PARIGI - Malgrado i tentativi di oscuramento della grande stampa, la vera sorpresa della campagna elettorale per le elezioni presidenziali francesi è Jean-Luc Mélenchon, alla testa del movimento “La France Insoumise”. Già ministro ai tempi di Jospin e leader della sinistra socialista francese, nel 2008 se ne è distaccato, in rottura con la deriva neoliberista del socialismo europeo, candidandosi con il sostegno delle forze comuniste e di sinistra alle elezioni presidenziali del 2012, con un già lusinghiero risultato dell’11 percento. Ma questa volta, mentre nel frattempo il PS è collassato sotto le politiche ultra-liberiste ed imperialistiche di Hollande, Mélenchon punta al salto di qualità: già stimato intorno a un 15 percento nei sondaggi, sopra tutti i possibili candidati socialisti e a ridosso dell’outsider favorito della borghesia Macron, stavolta il tribuno della Francia insubordinata non gioca per partecipare. L’obiettivo, certamente difficile ma non irraggiungibile, è di arrivare al ballottaggio con la candidata nazionalista Le Pen e poi raccogliere tutto l’elettorato progressista al secondo turno. Mai come oggi fra i candidati più quotati si nota la totale mancanza di parole d’ordine progressiste, tra il nazionalismo sociale della Le Pen e il liberismo thatcheriano di Macron e Fillon, quest’ultimo anche intriso di cattolicesimo ultra-conservatore: proprio questa assenza potrebbe aprire uno spiraglio importante per un successo di Mélenchon.
La campagna si è sviluppata in maniera aperta e non convenzionale, come raggruppamento degli ultimi, degli insoddisfatti, degli insubordinati intorno alla figura carismatica che, come un antico tribuno (come l’ex ministro è correntemente soprannominato), si è fatta portavoce delle loro istanze, interpretando in chiave di rottura e cambiamento progressista dell’assetto presente un’epoca in cui il consenso di massa si organizza e si indirizza sotto forma di moderni “populismi”. Questo carattere non ha impedito alla campagna di incassare il sostegno di gran parte delle formazioni della sinistra politica francese: dal Parti de Gauche, fondato dallo stesso Mélenchon, al Parti Communiste Français, il cui appoggio, deciso al termine di una lunga discussione interna, potrà risultare vitale in termini di capacità organizzative e di mobilitazione militante, servendosi della struttura capillare che il PCF ha saputo conservare anche in momenti difficili. Infatti, sebbene si guardi bene dall’identificarsi terminologicamente con la “sinistra”, parola ormai diffusamente identificata con le politiche neoliberali e imperialistiche dei governi del PS, la campagna della Francia insubordinata ne ripropone le parole d’ordine con tutta la radicalità a cui anche le sinistre radicali europee sembrano aver abdicato negli ultimi anni, bilanciando le stesse con il tema della critica ai sodalizi politico-finanziari in grado di determinare dall’ombra le scelte dei soggetti pubblici. Fra le proposte che maggiormente caratterizzano il programma, si riscontrano l’idea di una rottura costituzionale e del passaggio a un nuovo regime repubblicano, con una revisione costituzionale improntata alla garanzia reale dei diritti sociali e a una piena e democratica sovranità popolare, tanto nelle istituzioni politiche quanto nel posto di lavoro; uscita dall’UE e dalla NATO e politica estera fondata sul multilateralismo, sulla pace e sulla cooperazione, rompendo i rapporti con gli Stati finanziatori del terrorismo internazionale; un’opera di radicale redistribuzione delle ricchezze e lotta contro i grandi patrimoni, con aumento del salario minimo, riduzione dell’orario di lavoro, abolizione della precarietà, anticipazione delle pensioni, definanziarizzazione dell’economia, tassazione al 100% per i redditi che superano di oltre 20 volte il reddito medio; attivazione di una programmazione dell’economia nazionale, in chiave ecologica e solidale; reinvestimento nei servizi pubblici e nel ruolo dello Stato per realizzare il benessere e l’emancipazione delle classi popolari; reinvestimento pubblico per la ricerca, la scienza e la tecnologia.
Il programma, completo e dettagliato, è stato steso in maniera collettiva e partecipativa, attraverso gruppi di lavoro aperti a esperti della materia di orientamento progressista e soprattutto alle esperienze portate dal mondo del lavoro, lasciando la parola in primis a quei soggetti che vivono lo sfruttamento sulla propria pelle. Un programma frutto di un impegno d’inchiesta e di elaborazione durato anni, che vuole raccogliere le ragioni d’insoddisfazione dei ceti popolari piuttosto che essere loro presentato bello e pronto chiedendo un voto sulla fiducia. Dunque, un’inversione di metodo suggestiva, per una campagna che si serve anche diffusamente degli strumenti informatici e dei social network: in particolare Youtube, dove i video di Mélenchon hanno un’enorme popolarità. Malgrado alcune innegabili differenze tra i due Paesi, molti insegnamenti hanno valore anche per le forze di classe e comuniste in Italia, tra cui in particolare Rifondazione Comunista, chiamata oggi a decidere il proprio futuro in sede di congresso. Dalla Francia giunge un messaggio chiaro: basta con slogan vuoti e impopolari come l’unità della sinistra fra sigle vuote e personaggi riciclati, ma ricostruzione dell’unità popolare! Basta smussare le parole d’ordine per non spaventare le borghesia e qualche partitino moderato con cui fare alleanze per salvare qualche poltrona nei consigli comunali! Solo dalla chiarezza della proposta politica, dal suo carattere rivoluzionario, dal suo orientamento alla rottura piuttosto che al miraggio di un compromesso sociale, dal rifiuto senza se e senza ma delle sovrastrutture dell’UE intrise irreversibilmente di neoliberismo e d’imperialismo possono derivare un recupero di credibilità e di consensi fra le classi di riferimento del movimento comunista e rivoluzionario.
L’autore è membro del Coordinamento Nazionale Giovani Comunisti e iscritto al circolo PRC di Parigi “Carlo Giuliani”.