L’Italia, Paese di poeti, santi, navigatori e… minatori

L’Italia si sta attrezzando per giocare un ruolo chiave nell’estrazione dal sottosuolo e dal fondale marino di minerali e materie prime considerati strategici per la loro importanza economica e per assicurare la transizione energetica nazionale ed europea. Ma a che prezzo?


L’Italia, Paese di poeti, santi, navigatori e… minatori Credits: https://pixabay.com/it/photos/data-mining-escavatore-estrazione-1736293/

Proprio come i 7 nani della celeberrima favola dei fratelli Grimm, gli italiani stanno ritornando in miniera. Dopo averla abbandonata perché considerata un lavoro faticoso, antieconomico, antistorico, non ecologicamente friendly, nel nostro Paese si pensa di ritornare a cercare minerali più o meno preziosi, più o meno utili alle cresciute e mutate esigenze della produzione di massa tecnologicamente avanzata, per ridurre anche la dipendenza dall’estero e garantirsi un sistema autarchico di materie prime necessarie ai nuovi bisogni energetici e industriali, anche in ossequio agli obiettivi fissati dall’Unione europea. E così gli italiani riprendono a scavare nel sottosuolo, non solo sulla terraferma, ma anche in mare.

A fine giugno il Governo ha così approvato un decreto-legge, poi convertito in legge [1], che ha introdotto nuove regole e procedure semplificate per il rilascio di autorizzazioni all'estrazione, al riciclo e alla trasformazione di minerali e materie prime considerate critiche e strategiche, al fine di centrare gli obiettivi europei fissati nel Critical Raw Materials Act, allo scopo di garantire “l'approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate «strategiche» (…) in ragione del ruolo fondamentale delle stesse nella realizzazione delle transizioni verde e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell'autonomia strategica”, come recita in apertura proprio l’articolo 1 del decreto-legge approvato. Le autorizzazioni all'estrazione e al riciclo saranno rilasciate dal Ministero dell’ambiente, mentre il Ministero delle imprese e del made in Italy avrà il compito di occuparsi di quelle per la trasformazione dei prodotti minerari. Ma cosa c’è sotto il nostro suolo di così interessante da fare mutare un trend in declino da anni? In Italia attualmente sono attivi circa settanta giacimenti minerari, con almeno più della metà che riguardano materie prime definite critiche, perché di strategica importanza economica per l’Italia e l’Europa, caratterizzate da un alto rischio di fornitura, in quanto concentrate in pochi o singoli Paesi, spesso dalla governance instabile, e ritenute fondamentali per numerose attività industriali e per assicurare la transizione ecologica. Le turbine eoliche, i pannelli fotovoltaici o le batterie delle auto elettriche richiedono infatti una grande quantità di minerali e metalli preziosi e non particolari, con una domanda in continua crescita, tant’è che si stima che nel 2030 l’Europa avrà bisogno di 18 volte più di litio e 5 volte più di cobalto rispetto ai livelli attuali per la fabbricazione di batterie per i veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia [2]. L’elenco delle materie prime critiche è in continuo aggiornamento da parte della Commissione europea. La prima lista è stata presentata nel 2011 e conteneva solo 14 materie prime considerate critiche; l’ultima è stata pubblicata nel 2020 e ne comprende 30 [3]. Di queste, finora in Italia ne abbiamo estratto appena due, il feldspato, usato dall’industria ceramica ed estratto in una ventina di siti, e la fluorite, essenziale per gli acciai, l’industria del vetro, i semiconduttori e l’elettronica, proveniente da appena due miniere. Per quel che riguarda il futuro, l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha già localizzato giacimenti di materie prime un po’ ovunque lungo tutto lo Stivale, dal rame nell’Appennino ligure al manganese in Liguria, dal tungsteno in Calabria al cobalto in Sardegna, dal magnesite nelle Prealpi venete al titanio nel savonese, dalle bauxiti in Puglia alla celestina in Sicilia [4], tanto per citarne solo alcune. E presto verranno rilasciate le autorizzazioni ministeriali per iniziare a scavare nuove gallerie o aprire nuove miniere per tirare fuori dal cuore del pianeta quanto più materiale possibile da sacrificare sull’altare dei sempre più crescenti bisogni energetici nazionali ed europei.   

Ma l’Italia non si ferma neppure davanti al mare, volendo continuare a scavare anche ben oltre il limite delle sue coste, assumendo però sul punto una posizione ambigua. Con un trasformismo degno di Fregoli, i nostri stanno giocando sul punto una duplice partita, svolgendo da una parte un ruolo chiave nell’attività di deep sea mining all’interno dell’Isa, l’International seabed authority, organismo dell’Onu col compito di regolamentare le estrazioni minerarie nei fondali marini, e dall’altra puntando a difendere l’ambiente marino contro queste nuove e pericolose attività estrattive, come del resto ha pure sottolineato Greenpeace [5]. Ma cos’è il deep sea mining? Si tratta dell’attività di estrazione mineraria in acque profonde, la nuova corsa all’oro che minaccia mari e oceani e che potrebbe presto spazzare via interi, delicati ecosistemi marini e le specie che li abitano. Immaginiamo un po’ delle macchine gigantesche calate a migliaia di metri nel mare per setacciare a tappeto i fondali incontaminati ed estrarre i metalli che servono all’industria moderna, sempre più affamata di nuove materie prime, invadendo così prepotentemente un ecosistema delicato e prezioso con luci, rumori, scuotimenti, nubi di detriti sollevate in altro per centinaia di metri, distruggendo tutto ciò che incontrano e facendo danni irreparabili. Il deep sea mining non è ancora regolamentato a livello di diritto internazionale, ma già le aziende specializzate si stanno preparando per ottenere presto le concessioni di estrazione mineraria in acque profonde e così invadere con le loro macchine i mari e gli oceani. Sappiamo da tempo che gli abissi marini sono ricchi di metalli preziosi, necessari a produrre batterie per automobili, telefoni, computer e armi, che fanno gola alle aziende che, dopo la superficie, pensano adesso di trivellare anche gli oceani, pur di guadagnare sempre più soldi. E tra queste imprese ci sono pure alcune società italiane che mirano ad entrare in questo nuovo, lucroso business, come Leonardo, Saipem e Fincantieri. Saipem e Fincantieri già nel 2020 hanno raggiunto un’intesa di collaborazione, con la quale si impegnano ad analizzare le potenzialità economiche del deep sea mining, mentre Leonardo e Fincantieri tre anni dopo hanno sottoscritto un accordo per avviare un partenariato strategico su ampia scala, comprensivo anche delle “attività estrattive sul fondale marino per l’accesso a risorse minerarie preziose” [6]. Nulla di concreto ancora, ovviamente, ma già si stanno registrando movimenti strategici in quella direzione e un grande interessamento per questa nuova industria estrattiva. Secondo gli scienziati, però, estrarre minerali dai fondali oceanici appare estremamente rischioso, perché gli impatti per l’ambiente e l’ecosistema sono ancora molto difficili da prevedere e stimare, oltreché molto oneroso. Tale attività produrrebbe infatti sottacqua tali sommovimenti dipendenti da rumori, luci, scuotimenti, nubi di sedimenti che potrebbero sconvolgere la vita sottomarina, rendendo balene, tonni e squali disorientati; inoltre, l’estrazione mineraria subacquea profonda potrebbe pure interferire con i processi naturali che regolano il nostro clima, aggravando la già critica realtà odierna. Nello scorso mese di gennaio però la Norvegia si è già portata avanti col lavoro, autorizzando l’estrazione mineraria sottomarina in un’area vasta quanto la nostra Penisola, posta tra l’Artico, le Svalbard, la Groenlandia, l’Islanda e l’isola di Jan Mayen, anche se i lavori di trivellazione dei fondali non sono - per fortuna - ancora iniziati. 

Quanto all’Italia, la discussione sul punto è ancora aperta e se il ministro della protezione civile e delle politiche del mare Nello Musumeci si dichiara favorevole a questa nuova industria, a patto però che sia garantita la tutela dei fondali marini, senza spiegare però come, il collega del Ministero delle imprese e del made in Italy Adolfo Urso afferma invece che nella legge sulla blue economy ci sarà spazio per tutte le industrie che lavorano con il mare, comprese quelle che puntano anche alle estrazioni sottomarine, mentre il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha manifestato la necessità di approfondire le conoscenze scientifiche e di avere un approccio ecosistemico per lo sfruttamento delle risorse minerarie nelle zone di alto mare. Come abbiamo visto il nostro Governo sembra oscillare tra più posizioni, tra la volontà di tutelare il mare, considerato importante fonte di approvvigionamento alimentare e indiscusso volano di sviluppo e sostegno del turismo nazionale, e la necessità di non fare perdere alle imprese nazionali l’occasione di entrare nel nuovo business economico del deep sea mining [7]. Ma esso dovrà ad un certo punto decidere da che parte schierarsi. Per intanto 32 nazioni hanno già chiesto di fermare le estrazioni minerarie in alto mare. È vero, sono ancora pochine, ma dimostrano che sta aumentando la consapevolezza degli impatti distruttivi che questa nuova industria estrattiva potrà avere sull’ecosistema marino aggredito da questa nuova attività. Infine, bisogna ricordare che al termine della 29esima sessione dell’Isa, chiusa il 2 agosto a Kingston, in Jamaica, è stata eletta come nuovo segretario generale Leticia Carvalho, una oceanografa favorevole alla protezione degli ecosistemi marini, mentre è stato pure inserito in agenda un punto per una politica generale per la protezione dell’ecosistema marino, che potrebbe aprire un varco verso una pausa precauzionale o una moratoria del deep sea mining, mentre i delegati italiani presenti hanno sostenuto la necessità di definire un codice minerario prima di iniziare le attività estrattive negli abissi marini. Non è molto e non consente ancora di affermare che siamo usciti dalle nostre ambiguità, ma è pur sempre meglio di niente [8].

Note:

[1] Si tratta del d.l. 25 giugno 2024, n. 84, conv. l. 8 agosto 2024, n. 189.

[2] Fonte: Ministero delle imprese e del made in Italy (https://www.mimit.gov.it/it/impresa/competitivita-e-nuove-imprese/materie-prime-critiche/materie-prime-critiche) e Iea, International Energy Agency (https://www.iea.org/reports/global-critical-minerals-outlook-2024).

[3] L’elenco è pubblicato in: https://www.mimit.gov.it/images/stories/documenti/Elenco_delle_materie_prime_critiche_-_lista_2020.pdf.

[4] https://www.corriere.it/economia/finanza/24_agosto_08/l-italia-torna-in-miniera-dal-cobalto-in-piemonte-al-litio-in-toscana-lazio-e-campania-dove-sono-i-giacimenti-d4d30e4c-d618-426e-82f6-4d0d00ea1xlk.shtml?refresh_ce.

[5] https://www.greenpeace.org/static/planet4-italy-stateless/2024/06/a96bc39f-deepseamining_media-briefing-3.pdf.

[6] https://lagiustizia.net/il-nuovo-far-west-e-in-fondo-agli-oceani-italia-in-prima-linea/?sfnsn=scwspwa.     

[7] https://www.greenpeace.org/italy/comunicato-stampa/23888/deep-sea-mining-nuova-indagine-greenpeace-governo-diviso-fra-tutela-e-sfruttamento-bisogna-fermare-sul-nascere-le-estrazioni-minerarie-negli-abissi/.

[8] https://www.greenpeace.org/italy/comunicato-stampa/24369/negoziati-deep-sea-mining-salgono-a-oltre-30-le-nazioni-che-si-oppongono-alle-estrazioni-minerarie-in-alto-mare/; https://www.isa.org.jm/news/isa-assembly-concludes-its-twenty-ninth-session/.

20/09/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://pixabay.com/it/photos/data-mining-escavatore-estrazione-1736293/

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L'Autore

Ciro Cardinale

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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