Si possono fare alcune semplici riflessioni inerenti il futuro prossimo, con particolare riguardo alla società occidentale in cui viviamo nella quale si è assistito, negli ultimi decenni, ad una progressiva diffusione in tutti gli strati sociali di un certo modello di consumo, in cui viaggi, spettacoli, "cultura" e "grandi eventi" hanno avuto un peso crescente a livello di stile di vita e di giro d'affari: il solo turismo costituisce oggi il 13% del PIL italiano, cui va aggiunto l’indotto e senza contare l’industria “culturale”, cinema, spettacoli, teatro, fiere e grandi eventi.
Si pensi al prezzo del biglietto degli aerei ridottosi progressivamente con la nascita di compagnie aeree low cost, con sedili sempre più ravvicinati e posti riempiti sempre al 100% (e oltre, con l’overbooking), alla diffusione delle crociere a prezzo “abbordabile”, ai pacchetti turistici economici, all'incremento dell'offerta dei treni ad alta velocità. Le società di trasporto aereo, marittimo, su strada, su rotaie, ecc. come pure l’industria dello spettacolo, culturale e del turismo, hanno puntato sull’economia di scala, sull’aumento dell’offerta, e sull'occupazione completa dei posti disponibili anche ricorrendo alla diffusione di appositi software, alle promozioni e al last minute, riducendo così le tariffe.
Per questo sempre più persone possono “permettersi” di assistere a spettacoli, partecipare ad eventi ed effettuare viaggi e vacanze nelle località balneari e montane o nelle città d'arte maggiori e minori in Italia e all'estero. Come pure si sono moltiplicati spettacoli quali concerti, sia rock sia classici, balletti di danza classica e contemporanea di vario genere e nemmeno definibili in una semplice categoria. Ad esempio, si sono diffusi proprio negli ultimi anni fast-mostre di pittori celebri, cosiddette “The Experience”, come quella, una delle prime, che ci fu a Roma qualche anno fa su Van Gogh presso il Palazzo degli Esami, in cui ai dipinti reali sono sostitute proiezioni sul muro e su grandi tele e il percorso è accompagnato da musica suggestiva, di grande effetto: lo “spettacolo” dura massimo 50 minuti, il pubblico non fatica, si rilassa, è soddisfatto e deve lasciare presto il posto al turno successivo, come al cinema. Sebbene questo vada necessariamente a discapito della conoscenza approfondita, non si può trascurare il beneficio dato dal fatto che tutti si avvicinino all’arte e alla cultura; e molti eventi di massa sono di indubbia qualità, come ad esempio il “Viaggio nei Fori” a Roma -che richiama da qualche anno decine di migliaia di visitatori-, una visita itinerante in cui tra musica e proiezioni di grande effetto che riproducono una ricostruzione degli edifici una volta presenti, si ascolta una descrizione accessibile, ma valida e anche particolareggiata, con la voce del noto giornalista scientifico Piero Angela.
Inoltre, come tutti osserviamo, in tutte le città e nelle località turistiche, alla ristorazione tradizionale, che pure è cresciuta, si sono aggiunti ristoranti fast food, etnici, tematici, come pure gelaterie, friggitorie e quant'altro. Ormai da anni, nei musei, eccetto quelli minori, per entrare ci si deve rassegnare a lunghe file: alla Galleria Borghese occorre prenotarsi on-line con diverse settimane di anticipo, così come se si vuol visitare una mostra di qualche pittore famoso o qualche palazzo o giardino storico, come quello dell'Accademia di Francia a Roma o della residenza papale a Castel Gandolfo. L'industria del divertimento riempie villaggi vacanze all-inclusive al mare o in località sciistiche.
Ora ci si deve chiedere che cosa avverrà nei prossimi anni in seguito all'epidemia ancora in corso? Attualmente è in atto il "distanziamento sociale" per cui i mezzi di trasporto, i ristoranti, i bar, tutti i locali, non possono che ricevere un numero molto ridotto di persone. Cinema e teatri, come pure stadi, eventi sportivi e parchi di divertimento per bambini e ragazzi (ma fino ad oggi pieno anche di "giovani" cinquantenni) ancora non hanno riaperto da quando è iniziato il lockdown.
Tutti ripetono che "dobbiamo cambiare le nostre abitudini" per molti mesi, forse anni, fino all'arrivo del vaccino, se mai arriverà, e forse per sempre, prospettando anche che altre pandemie attraverseranno il nostro pianeta negli anni a venire. Per cui si dice che dovremo "imparare a convivere con il virus". In realtà, questo "cambiare le nostre abitudini" serba, a livello sociale, scenari particolarmente inquietanti, fin troppo ovvi, ma per ora del tutto trascurati dai media, che pure non smettono mai di parlare delle misure anti Covid19 e di quanto dovremo "riadattare" le nostre abitudini. Mi riferisco al fatto che la naturale conseguenza della notevole riduzione dei posti a sedere negli aeroplani, nei treni ad alta velocità, nei traghetti e nei pullman turistici non può non determinare un imponente aumento dei prezzi. Lo stesso può dirsi dei ristoranti, dei cinema, dei teatri, degli stadi, degli alberghi, dei parchi di divertimento, dei musei, degli auditorium, dei villaggi turistici, delle fiere, dei grandi eventi e in pratica di tutta l'industria turistica e dello spettacolo. Stabilimenti e posti ombrelloni non saranno più a prezzi “accessibili”, in quanto ci saranno meno posti a disposizione, mentre le spiagge libere, se ancora esisteranno, saranno contingentate e sottoposte a turnazione per cui in sostanza per le masse la vacanza al mare, salvo qualche breve turno di poche ore presumibilmente preceduto da lunghe file, sarà un “ricordo dei bei tempi andati”.
Ciò significa quindi che tutto questo settore, fino a ieri accessibile alle masse, ovvero al proletariato in generale, sarà prerogativa delle classi abbienti, sarà un consumo elitario, "esclusivo", spettante solo alla borghesia e ai possessori di rendite e patrimoni, come in fondo era fino al XIX secolo, quando al teatro si recava solo la nobiltà e la borghesia più elevata (alla media e piccola borghesia spettavano i posti a sedere più "popolari", quelli in fondo). Se ciò avverrà, si prospetta di fronte a noi un cambiamento epocale: fino ad ora si era andata sempre più sviluppando l'industria turistica, culturale e dello spettacolo usufruita dal proletariato, determinandosi da una parte un settore in cui si sono collocati i capitali in cerca di profitti, dall'altro uno stile di vita promosso dalla pubblicità e dall'ideologia contemporanea con ruolo di “sfogo” e appagamento dalle insoddisfazioni della vita quotidiana, in pratica un efficace "oppio dei popoli", in sostituzione della religione, ormai ridotta anch'essa al più a "spettacolo" e integrata a pacchetti turistici (si pensi al cammino di Santiago de Compostela o alla messa di Natale a San Pietro e via dicendo).
Se la pandemia si spegnerà nei prossimi mesi, come pure è abbastanza probabile oltre che auspicabile, è anche possibile che questo stravolgimento delle misure prescritte sarà stato solo un fuoco di paglia, con risvolti sociali forse limitati; tuttavia, se il virus rimarrà in circolazione oppure se riprenderà nella stagione autunnale come molti paventano, i suddetti cambiamenti diverranno strutturali e forse permanenti: saranno ridisegnati i posti a sedere in tutte le "location" e nei mezzi di trasporto e sarà tutto ciò, in buona parte, irreversibile. Nei cinema, come nei teatri, nei ristoranti, i posti a sedere saranno decimati e distanziati. A quel punto i sedili di un cinema potranno essere sostituiti da poltrone e tavolinetto per il consumo di bevande e vi saranno settori di 3 o 5 posti separati dal resto, da acquistare insieme per gruppi e famiglie benestanti. Saranno luoghi di lusso, accessibili a pochi. Aeroplani e treni ad alta velocità subiranno le stesse trasformazioni strutturali. Situazione analoga può immaginarsi anche per le palestre e le piscine: fare un corso in palestra o sala pesi avrà il prezzo dell’attuale affitto di un campo da tennis.
Discorso diverso per i trasporti pubblici (per i quali si prevede certamente un abbattimento dei posti all’interno di ciascuno spazio), i quali non costituiscono un consumo comprimibile per il lavoratori, anche se aumenterà di certo lo spostamento con mezzo privato. Tuttavia il mezzo privato intasa il traffico e ha un costo elevato: probabilmente aumenteranno gli spostamenti a piedi, con motorini e bicicletta (aumenteranno gli incidenti?). Con meno passeggeri nei mezzi di trasporto, i costi aumenteranno. Si può prevedere che in parte saranno aumentati i prezzi dei biglietti e in parte i trasferimenti di denaro pubblico dallo Stato alle società di trasporto. Il proletariato pagherà l’aumento del costo dei mezzi di trasporto mediante i biglietti e mediante le imposte. Stesso discorso può dirsi della sanità, che richiede maggiori posti letto e personale, per far fronte alle emergenze epidemiche, e della scuola, qualora si dovessero aumentare gli spazi procapite in virtù della distanza sociale necessaria. L’università sarà ovviamente solo per i figli della borghesia.
Insomma al proletariato verrà forse chiesto quello che oggi viene citato come “qualche sacrificio”, ovvero fondamentalmente a rinunciare al consumo voluttuario in tema di divertimenti, viaggi e cultura, per aver garantito, si spera, un pasto, cure mediche e spostamento casa-lavoro. Ma sempre in cambio di tante ore di lavoro e ore di viaggio casa-lavoro. E la disoccupazione aumentata, dovuta anche alla riduzione del settore di cui stiamo parlando, sarà un’altra arma per contenere i salari e intimidire i lavoratori.
Se poi, e si entra in un altro discorso, ai bambini sarà imposto il distanziamento sociale a livello permanente, questi struttureranno la loro personalità in una maniera completamente differente da quella che abbiamo conosciuto noi fino ad oggi. Saranno ancora capaci le nuove generazioni di confrontarsi empaticamente con gli altri esseri umani ad un livello per noi considerato "normale"? Saranno capaci di associarsi, di cooperare, di lavorare in squadra, o in team, come tanto piace dire oggi, e saranno capaci di organizzarsi come classe per abbattere il sistema capitalistico che li ha ridotti in meri strumenti di valorizzazione del capitale, ovvero a macchine ?
Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni