di Stefano Galieni
Tempi duri attendono un Paese come l’Italia dove lo sdoganamento del razzismo è divenuto ormai negli anni elemento di tale consenso da venire scavalcato a destra dalle istituzioni. Si diffonde la sindrome dell’invasione, dei virus, del terrorismo islamico, del lavoro e dei servizi rubati, senza che a questo corrisponda un contraltare di formazione delle coscienze. Non si tratta più solo di lanciare messaggi solidali ma di denunciare un enorme imbroglio di cui anche i nostri settori sociali di riferimento finiscono spesso con l’essere soggetto attivo. Saranno le periferie abbandonate delle metropoli, il timore che incute una microcriminalità a volte gestita da cittadini provenienti da altri paesi. Sarà la paura dei “poveri” e il voler definire in una categoria altra e aliena coloro che sono esclusi dalla condizione di cittadini a pieno titolo ma è tutto un proliferare di leggi e leggine, ordinanze cittadine e decreti di governo che si avventano su un unico bersaglio. Va fatta quindi un’opera di semplice controinformazione per svelare alcune semplici verità.
Le occupazioni delle case, che coinvolgono migranti, giovani coppie autoctone, nuovi poveri, anziani, non possono essere il pretesto per chiedere ordine e pulizia ma un piano casa che, invece di negare la residenza a chi occupa “abusivamente” consenta o la realizzazione di edilizia popolare o la requisizione e l’auto – recupero di edifici abbandonati che debbono essere destinati a chi ne ha bisogno indipendentemente dalla propria provenienza geografica. E ancora, le fobie come malattie e terrorismo: far comprendere come chi arriva in Europa, soprattutto nei barconi della morte, arriva sano e fugge da quei terrorismi spesso alimentati dagli stessi che oggi dicono di volerlo combattere. Da rompere poi il mito dell’invasione. Dei 155 mila profughi sbarcati in Italia nel 2014 il 30% ha scelto, o più spesso è stato costretto, di restare in questo Paese che nulla offre. Si cerca di andare fuori, sfidando il regolamento di Dublino e le restringenti normative europee. Da questi giorni due elementi potrebbero, in questa specifica questione, che non riguarda direttamente i 5 milioni di cittadini stranieri presenti regolarmente sul territorio nazionale, potrebbero cambiare.
Un allegato di un dispositivo emanato dal Ministero dell’Interno, in data 26 settembre, autorizza l’uso della forza per procedere all’identificazione e alla raccolta delle impronte di chi sbarca. Un modo per condannarli a restare in Italia (l’Europa lo vuole) e per procurare altre vessazioni e abusi. Nel frattempo ad inizio novembre, ha concluso il suo anno di vita l’operazione Mare Nostrum, con cui il governo italiano ha reagito all’ecatombe del 3 ottobre 2013 a Lampedusa. Mare Nostrum era insufficiente, lasciava inalterato il potere dei trafficanti di esseri umani e aveva il solo pregio di arrivare nei pressi delle coste libiche. Da questi giorni parte la missione Triton che ha come scopo quello di controllare i confini, altro che ricerca e salvataggio e i cui mezzi, minori rispetto a Mare Nostrum, non potranno andare oltre le 30 miglia marine fuori dai confini terrestri europei.
Una condanna a morte annunciata per coloro che riprenderanno il mare quando il tempo lo permetterà. Avremo altre lacrime da coccodrillo da spargere e affari lucrosi da fare su chi, nonostante tutto, giungerà nei nostri porti. Il Ministro Alfano, mostrando ancora una volta totale incompetenza ha proposto ai rifugiati di chiedere asilo nei paesi da cui fuggono. Ma dove? Dalla Libia, dalla Siria, dall’Iraq o dal Corno d’Africa? Dove le ambasciate e gli uffici dell’Unhcr non possono svolgere il proprio lavoro e dove regna la corruzione? E comunque va ribadito che chiamare “invasione” la presenza di 150 mila esseri umani, spesso vulnerabili, in un continente di 500 milioni di abitanti, è solo una immensa menzogna che non dobbiamo lasciar passare come verità.