È chiaro che per Luciano Canfora “Il fascismo non è mai morto”. Questo è il titolo del suo saggio e del libro (pp.96), pubblicato da Edizioni Dedalo nel 2024. Sul dietro copertina si legge la dedica : «Per tutti quelli che sono impegnati a convincere soprattutto sé stessi che il fascismo “è finito nell’aprile 1945”».
In poche pagine si rilancia all’attenzione degli studiosi e dei lettori comuni questo libro, che sembra un quaderno d’appunti: un piccolo libretto (cm. 13.1 x 0.8 x 20.1). È stato scritto in modo rigoroso, ma con un linguaggio leggero, e ricalca argomenti noti e anche inediti sul fascismo, a volte centrali in alcuni dibattiti politici, che si arricchiscono continuamente di nuove evidenze per le note performance di gruppi che si richiamano al fascismo. Bisogna però riconoscere che il tema non era stato ancora analizzato come fa Canfora, cioè con analisi approfondite di tutte le documentazioni disponibili. Il volume è anche da considerarsi una guida per chi vuole approfondire questo tema che è stato sempre dibattuto, ma mai definito. A volte sembra scontato, ma i giudizi restano sospesi quando si vuole determinare che il fascismo per davvero non è mai morto, in quanto per la Costituzione e per il nostro ordinamento giuridico non è consentito che si possa dire che il fascismo c’è e che sia legale. Nella società contemporanea però c’è un’area politica, e soprattutto nostalgica, che si richiama al Ventennio. In pratica tutti sappiamo che c’è, ma facciamo finta che non ci sia. È qui che poi cambiamo opinione, in quanto l’attivismo dei fans del fascismo emergente dimostra che esso c’è ed è attivo. I telegiornali rilanciano continuamente la sua simbologia, quella dei saluti romani per intenderci, che vediamo nelle rievocazioni fasciste, ben tollerate, e non soltanto in quella per la morte di Mussolini, che viene peraltro sempre ottimamente ripresa dai telegiornali.
Nell’introduzione che Canfora ha denominato “Per entrare in argomento” si leggono le cronache dei momenti salienti degli ultimi anni, le cui interpretazioni dimostrano che, in Italia e all’estero, il fascismo e il nazismo sono presenti e fanno parte del quadro politico europeo. Essi sono presenti anche nelle istituzioni; infatti, mediante l’analisi della bibliografia e delle edizioni dei giornali citati, si dimostra che almeno una serie di categorie del fascismo sono ancora attive nella nostra società. In questo modo si dimostra che il fascismo non è morto. Sappiamo bene che i conti con il passato non sono stati fatti da parte di alcune forze politiche, che si sono ripresentate in politica con nomi diversi, rilanciando sempre le solite categorie: tra queste sono ben note il razzismo e il no all’aborto. Il libro si articola in nove capitoli, tutti corredati di note, nelle quali vengono indicati le pagine delle opere di riferimento e gli articoli dei quotidiani che riportano le cronache di fatti recenti e meno recenti. Canfora ci presenta un saggio molto articolato che parte dall’inizio dell’era fascista con i “Fasci italiani di combattimento”. La documentazione al riguardo è presentata nella versione che è stata pubblicata in due riprese dal giornale del quale Mussolini è stato direttore, il “Popolo d’Italia” (30 marzo e 6 giugno 1919). In Appendice, a pp.81-85, sono presenti i testi. Il libro si articola con una cronologia che va dalla fine del fascismo (aprile 1945) fino ai giorni nostri. È un saggio breve storico-storiografico, ma anche storico-politico; infatti il capitolo terzo, “Sfogliando l’Atlante” (pp. 29-38), analizza la presenza del fascismo fuori dall’Italia e come è stato accolto. Ecco cosa è scritto in alcune righe del libro: “sta di fatto che per un tempo non breve il fascismo italiano divenne modello per movimenti e partiti e correnti di opinione pubblica in tutto l’Occidente (specie in USA), sposandosi però anche con il nazionalismo anticolonialista (cioè anti-britannico e anti-francese) in medio Oriente, in Nord Africa e persino in India”.
Dalla lettura fatta ho notato che Canfora non presenta alcuna prospettiva per l’evidenza che il fascismo non è morto, nella Conclusione (a p.73) si legge: “In ragione della sua natura anfibia, non sarà agevole contendere, a questa destra, consenso”.
Tristezza. È una dichiarazione di pessimismo in relazione all’attuale quadro politico oppure si tratta di un pessimismo sistemico perché la destra è comunque sempre vincente? L’interrogativo è d’obbligo perché Luciano Canfora è uno studioso professionista ed è anche un convinto comunista, ma si nutre d’immagini comportamentali diffuse in ambito accademico. Mondo che, al di là di qualche dichiarazione che a volte si registra, di fatto non si dichiara mai contro un governo, in particolare se di destra. Penso che questa sia la ragione obiettiva del suo pessimismo. Ora, se queste forme di fascismo striscianti diventeranno egemoni anche a livello culturale di massa, e già lo sono in varie aree della società, quali conseguenze si potranno avere in Italia? Purtroppo, quest’interrogativo nel suo libro neanche è stato accennato, come se noi lettori non fossimo interessati o non fossimo impegnati su questo tema che è cruciale. Si cerca con questa umile recensione quanto meno di delineare il focus del problema. Purtroppo, non si registrano contrasti istituzionali per il continuo rilancio del fascismo, almeno io non li ho registrati. Questo è bene ripeterlo, anche se il fasscismo odierno è tale soltanto per alcune categorie. Per chi è antifascista, al di là degli strumenti disponibili di comunicazione che sono quasi pari a zero, è naturale essere osservatore attivo delle scelte governative in tema di democrazia, partecipazione, riforme costituzionali e leggi devastanti. Quindi, la capacità di critica non gli manca, ma non è così per quelli che non si dichiarano antifascisti e non vogliono esserlo, non manifestando mai giudizi critici contro ogni governo.
Premesso che sono tra quelli che non credono si debba parlare di neofascismo, inteso come innovazione politico-culturale rispetto al fascismo del Ventennio. Il fascismo che oggi si sta affermando non è altro che un richiamo, sebbene mascherato, a quello del Ventennio perché ha alcuni tratti pressocché uguali, come il razzismo, e negli altri campi presenta categorie più o meno simili a quelle del Ventennio. Siamo, però, nel 2024 ed è chiaro che l’operazione in corso, in fase avanzata, di riattivare il fascismo deve tenere conto che l’Europa di oggi non è neanche lontanamente assimilabile a quella del 1920, se non altro per l’istituzione dell’Unione Europea. Oggi queste categorie del fascismo si agitano soprattutto attraverso i media, in modo sempre più raffinato, e, purtroppo, sono molto più dialettiche, altrettanto dinamiche e anche alquanto tutelate dalla politica corrente.
Gli obiettivi del fascismo di oggi sono pressocché uguali a quelli del fascismo di Mussolini che si proponeva di ricevere un grande consenso elettorale per governare l’Italia, salvo poi attivare, come fece, nuovi processi di miseria, diminuendo il potere di acquisto di salari e pensioni, tagliando i servizi come quello della sanità: ieri come oggi. Il fascismo ha sempre avuto una sua funzione che, come quella odierna, è quella di essere al servizio dei gruppi industriali e finanziari. L’analisi che Canfora ha pubblicato in questo libro, richiamandosi continuamente alle realtà storiche delle varie epoche che ha analizzato a tratti, sembra soltanto la presentazione di una sua teoria, ma, con l’analisi combinata e approfondita delle fonti, le sue tesi diventano fotografie della realtà. Il fascismo, quasi come un personaggio meta-idealizzato, è come se fosse stato resuscitato e così si scopre che non è morto per niente. Si voglia o no, ora dobbiamo fare anche i conti con una serie di riforme che cambieranno le istituzioni, come quella del premierato e la legge dell’autonomia differenziata, che sarà devastante. In queste righe (p. 26) si coglie un affresco degli aspetti storico-politici e delle ragioni della riemersione del fascismo: «(…) il peso dell’incistarsi della mentalità, e della pratica fascista nel tessuto della società non poteva scomparire d’incanto ed era del tutto prevedibile che “ritornasse” o, forse è meglio dire, “riemergesse”. Era nato da convergenza di interessi di settori significativi della società e perciò continuò ad “esserci”.
Un paragone che forse aiuta a capire può istituirsi con quel che accadeva nelle guerre tra stati. Lo Stato che veniva sconfitto non per questo cessava di esistere, e prima o poi tornava a “funzionare” e ad agire nel solco della propria caratteristica e delle proprie aspirazioni. Lo stesso vale anche nello scontro tra forze politiche, che abbiano - beninteso - consistenza e radici in una parte della società».
Queste righe mi hanno colpito molto. Sono una sintesi dei fenomeni storici analizzati, ma, allo stesso tempo, sono anche un’immagine della loro teorizzazione che si coglie in tutto il libro e che viene ripresa, con richiami, anche sulla fase in corso. Fase che presenta non poche preoccupazioni, sia per l’attacco alla Costituzione, che si sta conducendo, e sia perché la distanza tra cittadini e istituzioni sta aumentando. Questa maggiore distanza si verifica nel corso di una crisi economica, che crea nuove emarginazioni e ulteriori processi di miseria.
Fin qui la sintesi del libro, che è un’opera che promuove l’antifascismo, anche se, oggi, l’antifascismo si deve coniugare con i diritti umani e con quelli sociali pure a livello dei processi di democrazia economica, che sono soltanto teorizzati nei convegni degli economisti. Con questo libro si pone il problema delle prospettive delle categorie del fascismo che si agitano nella nostra società, gradualmente rilanciate con un apparato mediatico molto disponibile, contro le quali non basta prendere le distanze. Dobbiamo impegnarci a fare in modo che il fascismo non diventi egemone, soprattutto nella comunicazione politica ordinaria, come sta avvenendo con l’attivismo mirato dei media. Come antifascisti militanti non siamo uniti. I partiti di riferimento non sono tra loro alleati e promuovono politiche diverse, purtroppo, spesso liberiste. Oggi gli antifascisti sono una minoranza, ma intellettualmente convergono sulla difesa della Costituzione e della democrazia. Questo è un valore che dobbiamo coltivare, sebbene ci sia una difficoltà dei singoli, che si dichiarano apertamente antifascisti, di convergere verso un’area comune di contrasto al fascismo emergente. L’unità degli antifascisti deve diventare un obiettivo, ma deve anche darsi un programma politico condiviso di contrasto del fascismo, con un punto centrale nella difesa della Costituzione.
È chiaro che i temi di aggregazione sono quelli del lavoro, dalla sicurezza sui luoghi di lavoro al potere di acquisto dei salari e delle pensioni, nonché il rilancio dell’istruzione per tutti i gradi, compreso quello universitario, e della sanità, che ormai è in stato avanzato di privatizzazione. La pace nel mondo e lo stop agli armamenti devono diventare prioritari. Il fascismo non si riaffermerà con lo stesso nome di un secolo fa, ma oggi si riaffermerà per le sue categorie più disastrose e avrà nuovi nomi, inventati di volta in volta. La situazione che si sta determinando prevede che tutto appaia tanto regolare quanto ordinario, ma le scelte governative che si richiamano alle categorie fasciste si concretizzano nella riforma in corso del premierato e nella legge sull’autonomia differenziata, ovvero le nuove caratteristiche dell’Italia di destra. Sotto le politiche delle riforme della destra si maschera l’obiettivo di ridurre gradualmente la partecipazione popolare, diminuendo le funzioni del parlamento, centralizzate nelle mani del premier di turno.