarie, potremmo forse concordare con la tesi che gli artropodi sono, nella nostra epoca, gli animali più evoluti in quanto hanno più piani corporei, hanno sviluppato il maggior numero di specie, una popolazione superiore e saranno presumibilmente in grado di sopravvivere alle catastrofi prodotte dal genere umano.

Un’ultima annotazione, a scanso di equivoci. La selezione naturale non ha nulla a che vedere con il progresso: infatti non è detto che i prossimi esseri viventi nella prossima estinzione di massa sul pianeta terra abbiano pari o maggiore intelligenza rispetto a quella umana. Allo stato attuale, il sogno di poter colonizzare altri pianeti è destinato a rimanere tale se non si pone fine a questa preistorica formazione sociale capitalista. Solo l’intelligenza umana comparsa a metà della vita del pianeta terra potrebbe mettere a disposizione altri cinque miliardi di anni per prevenire la più fatale delle estinzioni. Facile immaginare, dunque, che le prossime specie sopravvissute al disastro provocato dal capitalismo, qualora non si fosse costruito un modo di produzione superiore, non saranno gli animali che hanno conquistato la superficie terreste, ma piuttosto quelli rimasti protetti dagli abissi del mare.

28/09/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Angelo Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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