Mentre scriviamo, da due giorni la striscia di Gaza è sotto i massicci bombardamenti di Israele. Mentre tutti i media mainstream concentrano l’attenzione sui “razzi” di Hamas (ma le foto “scenografiche” abbinate agli articoli sono quelle della distruzione di Gaza sotto il raid aereo, di ben altra portata rispetto ai danni fatti dalle armi usate contro Israele), e si continua a usare il termine generico “scontri” nel riferire dell’escalation di violenza in atto, il popolo palestinese subisce un atto di guerra, l’ennesimo, che secondo più fonti ha ucciso nelle ultime ore almeno 35 persone, fra cui una decina di bambini.
Come afferma Seraj Assi [1] “Ciò che sta accadendo a Gerusalemme, quindi, non sono «scontri» tra israeliani e palestinesi, come vorrebbero farvi credere i principali organi di stampa. È la brutale realtà quotidiana di una potenza occupante, incoraggiata dal sostegno incondizionato degli Stati Uniti e dall’apatia internazionale, che esercita la sua potenza militare contro un popolo apolide che vive sotto il suo controllo, privato dei diritti umani e civili fondamentali”.
Nei giorni precedenti allo scontro, numerose sono state le provocazioni da parte dei coloni sionisti. A Gerusalemme Est erano in atto proteste nel quartiere di Sheikh Jarrah contro gli sfratti di alcune famiglie arabe che avrebbero dovuto lasciare la loro abitazione per permettere la creazione di un nuovo centro residenziale per coloni; proteste represse nel sangue dalle forze dell’ordine israeliane (si parla di centinaia di feriti fra i palestinesi, di cui oltre 200 portati in ospedale, e 21 fra gli agenti [2]). Era stata inoltre organizzata una parata nazionalista per celebrare il Jerusalem Day, la presa di Gerusalemme Est del 1967, che avrebbe dovuto sfilare nelle strade attraversando anche i quartieri arabi. Al malcontento espresso con striscioni e sassaiole da parte dei palestinesi riuniti nella Spianata dei Templi, ha fatto seguito la feroce repressione israeliana (la polizia israeliana ha sparato proiettili di metallo rivestiti di gomma e bombe sonore contro i manifestanti e i fedeli attorno alla moschea di al-Aqsa, dove erano in atto le preghiere del Ramadan) [3].
Va ricordato che la Moschea di Al-Aqsa è il terzo sito più sacro al mondo per i musulmani, e si trova a Gerusalemme Est, occupata da Israele nel 1967 durante la guerra dei sei giorni, mentre l’intera città fu annessa nel 1980, con una mossa mai riconosciuta dalla comunità internazionale.
Ritornando alla provocatoria sfilata del Jerusalem Day, come riporta Bianca Senatore su TPI, a causa della tensione “la marcia è stata cancellata, ma la Spianata è stata circondata dai militari che hanno cercato di disperdere i palestinesi lanciando bombe stordenti e gas lacrimogeni. La Red Crescent, la Mezzaluna rossa palestinese, ha riferito che negli scontri sono stati feriti circa 300 palestinesi, di cui almeno 7 sono in gravi condizioni. Tra i feriti ci sarebbero anche alcuni bambini. In totale, negli ultimi due giorni 29 minori palestinesi sono stati feriti a Gerusalemme Est, nella città vecchia e nel quartiere di Sheikh Jarrah. A denunciarlo è stato l’Unicef secondo cui tra i feriti c’è anche un bambino di un anno. L’Unicef ha, inoltre, denunciato di aver ricevuto rapporti secondo cui alle ambulanze è stato impedito di arrivare sul posto per assistere ed evacuare i feriti e che una clinica in loco è stata colpita e perquisita. I palestinesi hanno risposto all’attacco israeliano sparando fuochi d’artificio e lanciando sassi” [4].
È in questo contesto che si colloca il lancio di “razzi di Hamas”, capro espiatorio del seguente raid aereo israeliano su Gaza. È il contesto di uno stato prolungato di apartheid, come affermato dal rapporto di Human Rights Watch [5], che riporta anche i dati dell’Ocha (Coordination of Humanitarian Affairs) sugli scontri alla Spianata dei Templi: 1.000 palestinesi feriti – 735 da proiettili di gomma – fra il 7 e il 10 maggio, a fronte di una trentina di feriti nelle forze dell’ordine.
Il piano di accaparramento di risorse e terre da parte di Israele, mai realmente ostacolato a livello internazionale, che a detta di Netanyahu prevede di annettere Gerusalemme – con il 40% di popolazione palestinese – prosegue sfacciatamente e sempre più violentemente nell’assordante e complice silenzio delle autorità internazionali. “More Land, Fewer Arabs” è il calzante slogan che lo storico Nur Masalha utilizza per descrivere la strategia sionista di espansione territoriale e supremazia demografica [6]: ottenere la maggiore estensione possibile di terra e la quantità minore possibile di popolazione araba. Questa politica di tipo suprematista e razzista sul piano etnico e religioso è stata portata avanti da decenni con mezzi violenti contrari a ogni norma internazionale del tutto impunemente.
Come sottolinea Greg Shupak in un interessante articolo di approfondimento della scorsa estate, “la storia dell’espropriazione palestinese non è mossa solo da un desiderio di supremazia razziale-religiosa. Ha anche significato un aumento della ricchezza della classe dirigente di Israele, e quella dei capitalisti suoi alleati in tutto il mondo. Dopo la Nakba, Israele ha varato la Legge sulla proprietà degli assenti, che definisce la pulizia etnica dei palestinesi come «assenza», dando il pretesto a Israele per appropriarsi della terra, delle case e dei conti in banca dei palestinesi” [7].
In questi giorni, negli Stati Uniti il senatore Bernie Sanders e le deputate Alexandria Ocasio-Cortez, Rashida Tlaib e Ilham Omar si sono espressi in solidarietà dei palestinesi e condanna della brutalità degli attacchi israeliani in corso, chiedendo all’amministrazione Biden di interrompere la politica di sostegno economico, politico e militare a Israele.
Intanto “I’Italia e l’Ue o tacciono o raccontano il mantra bugiardo del «no alla violenza da una parte e dall’altra», dimenticando che lì c’è una occupazione militare, quella d’Israele sui Territori palestinesi”, come scrive Alberto Negri su “il manifesto” [8].
Ma leggendo la nota della Farnesina, mi pare che si vada oltre. Essa recita: “L’Italia ribadisce la sua preoccupazione per l’escalation di attacchi e violenze in particolare a Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza e chiede che cessi immediatamente. L’Italia condanna fermamente i lanci di razzi da Gaza verso il territorio di Israele e ritiene che non siano giustificabili in alcuna circostanza. Ci appelliamo a tutte le parti affinché adottino immediatamente misure di de-escalation e diano prova di responsabilità. È prioritario prevenire ulteriori vittime civili” accodandosi acriticamente alla condanna unilaterale dei razzi di Hamas mentre niente si dice dell’attacco aereo che sta massacrando i civili a Gaza.
Come reagiscono le grandi potenze dinanzi a questa ulteriore tragedia per il popolo palestinese? La Russia e gli Stati Uniti esprimono grandi preoccupazioni per le azioni israeliane e intimano entrambe le parti la moderazione. Nonostante ciò gli yankee hanno bloccato nel Consiglio dell’Onu, tenutosi a porte chiuse, una risoluzione di condanna dell’azione israeliana proposta da Cina, Norvegia e Tunisia. Quanto agli Stati arabi si schierano formalmente con i palestinesi, ma non fanno di più essendo tutti impegnati a commerciare con Israele. Da parte loro, la Turchia di Erdogan minaccia di fermare il terrorismo di Stato israeliano, Iran e Siria condannano senza mezze misure l’occupante illegittimo della Palestina.
Naturalmente queste prese di posizione non hanno mutato la situazione: i bombardamenti in questo momento in atto, su un’area densamente popolata dove vivono più di due milioni di persone su 365 km quadrati, costituiscono un crimine contro l’umanità e l’ennesimo esempio della deliberata brutalità di Israele nei confronti della popolazione palestinese.
È necessaria una mobilitazione di tutti coloro vogliano svergognare una narrazione falsa degli eventi che da decenni insanguinano la terra di Palestina, e di chi ha a cuore anche solo i più elementari diritti umani.
Solidarietà con il popolo palestinese!
Note:
[1] Seraj Assi, Uno stato di apartheid, in “Jacobin Italia”, 12.5.21.
[2] Centinaia di razzi su Israele e raid sulla Striscia di Gaza, aumentano le vittime, in “Il Sole24Ore”, 11.5.21; Israele, pioggia di bombe su Gaza: 28 morti palestinesi, tra cui 10 bambini. Dall’enclave razzi anche su Tel Aviv: uccisa una donna. Colpito un oleodotto strategico ad Ashkelon, in “Il Fatto Quotidiano”, 11.5.21.
[3] Come riporta l’agenzia di stampa InfoPal, “La Mezzaluna Rossa palestinese ha dichiarato in una nota che 10 palestinesi sono stati feriti da proiettili di metallo rivestiti di gomma, cinque sono stati colpiti alla testa, quattro ai piedi e uno alla mano. I trasferimenti di alcuni feriti all’ospedale sono stati ritardati a causa della chiusura della Porta dei Leoni, agli ingressi e alle uscite, da parte della polizia. […] La polizia israeliana ha tentato di disperdere i fedeli all’interno del complesso della moschea di Al-Aqsa, venerdì sera, usando granate assordanti e bombe a gas”.
[4] Bianca Senatore, Gaza brucia ancora, pioggia di bombe nella notte: “Muoiono anche i bambini”, in “The Post Internazionale”, 11.5.21.
[5] https://www.hrw.org/news/2021/05/11/jerusalem-gaza-israeli-authorities-reassert-domination.
[6] https://carnegie-mec.org/diwan/79991
[7] Greg Shupak, Israel’s Annexation Plan Is the Latest Stage in a Long History of Violent Dispossession, in “Jacobinmag.com”, 20.7.20, tradotto da Gaia Benzi.
[8] Alberto Negri, Gerusalemme, il cuore della crisi internazionale, in “Il manifesto”, 11.5.21.
[9] https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati/2021/05/nota-farnesina-escalation-di-attacchi-e-violenze-in-israele-e-in-palestina.html