La Città Futura esprime massima solidarietà al cronista Davide Falcioni indagato per aver descritto e raccontato la verità dei fatti accaduti durante il presidio in una sede della Geovalsusa S.r.l. LCF difende con forza il diritto di cronaca e condanna tutte le forme d’intimidazione verso la libertà di stampa. I maxi processi istituiti contro i militanti No Tav per "terrorismo" e le accuse di "istigazione a delinquere" con chi solidarizza, come Erri De Luca, sono un segnale della paura dei poteri politico-economici nei confronti di un movimento forte ed esteso alla maggioranza della popolazione della Val di Susa.
Davide al tempo del reportage che hai realizzato in Val Susa lavoravi per Agoravox. Ci racconti brevemente cosa è successo in quell’estate e cosa è accaduto durante il presidio alla Geovalsusa s.r.l.?
Mi recai in Val di Susa d'accordo con AgoraVox. Ero appena tornato da un'esperienza lavorativa con la redazione parigina del giornale e avevo scritto svariati articoli sul Movimento No Tav, osservando contestualmente le attività del comitato francese che stava muovendo i primi passi a Parigi. Avevo intenzione, quindi, di raccontare "da dentro" una lotta popolare e così raggiunsi il campeggio di Chiomonte, dove rimasi per quasi una settimana prendendo parte alle attività quotidiane. Il 24 agosto raggiunsi Torino. Appresi da un passaparola di un presidio all'esterno della società Geovalsusa, nell'ambito della campagna "C'è lavoro e lavoro" del movimento. Gli attivisti suonarono il citofono ed entrarono. Qualche minuto dopo lo feci anche io, incuriosito: mi qualificai coi dipendenti come un "cronista" e osservai tutto. Venne esposto uno striscione e acceso un fumogeno, mentre nei locali i dipendenti, dapprima tesi, dopo qualche minuto si tranquillizzarono. Ci invitarono a utilizzare i bagni e bere acqua e scherzarono con alcuni dei presenti. Preciso che non ho visto nessuno danneggiare gli arredi o accendere i computer.
I fatti, da te raccontati nel reportage, potevano essere preziosi per chiarire la verità anche in seno al processo invece da testimone sei diventato indagato, com’è possibile?
Il "cambio di status" - da teste sotto esame a indagato - ha permesso al pubblico ministero di invalidare la mia testimonianza, rendendola nulla. Forse non è un caso che mi abbia interrotto appena ho pronunciato la frase: "Il clima era sereno". Di fatto, se avessi continuato a raccontare avrei dovuto farlo avvalendomi di un avvocato di fiducia, e comunque qualsiasi cosa avessi detto avrebbe potuto essere utilizzata contro di me.