L’immigrato diventa il capro espiatorio funzionale al mantenimento del consenso e all’esercizio del potere mediante una nuova strategia del terrore
di Angelo Caputo e Silvia Simbolotti
La crisi finanziaria che stiamo attraversando ha mostrato il suo vero volto: è l'ennesima crisi economica intrinseca al capitalismo che fra l’altro favorisce conflitti a livello internazionale.
Il processo di valorizzazione del capitale incontra sempre maggiori difficoltà, i poli imperialistici evidenziano la necessità di accaparrarsi maggiori mercati e risorse energetiche, il capitale agisce su scala globale e le imprese, per mantenere un tasso di profitto adeguato, sono costrette ad aumentare il ritmo e le ore di lavoro per ridurre il tempo di produzione, riducendo giorno dopo giorno i diritti dei lavoratori e potenziando la ricattabilità sul posto di lavoro . Tutto ciò, in Italia, è aggravato dall'assenza di una coscienza di classe, e perciò gli oppressi, gli sfruttati, i lavoratori tendono a dividersi e appaiono sordi all'imperativo del Manifesto “lavoratori di tutto il mondo unitevi”.
Il capitalismo, inteso come modello economico volto ad aumentare il profitto, ha la necessità di rimpiazzare la manodopera più cara con quella più economica: uomini con donne, adulti con adolescenti (si pensi al tirocinio, nient'altro che lavoro gratuito legalizzato), cittadini con clandestini. L'obiettivo è costringere i lavoratori a svendere la propria forza lavoro; rendendo l'offerta di lavoro a buon mercato si innesca la concorrenza e si crea il cosiddetto esercito industriale di riserva: lavoratori momentaneamente non attivi, o attivi solo parzialmente, che finiscono per essere utilizzati come strumento di ricatto nei confronti dei lavoratori “garantiti”. Dunque, quanto maggiore è la valorizzazione del capitale e l'innovazione tecnologica tanto più nutrito è l'esercito di riserva.
Al giorno d'oggi in Italia le classi dominanti intendono favorire lo scontro tra immigrati e cittadini. La maggior parte della popolazione italiana associa ormai la figura dell'immigrato a quella dei barconi carichi di clandestini, facendo propria l'immagine proposta dai mass media. In realtà solo il 5% dei clandestini giunge in Italia attraverso il mare, la maggioranza arriva con altri mezzi, tramite visto turistico. Del resto, i primi paesi da cui emigrano verso l'Italia gli extracomunitari sono l'Ucraina, l'Albania, il Marocco, la Cina, le Filippine e la Moldavia. Stati in cui l'Italia viene presentata come il paese dei balocchi, una nazione benestante, ricca, dove le persone vengono ospitate nei programmi televisivi e vincono milioni. Ciò dimostra la strumentalizzazione innescata dai mass media che, in barba alla verità, focalizzano l'attenzione sui barconi e il successivo fermo presso i “lager” di Lampedusa, Puglia e Calabria, più comunemente detti CIE. Un esempio lampante di stereotipizzazione dell'immigrato lo ha offerto la cronaca romana dinnanzi alla distruzione, pochi mesi fa, dell'insediamento eritreo di Ponte Mammolo, in zona Tiburtina. A seguito della demolizione dei container che ospitavano intere famiglie da anni, creando una vera e propria città ghetto davanti al parcheggio della stazione metropolitana, la comunità del corno d'Africa, rimasta senza casa e senza averi, vive ormai frammentata per le strade del quadrante est della città.
In tal modo si ignorano le necessità e i reali motivi che hanno spinto le varie comunità del corno d'Africa ad affrontare simili viaggi di fortuna, e non si considera che l'Italia è tutt'altro che la meta finale; la penisola è solamente il primo lido a cui approdare per ragioni geografiche gli immigrati, e da cui ripartire alla volta degli stati europei dove, magari, vivono già i propri amici e familiari.
È facile comprendere, quindi, che l'immigrato è funzionale al sistema odierno per la massimizzazione del profitto: egli permette di ridurre il livello salariale poiché lavora più ore e percepisce una minore retribuzione (salario diretto), diminuisce il costo del salario indiretto (l'accesso ai servizi sociosanitari) e di quello differito (sistema pensionistico). E' noto che gli immigrati sostengano il sistema pensionistico italiano pagando i contributi all'INPS, ma non riescono quasi mai ad ottenere una pensione degna, vuoi perché ritornano in patria, vuoi perché entrano ed escono dal mondo del lavoro. O pensiamo allo scandalo dello scorso anno denominato Mafia Capitale che ha smascherato quanto i servizi di assistenza destinati agli immigrati siano spesso utilizzati per finanziare una schiera di politici che magari fanno del razzismo la base della propria carriera.
Ciò che consegue a livello di relazioni umane è la guerra tra i poveri. I più, ovvero i meno coscienti sono preda di luoghi comuni, generalmente rilanciati dai mass media: “gli immigrati ci rubano il lavoro, hanno più diritti e servizi di noi cittadini, sono sporchi, portano le malattie”. Ci sembra calzante citare a questo proposito una scena del film Sbatti il mostro in prima pagina. Il caporedattore rifiuta il titolo dell'articolo proposto ingenuamente dal giovane apprendista: “Disperato Gesto: si brucia vivo disoccupato padre di 5 figli”: A suo parere, non si può pubblicare un titolo così sincero, diretto e crudo, la realtà va mistificata dai giornali, bisogna sostituire l'accostamento polemico delle parole disperato e disoccupato, sarebbe meglio scrivere: “Drammatico suicidio di un immigrato” in questo modo si sottintendono varie informazioni: è padre, ha cinque figli, è calabrese. E conclude suggerendo di sostituire la parola licenziato con rimasto senza lavoro.
Ai governi insomma fa comodo mantenere l'opinione pubblica nell'ignoranza, fomentarne determinate visioni tramite i mass media che spingono subdolamente alla fratricida guerra fra poveri, con il solo fine di distogliere l'attenzione comune dal problema principale: la crescente ricattabilità sul posto di lavoro, l’esigenza di massimizzare i ritmi di lavoro e l’imposizione di salari minimi. Il secondo passo verso la costruzione “dell'altro” come un nemico è far sempre più leva sul sentimento di appartenenza ai paesi dominanti, sviluppando e alimentando pregiudizi religiosi, culturali e nazionalisti. Diceva a tal proposito Malcom X: “i mezzi di comunicazione hanno il potere di far amare i propri oppressori e odiare i propri fratelli”.
Il pregiudizio per cui l'altro, il diverso, diviene l’inferiore, il nemico, si insinua in tutti i livelli della popolazione e della società, anche fra gli stessi immigrati: i polacchi sono spesso contro i neri, i rom di provenienza rumena spesso contro quelli bosniaci, i musulmani sunniti contro quelli sciiti; è così che agiscono i governi, utilizzando lo strumento dei mezzi di comunicazione: manipolano artificiosamente il sentire comune per frammentare l'unità della classe, per spezzettare il fronte dei lavoratori che, come la storia ci ha mostrato più volte, fa paura a chi detiene il potere. L'immigrato diventa il capro espiatorio funzionale al mantenimento del consenso e all'esercizio del potere mediante la strategia della paura.
Del resto gli “stranieri” sono divenuti un fattore essenziale ed imprescindibile nel modello socioeconomico del capitalismo. L'aumento dell'esercito di riserva è direttamente proporzionale all’aumento dei profitti. Come denunciavano gli autori del Manifesto del partito comunista l’accumulazione della ricchezza all'uno dei poli innesca l'accumulazione della miseria, l’angoscia per il lavoro, la schiavitù, l’ignoranza, l’abbrutimento e la degradazione morale al polo opposto. La crescita della miseria è proporzionata all'accumulazione della ricchezza.
Altro dato da considerare è che l'imperialismo punta “sull'occidentalizzazione degli immigrati colti”. In tal senso agiscono le proposte di stage, progetti internazionali, master. La maggior parte degli stranieri residenti in Occidente ha un livello di scolarizzazione più alto della media dei propri connazionali rimasti nel paese natio, e proprio su di loro le famiglie hanno riversato le proprie speranze ed investito per il futuro: è stato scelto il figlio più dotato, formato e appropriato a partire. E una volta qui queste giovani menti vengono comunque assunte come manodopera a basso costo. Sembra valere il principio della merce: ricercare l'alta qualità, ma pagare il costo più basso.
L'appartenenza a un ceto medio-superiore nella struttura sociale del paese di provenienza e il fatto che non vivono quotidianamente il contesto originario, fa sì che per lo più questi immigrati sviluppino a livello politico idee tendenzialmente conservatrici rispetto alle dinamiche politiche dei loro paesi di provenienza.
L'egemonia di cui oggi gode il nostro governo si fa via via più precaria, così quando l'attuale classe dirigente dovrà chiedere ulteriori sacrifici ai lavoratori italiani, per pagare la crisi finanziaria che essa stessa ha prodotto, quali strumenti adopererà per continuare a mantenere il consenso dei cittadini? Una nuova strategia della tensione potrebbe ancora una volta essere utilizzata come arma per preservare l'egemonia delle classi dominanti.
È ormai evidente che l'attacco alle torri gemelle dell'11 settembre è stato reso funzionale a rivitalizzare il capitalismo statunitense ormai in declino. L'imperialismo statunitense esigeva la vendita e l'utilizzo delle armi prodotte, necessitava nuovi mercati e l'accaparramento di risorse energetiche, reso possibile dalla conseguente “guerra al terrore”.
Del resto la crescente crisi rende necessario distogliere l'attenzione dei cittadini dalle contraddizioni reali, di classe, mediante la creazione di un nuovo nemico assoluto, per combattere il quale è necessario ricompattarsi a sostegno dell’ordine costituito. Così ci viene costantemente ricordato dai mezzi di informazione di massa che il nostro paese sarebbe inserito nella lista dei prossimi attacchi terroristici. Purtroppo per i subalterni all'orizzonte non si intravede nulla di buono; se ieri la strategia della tensione è stata utilizzata per sconfiggere i movimenti sociali e rivoluzionari, oggi lo spettro del terrorismo è lo strumento adoperato per farci digerire, perfino auspicare, un nuovo bonapartismo, per farci accettare addirittura una “nuova guerra santa”.