MADRID. A detta degli osservatori che seguono il processo, iniziato presso il Tribunal Supremo e che vede imputati dodici separatisti catalani, non c’è spazio per giustizia e democrazia, piuttosto si tratta di una vera e propria offesa alla volontà popolare e ai diritti umani.
I dodici imputati devono rispondere ad accuse che comportano un totale di 156 anni di carcere per "ribellione" e "appropriazione indebita" avendo, infatti, organizzato unilateralmente il referendum per l'indipendenza il 1° ottobre 2017. Dalla Sinistra europea si denunciano questo processo e i rischi che rappresenta per il futuro democratico in Catalogna e, anche, in tutto lo Stato spagnolo.
La Catalogna, regione a sud-est della Spagna (32.108 kmq e 7.550.000 abitanti), è divisa in 4 province e 947 Comuni. Capitale di questa terra di castelli alto-medioevali, il cui nome è in uso dalla metà del XII secolo, è Barcellona (1.620.000 abitanti), città che più volte dal finire del 2017 e in varie occasioni nel 2018 è stata al centro delle cronache politiche e giudiziarie che sono echeggiate in tutta Europa e non solo.
Va sottolineato come non debba spettare a un tribunale risolvere questioni politiche, perché di questo si tratta, ma competa all'esercizio della democrazia e alla volontà del popolo. Anche perché è risaputo che i tribunali centrali della Spagna hanno una mano molto pesante: più volte hanno imposto sanzioni molto sproporzionate nei casi di processi “politici”. Di recente una prova riguarda le sentenze pronunciate nel processo per i fatti di Altsasu dove è stato giudicato un giovane basco.
Altsasu è una città della Navarra, Paesi Baschi, a nord-est della Spagna. 10.391 kmq e 641.000 abitanti, con capitale regionale Pamplona. Il processo di Altsasu ha riguardato il caso giudiziario con imputati 8 giovani che il 15 ottobre 2016 in un bar, durante una festa del paese, si scontrarono con 2 ufficiali della Guardia Civil rischiando di venire incriminati per “terrorismo”.
Il processo di Madrid ai catalani cristallizza anche i sempre più aspri discorsi di odio che fa la destra nazionalista spagnola, in attesa delle prossime elezioni parlamentari che si svolgeranno il 28 aprile. Qui nella capitale del reame si è svolta una manifestazione della destra (“Partito Popolare” e “Ciudadanos”, il partito della cittadinanza liberale che riceve attestazioni di simpatia dall’organizzazione “La Repubblique En Marche” del presidente francese Macron che finora si è rifiutato di prendere le distanze) e dell'estrema destra con il partito neo-franchista Vox.
La destra ha successo, come dimostrano le elezioni regionali in Andalusia (a sud-ovest della Spagna, 87.600 kmq e 8.405.000 abitanti, capitale Siviglia), che viene aggravato da regressioni molto gravi e soprattutto rapide in tutto il Paese, dove sono presenti 17 comunità autonome.
Il processo di Madrid peggiorerà pesantemente la situazione, a detta di analisti politici. Poi va ricordato che ci sono ancora 700 sindaci sotto inchiesta per l’organizzazione del referendum del 1° ottobre 2017. Il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani è intervenuto chiedendo allo Stato spagnolo di rispettare i diritti politici degli eletti catalani.
Essere imprigionati e processati per aver organizzato pacificamente un referendum è innanzitutto una assurdità, non può in alcun modo essere un crimine, tanto più considerarlo un crimine di "sedizione". Il futuro delle relazioni tra la Catalogna e lo Stato spagnolo può essere deciso solo in un quadro concertato e democratico.
Soltanto il dialogo tra le forze politiche e soprattutto tra i popoli e le comunità autonome che compongono lo Stato spagnolo per una democratizzazione del Paese e il rispetto dei diritti e delle libertà, anche utilizzando lo strumento referendario per l’autodeterminazione, potrà risolvere politicamente la crisi catalana.