Abbiamo partecipato lunedì 29 gennaio mattina con le colleghe Francesca Trasatti e Veronica Scali presso il Tribunale penale di Budapest al processo contro Ilaria Salis, con una delegazione del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia (CRED) in rappresentanza anche dell'Associazione europea dei giuristi e delle giuriste per la democrazia e i diritti umani nel mondo. La giovane antifascista italiana è comparsa in aula alle 9.00 precise, come da programma, ammanettata mani e piedi e incatenata con una cintura attorno alla vita da cui si dipartiva una sorta di guinzaglio in mano a uno dei carcerieri, un armigero ungherese dall'aria truce, travisato da un passamontagna e in tenuta mimetica. Un trattamento da pericolosa terrorista del tutto fuori luogo e non necessario. L’arresto di Ilaria è avvenuto quasi un anno fa nel contesto delle dimostrazioni antifasciste che hanno accompagnato l’annuale appuntamento europeo neonazista dell’11 febbraio, nel quale gli odierni fan di Hitler celebrano col permesso del governo ungherese la sortita suicida compiuta nel 1945 nei pressi di Budapest da effettivi della Wehrmacht e delle SS contro l’Armata Rossa all’attacco, che si concluse con pochi superstiti su oltre ventimila militari nazisti.
Su Ilaria pende una condanna fino a ventiquattro anni di reclusione per fatti in realtà di entità alquanto irrisoria che sarebbero secondo l’accusa avvenuti in tale contesto, e cioè l’ inflizione a due ungheresi di presunte simpatie neonaziste di lievissime lesioni guarite in pochi giorni. Qui registriamo una prima evidente dissonanza dal garantismo penale correntemente accettato e praticato nei Paesi civili e cioè l'esistenza di una particolarissima figura di reato assoggettata a pene edittali esagerate (fino a ventiquattro anni di reclusione, appunto), per "lesioni potenzialmente suscettibili di provocare la morte", fattispecie che non trova riscontro nel diritto penale italiano o di altri Paesi, in quanto, in Italia e altrove, o si accerta l’esistenza di un’intenzione omicida e si applica la norma relativa al tentato omicidio o si applicano le pene relative alle lesioni secondo la concreta entità delle stesse.
Ilaria del resto si è dichiarata innocente da ogni accusa e si prepara ad affrontare il dibattimento, forte del fatto che gli elementi di prova, consistenti essenzialmente in alcuni filmati di telecamere fisse collocate in prossimità del luogo dell'aggressione, risultano estremamente labili. Anche su questo registriamo ritardi inescusabili, dato che l’udienza è avvenuta a quasi un anno dell’arresto e che tuttora l’imputata non ha avuto la possibilità di leggere nella sua e nostra lingua importanti atti processuali.
Alla prossima udienza del 24 maggio, su richiesta dell'avvocato difensore di Ilaria, saranno escusse in qualità di testimoni le persone aggredite, che saranno richieste di procedere al riconoscimento. Saranno poi effettuate perizie sul filmato ed altri accertamenti tecnici di natura sia medica che antropometrica. Nel frattempo l’esigenza più urgente consiste nel trasferimento di Ilaria, che da quasi un anno ormai è assoggettata a condizioni carcerarie severe, agli arresti domiciliari in Italia, possibilità ampiamente prevista dalla Decisione dell'Unione europea applicata in casi analoghi di cittadini italiani condannati e reclusi in Francia ed altri Paesi.
Potrebbero sorgere in tal caso delle difficoltà dovute al fatto che la situazione della maestra antifascista milanese sconta l'impostazione culturale oggi prevalente in Ungheria, dove i nazisti autori di aggressioni ben più gravi non vengono perseguiti con energia adeguata, mentre i rigori della legge sono riservati in pieno a coloro che professano ideologie incompatibili col governo.
E' pertanto necessario che il governo italiano si muova con rapidità ed efficacia sul piano dei rapporti bilaterali con l'Ungheria, per ottenere che il governo di Budapest acconsenta al trasferimento. Abbiamo avuto su questo riscontri molto positivi nell’incontro con l’ambasciatore italiano che abbiamo svolto sabato sera e andamento altrettanto soddisfacente ha avuto quello avuto dallo stesso ambasciatore con i familiari di Ilaria e i suoi avvocati italiani Eugenio Losco e Mauro Traini, martedì mattina.
L’impatto che si è registrato sull’opinione pubblica italiana con la visione delle immagini di Ilaria trascinata in catene al cospetto del giudice ha del resto amplificato la dimensione politica della vicenda e riteniamo che a questo punto il governo italiano non possa sottrarsi alle sue responsabilità e debba ottenere il rispetto dei diritti di Ilaria e il suo trasferimento in Patria, nel nome di principi di civiltà giuridica che dovrebbero essere condivisi da tutti i Paesi europei, e anche dell’antifascismo che dovrebbe costituire anch’esso un patrimonio comune. Due basi fondamentali della convivenza a livello europeo, che riguardano Italia e Ungheria allo stesso modo, sia singolarmente che nei rapporti reciproci, e dalle quali non si può prescindere per garantire un futuro degno ai popoli europei.