L’incredibile vicenda del generale libico prima arrestato e poi scarcerato

Ha dell'incredibile la vicenda del generale libico Almasri, arrestato a Torino perché colpito da un mandato di cattura della Corte penale internazionale e poi liberato dopo un paio di giorni per un cavillo giuridico o una ragione di Stato. 


L’incredibile vicenda del generale libico prima arrestato e poi scarcerato

Ha davvero dell'incredibile la vicenda del generale libico Almasri, prima arrestato a Torino perché colpito da un mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale e poi liberato dopo un paio di giorni per un cavillo giuridico (o una ragione di Stato?) e riportato in patria, addirittura a bordo di un aereo della presidenza del Consiglio dei ministri con tante scuse di contorno. Ma che è successo? Per coloro che si sono persi le puntate precedenti, proviamo qui a ripercorrere brevemente le tappe di questa inimmaginabile vicenda, così come l’ha raccontata la stampa. 

Domenica 19 gennaio è stato arrestato a Torino Najeem Osema Almasri Habish, conosciuto anche come Almasri, capo della polizia giudiziaria libica e responsabile della prigione di Mitiga, a Tripoli, dove sono rinchiusi anche i migranti che cercano di lasciare le coste africane per l'Europa, colpito da un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità spiccato dalla Corte penale internazionale dell’Aja. Ma appena 48 ore dopo, martedì 21 gennaio, l'uomo è stato rilasciato e riaccompagnato a bordo di un aereo di Stato in Libia, dove è stato accolto con grandi onori. Nel mezzo ci sono concitate ore decisive che hanno portato a questo allucinante epilogo, che ha sollevato le ire delle opposizioni in Parlamento, che hanno chiesto le dimissioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio e alla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni di riferire in aula al più presto. 

Come documentato da varie organizzazioni non governative, nelle carceri libiche i migranti africani in fuga per la libertà verso l’Europa e arrestati sono trattati in maniera brutale; Almasri, quale responsabile della prigione di Mitiga, è accusato dalla Corte internazionale di essere stato l’autore diretto o il responsabile per altri di una serie di gravi crimini, quali omicidi, torture, stupri e violenze sessuali commessi sui migranti fin dal febbraio 2015. Sulla base di questi capi d’accusa, la Corte dell’Aja ha allora spiccato un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti, la cui esecuzione è demandata a quei paesi, come l'Italia, che hanno aderito alla Statuto di Roma istitutivo della Corte e che, in forza di quell'ordine, possono arrestare Almarsi ovunque si trovi, cosa che è accaduto proprio il 19 gennaio a Torino, dove l'uomo era arrivato per vedere la partita Juventus-Milan. Una volta tratto in arresto, il generale è stato messo a disposizione delle autorità giudiziarie nazionali e internazionali, ma qualcosa a questo punto non ha funzionato a dovere. Secondo quanto previsto dalla legge italiana che disciplina la cooperazione del nostro paese con la Corte dell’Aja, spetta al ministro della Giustizia eseguire le richieste formulate dalla Corte, trasmettendole al procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma perché si proceda. È però accaduto che il 21 gennaio, quindi 48 ore dopo il suo arresto, Almasri è stato rilasciato e riportato in Libia, perché la Corte d'appello della capitale non ha convalidato il suo arresto considerandolo irrituale, poiché non preceduto dal prescritto intervento del ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte dell’Aja, nonostante fosse stato investito della vicenda già il giorno prima. Quindi per i giudici italiani il motivo del rilascio di Almasri sarebbe la mancata, doverosa risposta che Nordio avrebbe dovuto dare al procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma su cosa fare del libico arrestato. Senza la risposta del ministro, ai magistrati non sarebbe rimasto altro da fare quindi che scarcerare Almasri. A questo punto dobbiamo chiederci perché da via Arenula, sede del Ministero della giustizia, non hanno risposto ai giudici romani circa il comportamento da tenere nei confronti del detenuto, trasformando così tutta la vicenda, che si sarebbe potuta chiudere in poche ore, in una querelle politica, con le opposizioni scatenate contro il Governo per l'inerzia di Nordio, del quale è stata chiesta la testa.  

E così, a pochi giorni di distanza della scarcerazione dell'iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, accusato dagli Usa di essere un trafficante di droni militari, usato come merce di scambio per riavere indietro la nostra connazionale Cecilia Sala, l'Italia si è trovata impastoiata in un’altra trattativa politica internazionale dai contorni sicuramente poco trasparenti. Ma almeno nel caso Abedini bisognava rispettare un patto d’onore con Teheran per avere in cambio Sala, mentre per il caso Almasri non sappiamo cosa ci sia dietro. Forse si voleva evitare di complicare ulteriormente la già delicata cooperazione italo-libica di contrasto all’immigrazione, nonostante i gravi crimini commessi dal libico arrestato? 

Dopo ore di silenzio il Governo ha alla fine deciso di intervenire in Senato al question time di giovedì 23 gennaio, scaricando però tutto sulle spalle della magistratura internazionale, chiedendosi perché mai il generale libico, già in giro per l’Europa da giorni, sia stato fermato solo in Italia. 



24/01/2025 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Ciro Cardinale

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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