Macron dichiara guerra ai disoccupati

Un decreto del presidente dei ricchi imporrà violente misure di controllo contro chi riceve il sussidio di disoccupazione aumentando così la pressione sui salari.


Macron dichiara guerra ai disoccupati

In agosto, l’Assemblea aveva approvato la ‘Legge sull’avvenire professionale’. Il 30 dicembre sulla gazzetta ufficiale è stato promulgato un decreto attuativo della stessa da parte dell’esecutivo che apporta importanti e preoccupanti modifiche al diritto di disoccupazione [1]. Mentre le piazze francesi sono ancora gremite dal movimento dei Gilets Jaunes (questo pezzo esce a poche ore dal loro nono sabato di protesta), Macron spinge sull’acceleratore per mettere in atto la sua agenda di trasformazione in senso ultraliberista della società francese.

Il decreto in questione prevede da una parte l’estensione dell’indennità di disoccupazione ai dimissionari e ad alcune categorie di piccoli lavoratori autonomi (artigiani e commercianti). Tuttavia, solo a certe condizioni, e parecchio restrittive. Per i salariati, queste prevedono oltre la disponibilità al lavoro un progetto di riconversione professionale che debba essere convincente: il richiedente dovrà identificarne gli snodi necessari e dimostrare di rispettarne la tabella di marcia concordata. Per quanto riguarda gli autonomi l’indennità è accordata solo in caso di esistenza di una sentenza di liquidazione giudiziaria, cioè a fronte di un fallimento della loro azienda. Ancora una volta, le concessioni di Macron sono lo specchietto per le allodole per pesanti contro-attacchi di classe.

E infatti, la parte sostanziale dell’intervento è in materia disciplinare e repressiva. I pôles d'emplois (i centri dell’impiego francesi) amplieranno il loro esercito di controllori, il cui numero passerà dai 200 attuali a 600 nel 2019, fino ad arrivare a 1000 nel 2020. Naturalmente, non si tratterà di nuove assunzioni, ma di riconversioni professionali a scapito della figura dei ‘consiglieri’, che invece aiutano i disoccupati nella ricerca dell’impiego. Il compito dei controllori è al contrario quello di applicare le sanzioni previste in caso di rifiuto di offerte di impiego ‘ragionevoli’. Allo stato attuale le caratteristiche di queste offerte dipendono dalla durata della disoccupazione. In generale, gli standard di ‘ragionevolezza’ in termini di salario, collocazione geografica e compatibilità professionale si abbassano all’aumentare della disoccupazione (per dettagli si legga qui). Il nuovo decreto lascia inoltre libertà di ridefinizione delle caratteristiche delle offerte a livello di centri per l’impiego per “meglio adattarsi alle specificità del mercato del lavoro locale e alla situazione individuale di ciascun richiedente impiego” [1].

Le sanzioni vengono applicate in caso di rifiuto delle offerte di lavoro da parte del disoccupato [2]. Al primo rifiuto, un mese di sospensione dall’indennità; al secondo, due mesi; al terzo o più dai quattro fino ai 6 mesi. I comportamenti sanzionabili in questo senso sono anche semplici assenze a colloqui o appuntamenti, o mancata specificazione di progetti formativi, ecc. La sanzione, nei casi più gravi, può arrivare fino alla soppressione di parte dei contributi versati durante i periodi di attività, cioè la definitiva perdita di interi periodi (già pagati attraverso il proprio salario) del diritto all’indennità. Tutto ciò a fronte di un drastico abbassamento della quota destinata alla disoccupazione versata dai lavoratori.

Come scrive Initiative Communiste [3], il decreto non rappresenta solo un attacco ai disoccupati, ma a tutti i lavoratori, stritolati dalla feroce pressione sui loro salari. Un esempio quindi estremo di transizione dal classico welfare novecentesco al workfare liberista, cioè alla fornitura di assistenza e servizi a fronte di una supina disponibilità al lavoro, a qualsiasi lavoro, da parte di quella fetta sempre più ampia che strutturalmente rimane ai margini della vita economica. Questa messa al lavoro coatta comprime in continuazione i salari e disciplina la forza lavoro facendo uso di un violento ricatto. Il modello del workfare caratterizza sempre più paesi europei e anche le varie modifiche allo statuto dei centri per l’impiego nostrani sembra andare in questa direzione. Al di là delle dichiarazioni anti-Macron, il governo giallo-verde ha già promesso drastici interventi in quel settore e ne vedremo delle belle.

Intanto la patata bollente dei Gilets continua a scuotere il Paese. La carota offerta da Macron sul falso rialzo del salario minimo non sembra aver funzionato e il governo mira a dare ancora più mano libera alla repressione, cercando di approvare misure sempre più drastiche. Come ha dichiarato il Primo Ministro Philippe, in studio c’è una legge per imporre pesanti sanzioni a chi partecipa a manifestazioni non autorizzate, come sono quelle organizzate dai Gilets [4]. Sempre meno legittimo e sempre più odiato, Macron ha dalla sua il favore e il supporto attivo di tutta la borghesia europea.

La speranza per i lavoratori e per le classi popolari francesi rimane ancora una volta quella della convergenza di tutte le lotte. Scioperi e blocchi, quindi, che mettano i bastoni tra le ruote all’estrazione e alla realizzazione del profitto capitalista e che ricordino ai lavoratori del proprio determinante potere economico.

Si ringrazia Matteo Cavallaro per le utili informazioni fornite per la stesura di questo articolo

Note:

[1] https://droit-finances.commentcamarche.com/faq/62011-reforme-de-l-assurance-chomage-2019-le-projet-macron

[2] https://twitter.com/Simzher1936/status/1082016694443429888

[3] https://www.initiative-communiste.fr/articles/luttes/les-vrais-assistes-ce-sont-les-capitalistes-tous-unis-contre-les-mesures-anti-chomeurs-de-macron-medef/

[4] https://www.francetvinfo.fr/economie/transports/gilets-jaunes/direct-gilets-jaunes-edouard-philippe-tf1-christophe-castaner-acte-ix-9-paris-emmanuel-macron-manifestation-blocage-mouvement_3133857.html

13/01/2019 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Guido Salza

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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