Regno Unito: chi vuole rimanere nell’Unione Europea?

Uscire dall'Unione Europea o restare? Il Regno Unito va verso il referendum.


Regno Unito: chi vuole rimanere nell’Unione Europea? Credits: https://www.flickr.com/photos/davekellam/

Uscire dall'Unione Europea o restare? Il Regno Unito va verso il referendum mentre crescono i consensi per l'uscita. La società inglese è spaccata. Questa settimana riportiamo le ragioni di chi vuol rimanere nell'Unione Europea, tra partiti e “società civile”.Nel prossimo numero, ci concentreremo sull'uscita.

di Paolo Rizzi

Il 23 Giugno si terrà nel Regno Unito il referendum sulla permanenza nell’Unione Europea, voluto dal premier Cameron. Dopo le misure restrittive nel campo dell’immigrazione, ottenute dal governo inglese in cambio della permanenza nel Regno Unito, Cameron ha annunciato che il referendum si sarebbe tenuto in ogni caso e che i Conservatori avrebbero fatto campagna per rimanere nell’Unione.

Per cosa si vota?

La prima cosa da ricordare è che il Regno Unito non fa parte dell’Unione Monetaria e il referendum non è quindi sull'euro. La seconda cosa è che si tratta di un referendum consultivo senza quorum. La terza è che il quesito è:”Il Regno Unito dovrebbe rimanere un membro dell’Unione Europea o dovrebbe lasciare l’Unione Europea?”.

La vittoria del Brexit, cioè l’uscita dall’Unione, non avrebbe ovviamente un risultato immediato, servirebbero due anni dal momento della comunicazione ufficiale al Consiglio d’Europa all’uscita effettiva. Dal momento che il referendum è consultivo, il governo potrebbe decidere di non avviare la pratica ma, data la rilevanza che ha ormai assunto il referendum, sarebbe un suicidio politico per chiunque andare contro la volontà dell'elettorato.

Nel periodo di due anni si svolgerebbero trattative tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Dato che nessun paese ha mai lasciato l’UE, nessuno sa come saranno effettivamente queste trattative, anche se molti osservatori sostengono che probabilmente i due anni servirebbero a stabilire una serie di trattati tra il Regno Unito e l’Unione Europea per cambiare il meno possibile i rapporti economici, a partire dal mercato unico. 

Chi vuole rimanere: i partiti

I due partiti maggiori sono schierati a favore dell’Unione, anche se con notevoli eccezioni. Come già detto, le misure restrittive all’immigrazione sono bastate a far cambiare idea ai Conservatori, la cui maggioranza è passata a sostenere la permanenza nell’UE.

Anche il Partito Laburista sostiene la permanenza, principalmente con l’argomento dell’occupazione, sostenendo che l’uscita dall’Unione sarebbe un salto nel buio che metterebbe a rischio troppi posti di lavoro. Il leader Corbyn, che in passato aveva votato contro l’Unione Europea e i suoi trattati, concentra la sua retorica sul pericolo di un’uscita da destra dall’UE: “un voto per l’uscita significherebbe che sarebbe un governo conservatore a negoziare l’uscita. Tutto ciò che hanno fatto al governo fino ad ora implica che non possiamo affidare a loro la protezione dei posti di lavoro di milioni di persone”.

I laburisti sono ora in una situazione difficile, tanto che gli ex leader del partito Tony Blair e Gordon Brown hanno firmato una lettera aperta invitando i propri elettori a votare, dichiarando che sarà il sostegno attivo (o l’astensione) dell’elettorato laburista a determinare il risultato finale, una lettera significativamente non firmata da Corbyn.

Su posizioni simili al Labour si esprime anche lo Scottish National Party,il partito socialdemocratico largamente maggioritario in Scozia, mentre si comincia a ipotizzare un nuovo referendum per l’indipendenza scozzese nel caso di vittoria dell’uscita dall’UE. In questo caso, il referendum non servirebbe solo a creare uno stato scozzese indipendente ma anche a mantenere il nuovo stato scozzese all’interno dell’UE.

Anche la sinistra nazionalista irlandese del Sinn Fein sostiene la permanenza nell’Unione. Oltre alle preoccupazioni sull’economia, il SF sostiene anche che un’uscita dall’Unione dividerebbe ulteriormente l’Irlanda, con la Repubblica Irlandese membro dell’UE e l’Irlanda del Nord fuori. Per questo il leader nord-irlandese Martin McGuinness considera un “imperativo democratico”, nel caso di vittoria della Brexit, un referendum che proponga la riunificazione del Nord con la Repubblica.

Chi vuole rimanere: la società

Un grande numero di singoli e di organizzazioni della “società civile” si sono espressi per continuare a fare parte dell’UE. Molti esponenti di spicco del mondo degli affari si sono esposti personalmente e, cosa inconsueta, anche molte imprese. Dalla Airbus ai mercenari della BAE, dalla Easyjet alla banca di investimento JP Morgan, dai petrolieri della Shell alla Microsoft. E poi ancora, l’associazione degli industriali britannici, e i 198 affaristi firmatari di una lettera al Times secondo cui: ”Gli affari hanno bisogno di accesso senza restrizioni al mercato europeo di 500 milioni di persone per poter continuare a crescere, investire e creare posti di lavoro. Crediamo che lasciare l’UE diminuirebbe gli investimenti, minaccerebbe i posti di lavoro e metterebbe l’economia a rischio”.

Come da tradizione inglese, anche i giornali hanno preso una posizione ufficiale. A favore dell’UE si sono espressi, tra gli altri, la “bibbia del capitalismo” l'Economist, il Financial Times e anche giornali di centrosinistra come il Guardian o di sinistra come il New Statesman.

Infine, hanno preso decisamente posizione per restare nell'UE la maggioranza dei sindacati. Il Trade Union Congress (la federazione maggiore, con oltre 6 milioni di iscritti) tra i vari punti solleva il problema del Sistema Sanitario Nazionale: nel Regno Unito quasi il 5% del personale sanitario è cittadino di paesi UE, un'uscita potrebbe portare a un aumento dei costi non sostenibile. Inoltre, ricorda il sindacato, tra i maggiori sostenitori dell'uscita ci sono anche i più accaniti smantellatori della sanità pubblica. La confederazione UNITE (1 milione e mezzo di iscritti, a sua volta membro del TUC), tramite il suo segretario McCluskey, ha pubblicato una lettera in cui sostiene che: “l'Europa deve cambiare, la sua direzione politica ha portato i governi nella direzione dell'austerità e delle liberalizzazioni, crediamo però che questa direzione non sia irreversibile e ci impegniamo a lavorare con gli altri sindacati europei a un programma sociale rinnovato e a un'Europa che valorizzi gli investimenti pubblici. La decisione che prenderà il popolo britannico il 23 Giugno non deve essere presa alla leggera, invitiamo i nostri iscritti a votare per rimanere nell'Unione”.

Nonostante il grande schieramento a favore della permanenza, i sondaggi danno ormai le due posizioni appaiate. Sicuramente la crisi dei rifugiati spinge la società verso la chiusura, ma non può essere l'unica spiegazione. Per questo nel prossimo numero ci concentreremo sulle posizioni per l'uscita e soprattutto sulle posizioni per un'uscita da sinistra.

10/06/2016 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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Paolo Rizzi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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