Altro che destra sociale, attenta alle esigenze dei ceti medi e popolari, come vorrebbero farci credere da Palazzo Chigi. In realtà lì dentro da quasi due anni stanno facendo di tutto per smantellare pezzo per pezzo le conquiste raggiunte dal welfare state italiano, privatizzando servizi e raschiando il fondo del barile per racimolare pure gli spiccioli per ripianare il debito pubblico, ma guardandosi bene dal toccare le partite Iva, i grandi patrimoni e i guadagni a tanti zeri di grosse imprese, banche e finanza, anzi varando sempre nuove misure per agevolarli. E in questo processo demolitorio adesso toccherebbe pure all’assegno unico, la misura di aiuto alle famiglie introdotta dal Governo Draghi nel 2021 e operativa a partire dall’anno successivo, votata all’epoca da tutte le forze politiche presenti in Parlamento (sì, anche da Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni), e che raggiunge oltre sei milioni di nuclei familiari l’anno [1].
Per il 2024 l’assegno unico va da un minimo di 57 a un massimo di 200 euro al mese per un figlio minore, a secondo l’Isee, con aumenti per i figli non autosufficienti e disabili, le mamme lavoratrici, i figli oltre il secondo, ma con tagli per i figli tra 18 e 21 anni. Insomma, si tratta di un autentico e concreto aiuto alle famiglie che presto potrebbe finire in soffitta, perché il Governo Meloni vorrebbe eliminarlo o quanto meno modificarlo radicalmente perché ritenuto non funzionale, lasciando tanti buchi in bilancio e provocando pure una procedura di infrazione europea. In realtà quest’ultima è scattata perché il sistema dell’assegno unico così come organizzato favorirebbe solo gli italiani presenti nel nostro territorio, discriminando i lavoratori che non vi risiedono per almeno due anni o i cui figli non risiedono in Italia e che non possono beneficiarne, violando in tal modo uno dei principi fondamentali dell’Unione, ovvero che i suoi cittadini siano trattati in modo equo in tutti gli Stati membri, senza distinzioni basate sulla loro nazionalità [2]. L’eliminazione o revisione dell’assegno unico permetterebbe poi, nelle intenzioni del Governo, di racimolare circa 20 miliardi di euro all’interno della manovra finanziaria ancora in preparazione. L’idea finale, allora, sarebbe quella di cambiare innanzitutto nome alla misura, modificandola poi con il taglio dell’assegno base da 57 euro a figlio, che oggi spetta solo alle famiglie che non presentano l’Isee o ne hanno uno troppo alto, ottenendo così più risorse da destinare alle famiglie numerose, con disabili e italiane, come ha ribadito pure la presidente del Consiglio in un video insieme al ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e diffuso sui social per smentire le tante, troppe voci circolate in rete sulla soppressione dell’assegno [3]. Ma “stravolgere è come cancellare – come spiega pure Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro Pd - Quella è una misura strutturale che è stata pensata come una risposta razionale per tutte coppie con figli” [4].
L’idea di rivedere l’assegno unico non è una novità agostana del Consiglio dei ministri, perché già l’idea era nata nella prima manovra del Governo in carica, quella di fine 2022, anche se poi non si fece più nulla e parte dei residui della misura furono usati per il decreto bollette. L’anno dopo il Governo si è dimenticato del tutto dell’assegno, mentre adesso vogliono recuperare il tempo perduto puntando alla sua radicale revisione, con la scusa della procedura di infrazione europea pendente sull’Italia.
Ovviamente contrari a ogni intervento draconiano sull’assegno sono i diretti interessati. Il Forum famiglie, per esempio, per bocca del suo presidente Adriano Bordignon: “Non è vero che l’assegno unico non funziona. È il primo strumento strutturale che il nostro Paese adotta nella sua storia. Non va assolutamente abbandonato” [5]. E allora “proponiamo di dare l’assegno nella sua totalità anche ai figli tra 18 e 21 anni, perché oggi è dimezzato. E di proseguirlo fino ai 26 anni, se i figli sono a carico e in formazione accademica o professionale”, come ha rilanciato Bordignon. Arrivata a Palazzo Chigi Giorgia Meloni aveva promesso mari e monti alle famiglie e invece ancora adesso “non vediamo risposte all’altezza dell’enorme problema strutturale rappresentato dalla denatalità e del conseguente squilibrio demografico che ha gravi ricadute per l’Italia e la sua stabilità sociale, economica, previdenziale. Ci aspetteremmo risposte di lungo periodo e un intervento shock per rilanciare la natalità. Anche di quoziente famigliare non se n’è più parlato”, come ha precisato il presidente del Forum famiglie. E allora che fare? L’idea di Bordignon è quella di “non smantellare l’assegno unico, ma rafforzarlo. Potenziare i servizi per la prima infanzia e renderli meno onerosi, a partire dagli asili nido. Più aiuti alle giovani coppie: stipendi decorosi, casa, stabilità. Sostegni alle imprese che applicano il welfare famigliare”. Sarà ascoltato dal Governo in carica, che pure dovrebbe tenere molto ai suoi valori tradizionali, Dio, patria e famiglia?
Note:
[1] https://www.repubblica.it/economia/2024/08/28/news/assegno_unico_figli_sparisce_governo_meloni-423466816/?ref=RHLF-BG-P1-S1-T1; https://www.open.online/2024/08/29/governo-meloni-assegno-unico-figli/; https://www.affaritaliani.it/economia/assegno-unico-tremano-6-6-mln-di-famiglie-ipotesi-taglio-del-sussidio-da-200-euro-a-figlio-933984.html.
[3] https://www.today.it/politica/giorgia-meloni-video-social-giancarlo-giorgetti-assegno-unico.html.
[4] L. Cimino, Manovra senza programma. A pagare sono le famiglie, in il manifesto, 30 agosto 2024, pag. 7.