I troppi incidenti causati dalle porte dei treni. La denuncia delle carenze costruttive che le rendono pericolose e inadeguate alle nuove esigenze dell’alta velocità. In una logica di sviluppo ferroviario che investe sulle innovazioni tecnologiche, soltanto per le linee ritenute privilegiate. E trascura la capillarità della rete e le fondamentali esigenze di sicurezza.
di Beatrice Bardelli
“Porte killer”. Così i ferrovieri hanno soprannominato le porte dei treni che, per malfunzionamento o guasto hanno provocato, dal 2003 ad oggi, la morte di 22 persone (7 dal 2003 al 2009) e centinaia e centinaia di incidenti che vanno dai più semplici (viaggiatori rimasti incastrati tra le porte) ai medio-gravi (frattura delle braccia) ai più gravi in assoluto: 10 mutilati tra cui anche ferrovieri. Le porte dei treni sono, infatti, una delle maggiori cause di infortunio in ambito ferroviario, sia per frequenza che per gravità. Incidenti che sono legati alle caratteristiche costruttive e progettuali dell’intero sistema delle porte, ad un uso non avveduto ma, soprattutto, a malfunzionamenti delle apparecchiature.
“Un fenomeno frequente e gravissimo che interessa tutti i viaggiatori, sostanzialmente ignorato dall'opinione pubblica e tollerato dalle Istituzioni, con particolare riguardo alla magistratura, al ministero dei trasporti ed all'Agenzia per la Sicurezza delle Ferrovie (ANSF): rimanere intrappolati mentre si sale o scende da un treno e subirne le gravi conseguenze è molto più facile di quanto si possa credere. Lo dicono i numeri che raccontano di questa tragedia ignorata – si legge nella premessa alla corposa documentazione sugli incidenti causati dalle porte killer che è stata raccolta dal giornale politico-sindacale dei ferrovieri “ancora IN MARCIA!” (http://www.inmarcia.it/porte-killer).
Incidenti che si sono ripetuti costantemente nel tempo.
All’inizio, sotto accusa sono stati i sistemi di apertura manuale delle porte. Quando il treno era fermo in stazione ma in partenza, con le porte già chiuse, era possibile aprire manualmente le porte dall’esterno se qualcuno voleva salire all’ultimo tuffo. A Lambrate, il 1° marzo 2007, una ragazzina di 16 anni che aveva tentato la pericolosa manovra per non perdere il treno, era scivolata finendo sotto le ruote. Le fu amputata una gamba. Due alti dirigenti, il capo della direzione Ingegneria, sicurezza e qualità di sistema di Trenitalia ed il direttore dell’ex Cesifer (oggi Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria) furono accusati di lesioni colpose gravissime per avere violato le norme specifiche che imponevano di modificare il sistema di chiusura delle porte. Infatti, già dal 2003, quattro anni prima, un piano di sicurezza di Trenitalia aveva previsto l’introduzione di un sistema di porte autobloccanti ma non era stato mai applicato. Dopo quell’incidente, Trenitalia ha cominciato ad introdurre anche nei vecchi treni un sistema che impedisse di aprire le porte dall’esterno, manualmente.
Il 2007 rappresenta l’anno di svolta nel sistema di sicurezza delle porte dei treni. Per una serie di motivi.
Nella Disposizione di RFI 30/2007 si rende obbligatorio dotare i treni di un “controllo centralizzato”, ovvero di un circuito elettrico di “controllo porte chiuse” che consiste in un semplice sistema di sicurezza collegato a tutte le porte del treno e che fa accendere una spia luminosa nella cabina di guida per avvertire il macchinista che tutte le porte sono regolarmente chiuse. Il controllo centralizzato, all’inizio, è stato messo su tutti i treni Eurostar e su molti treni pendolari. Su alcune famiglie di treni regionali verrà installato solo nel 2012 e dal 1° gennaio del 2013 è diventato (veramente) obbligatorio su tutti i treni in circolazione.
Ma la spinta reale a rendere più sicuro il sistema di apertura delle porte arriva il 29 novembre 2007 con la sentenza del Tribunale di Prato che condannava per omicidio colposo (il reato è stato prescritto) tre alti dirigenti di Trenitalia e RFI per la morte di una viaggiatrice che, credendo fosse la porta del bagno, aveva aperto la porta del treno in corsa. L’incidente mortale era avvenuto nel 2002. Ed i tre dirigenti erano due di RFI ed uno di Trenitalia. Quest’ultimo era quel Michele Elia che in seguito sarebbe diventato l’amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane.
Nonostante l’obbligatorietà del “controllo centralizzato”, ai primi di dicembre del 2007 i delegati Rsu ed i rappresentanti per la sicurezza dell’Assemblea Nazionale dei Ferrovieri presentarono un esposto alle Procure di Roma e di altre città italiane in cui denunciavano che la metà dei treni in circolazione (Intercity, Espressi e parte dei regionali) non avevano i dispositivi atti ad impedire che qualcuno rimanesse intrappolato tra le porte del treno già in moto e che, negli ultimi mesi, c’erano stati 4 morti e, negli ultimi due anni, circa 800 infortuni. Denunciavano, inoltre, un altro fatto gravissimo, ovvero che nuove disposizioni interne, entrate in vigore il 1° dicembre, come si legge nel comunicato Ansa del 4 dicembre 2007, “vanificano” il sistema “controllo porte chiuse” per garantire maggiore puntualità. Ovvero: il dispositivo di sicurezza sarebbe stato disattivato “per ragioni organizzative” nelle cosiddette carrozze a media distanza consentendo la partenza dei treni anche in assenza del segnale-spia luminosa in cabina di guida. Affidando il controllo visivo al capotreno. Una “missione impossibile” denunciavano i ferrovieri considerando che un Etr ha ben 46 porte!
Gli incidenti continuano. Maledetta lateralizzazione.
Anche se il “controllo porte chiuse” è diventato obbligatorio dal 1° gennaio 2013, gli incidenti a causa delle porte killer sono continuati. Gli ultimi treni su cui è stato installato il circuito elettrico sono stati i convogli dei Servizi di Base (Espressi, Intercity, Intercitynight) e quelli di Frecciabianca che sono stati muniti di un congegno di lateralizzazione delle porte che dovrebbe consentire il controllo dell’effettiva chiusura delle stesse fino al comando di “sblocco” dato dal macchinista e l’apertura dal solo lato che effettua il servizio viaggiatori. Ma questo nuovo dispositivo di controllo a centraline elettroniche ha mostrato fin dall'inizio una scarsissima affidabilità tanto che sono stati segnalati quotidianamente dal personale FS numerosi problemi di malfunzionamento. “La maggior parte dei ritardi che gli altoparlanti delle stazioni attribuiscono genericamente alla “preparazione del treno in partenza“ dipendono spesso proprio dal malfunzionamento del sistema di lateralizzazione – si legge sul sito di ancora IN MARCIA!. Se funzionante, tale meccanismo di chiusura delle porte dovrebbe consentire ai viaggiatori di aprirle soltanto quando il treno è fermo, su comando del macchinista, e solo dal lato del marciapiede destinato al servizio viaggiatori. Proprio per impedire di aprire le porte e scendere erroneamente dal lato sbagliato o fuori dalle stazioni. Invece, il 7 gennaio 2013, poco fuori la stazione di Arezzo, in direzione Roma, viene trovato il cadavere di Francesco Lupi, 81 anni, residente ad Arezzo (http://www.inmarcia.it/component/content/article/28-ultimora/578-porte-killer-viaggiatore-muore-arezzo).
La vittima, che si trovava sull'intercity 592, Roma-Firenze, dove sono stati trovati, poi, i suoi bagagli, era probabilmente sceso dal treno in mezzo ai binari, fuori dalla stazione, dove il treno aveva effettuato una breve sosta al segnale di protezione. Quella porta non si doveva aprire, denunciano i ferrovieri. E non è stato un caso isolato. Infatti, secondo alcune notizie della Polfer di Trieste (riportano i ferrovieri), l’apertura delle porte, a treno fermo e senza il consenso del macchinista, si sarebbe verificata durante alcune prove anche sul “treno gemello” 592 del giorno dopo. Un guasto che, dalle segnalazioni avvenute su altri treni, sembrerebbe uno dei vari punti deboli di questo sistema.
Diversificare non garantisce la sicurezza.
Sin dalle fasi della sperimentazione, questo congegno, gestito da centraline di tre tipi diversi, costruito da ditte diverse e montato su diversi tipi di vetture e locomotive, ha manifestato svariati tipi di malfunzionamento: porte che dovrebbero essere bloccate e non lo sono, porte che consentono l’accensione della spia che segnala l’avvenuta chiusura e bloccaggio di tutte le porte ed invece rimangono aperte, frequenti avarie in corso di viaggio delle centraline stesse, ecc.. Con una frequenza e sistematicità preoccupanti (http://www.inmarcia.it/component/content/article/28-ultimora/580-porte-killer-dopo-lultimo-infortunio-mortale-interviene-ansf-ma-non-basta). Un sistema che non può essere considerato sicuro, denunciano i ferrovieri, e che è causa di moltissimi ritardi, soppressioni, disagi per i viaggiatori oltre che di sovraccarico lavorativo, responsabilità e ansia per il personale, costretto a lavorare troppo spesso in “regime di guasto”. Un ulteriore, ed improprio, carico di responsabilità sulle spalle del Personale di Macchina e di Bordo, come dimostra proprio la vicenda della morte del viaggiatore di Arezzo per la quale l’intero equipaggio del treno Intercity è stato indagato, scrivono i ferrovieri. Probabilmente, il ritardo con cui si è intervenuti ad installare il sistema di controllo delle porte sui treni Espressi ed Intercity è stato la possibile causa dell’adozione frettolosa di un progetto inadeguato alle necessità. Su un parco abbastanza vario di carrozze sono state adottate, infatti, tecnologie e sistemi elettronici diversi che rendono complesso e quindi, poco affidabile, l'intero sistema. Aumentando il rischio per l'incolumità dei viaggiatori, ritardi, stress e responsabilità penali del personale FS. Comunque, a seguito dell’incidente mortale di Arezzo, l’ANSF, a causa dell’eccessivo numero di porte guaste rilevate durante le ispezioni ai treni, decise di non consentire più la prassi di fare uscire dagli impianti di manutenzione treni con porte bloccate o circuiti guasti. Tradotto per gli increduli. Fino a quella data, quindi, tale prassi era possibile!
L’escamotage.
Ma l’ANSF, dicono i ferrovieri, non ha affrontato il problema cruciale dei guasti durante il servizio, lasciando alle imprese la libertà di utilizzare i treni, con porte guaste, fino alle ore 24 del giorno successivo al guasto, a condizione che siano rispettate imprecisate quanto generiche misure di mitigazione dei rischi. La cui individuazione e attuazione è lasciata alla discrezionalità dell’impresa stessa.
“Purtroppo per noi ferrovieri – si legge nel documento al link succitato – tale mitigazione consiste, dopo sommari controlli da fermi, solo nell’affidamento al capotreno del controllo, continuativo e contemporaneo, di tutte le porte del treno durante l’intero tragitto, lasciandoci un’enorme carico di responsabilità. Crediamo che non si debba mai partire con un dispositivo di sicurezza guasto e se l’avaria si presenta in corso di marcia dovremmo, secondo noi, adottare misure di reale mitigazione del rischio quali riduzione di velocità, sosta per riparazioni, scarto della carrozza guasta ecc.”. Invece può succedere che un treno con le porte guaste possa fare migliaia di chilometri per quasi due giorni (il tempo per un Eurostar di percorrere più volte la tratta Salerno-Torino andata e ritorno) purché non entrino nel proprio impianto di manutenzione da cui non potrebbero più uscire se non perfettamente funzionanti.
E con l’Alta Velocità le porte volano via!
Lunedì 20 luglio. In Toscana è successo quello che nessun viaggiatore si sarebbe potuto immaginare, L’anta di una porta di un treno regionale 3171, Firenze-Arezzo, si è staccata ed è letteralmente volata via mentre il convoglio percorreva un tratto della linea Alta Velocità in una delle gallerie (San Donato) della direttissima quando ha incrociato un treno AV. Con ogni probabilità l'incidente è stato causato dall'onda d'urto della sovrappressione e dalle turbolenze che si determinano in galleria, al momento dell'incrocio con i treni che marciano in senso opposto, a 250 Km/h. Il macchinista ha arrestato subito il treno ed ha attivato tutte le procedure di cautela: fortunatamente non ci sono stati feriti ma il rischio è stato altissimo. Quella porta così pesante avrebbe potuto colpire i finestrini di un treno che transitava in senso opposto, volare giù da un cavalcavia su una casa, un centro abitato o, peggio ancora, su una strada trafficata. Un caso isolato? No. Non è la prima volta che succede, avvertono i ferrovieri. Era già successo, il 27 febbraio 2012, all’Etr 485/36 del treno Eurostar, Frecciargento 9482, partito da Roma intorno alle 18.30 e diretto a Brescia. Durante il viaggio, nei pressi di Chiusi, il treno ha perso una porta viaggiando a 250 chilometri l’ora proprio mentre incrociava un Frecciarossa. Solo tre giorni prima, l’ANSF aveva denunciato la scarsa manutenzione dei treni Etr. E’ di nuovo successo quasi due mesi dopo, il 18 aprile, al treno pendolari 2315: un “Vivalto” Firenze-Roma delle 17.12. Mentre transitava nella lunga galleria San Donato, la prima a sud di Firenze, si è sentito uno spostamento d’aria, tipico di quando si incrocia un altro convoglio, poi un colpo secco e una delle porte ha ceduto. Arrivati alla stazione di Figline, a treno fermo, i viaggiatori hanno verificato che la porta stava per cadere dalle sue guide. In questi casi non c’entra la vetustà dei treni. Il treno coinvolto una decina di giorni fa, l’elettrotreno denominato “Jazz” e realizzato dalla società Alstom, ex Fiat ferroviaria, è il treno regionale più nuovo attualmente in esercizio in Toscana. E’ entrato in servizio in marzo e, a detta degli esperti, “avrebbe tutto”. Allora cosa è successo? Se lo chiedono in molti e molti ipotizzano che, essendo le sue porte molto grandi e comode, si sarebbe potuto trattare di un problema connesso con la resistenza meccanica delle porte stesse o anche di una rottura meccanica della porta volata via. Anche se, fortunatamente, nessuno dei circa cento pendolari a bordo è rimasto ferito ed i danni si sono limitati a ritardi consistenti per il traffico nord-sud sulla linea AV, questo incidente è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non solo dei ferrovieri, che si trovano a dovere affrontare emergenze improvvise causate da guasti imprevisti che possono mettere in pericolo la vita stessa dei viaggiatori, non solo dei pendolari, che si trovano a subire disagi e ritardi indipendenti dalla loro volontà, ma del numero Uno delle Ferrovie, l’amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato italiane, Michele Elia, che, il 22 luglio, ha convocato immediatamente, a Roma, una riunione di emergenza con tutti gli amministratori delegati di tutte le aziende. Per risolvere l’emergenza treni in Toscana “anche in vista dei picchi di traffico che si registreranno in concomitanza con le vacanze estive”. In questa regione, infatti, nel giro di una decina di giorni, si è verificata una serie di guasti, tutti concentrati in area fiorentina, dovuti al caso o al caldo eccessivo, che hanno mandato in tilt il sistema regionale dei trasporti ferroviari. Una volta ha preso fuoco una scarpata vicino ai binari, un’altra è caduta la linea di alimentazione di un treno, un’altra ancora si è bloccato un binario. “Nel corso della riunione – precisa la nota del Gruppo FS – è stata disposta l’attivazione di centri operativi territoriali permanenti ed è stato deciso un potenziamento dei controlli su tutti i punti critici, con il presenziamento da parte del personale tecnico, e l’attivazione di turni straordinari di lavoro per la manutenzione dei treni nelle officine di Firenze Osmannoro”.
Primo appello del macchinista Dante De Angelis: ai viaggiatori.
“Il problema delle porte continua ad essere evidentemente un elemento critico e come tale deve essere affrontato con determinazione da parte di tutti i soggetti coinvolti, azienda, Istituzioni, ovvero magistratura, ANSF, Regioni, Ministero dei trasporti, ferrovieri e pendolari. Faccio appello a tutti i viaggiatori di rispettare i cartelli di pericolo, di mantenersi possibilmente sempre ad una giusta distanza dalle porte durante la marcia del treno e di fare attenzione a non salire o scendere da un treno in movimento. Meglio perdere un treno che una gamba o la stessa vita – ha dichiarato a caldo Dante De Angelis, il macchinista di Trenitalia del Deposito locomotive di Roma San Lorenzo, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, ed il ferroviere più noto d’Italia per essere stato licenziato per ben 2 volte e per altrettante volte riammesso a pieno titolo al lavoro.
Secondo appello dei macchinisti Dante De Angelis ed Ezio Gallori: ai politici.
Ma il problema che preoccupa di più i ferrovieri è che, a causa delle lacune costruttive in merito alla resistenza delle porte ed a causa delle onde di pressione che si generano in galleria durante gli incroci con i treni AV, che viaggiano ad oltre 200 km l’ora, alla fine, si decida per la politica del…“Buon trasporto”. Ovvero, si decida di escludere i treni regionali dalla possibilità di utilizzare la linea direttissima a vantaggio dei soli treni AV. Una scelta politica perfettamente in linea con quelle già approvate della “Buona scuola” e della “Buona sanità”. Ovvero, l’offerta di un trasporto ferroviario a due velocità (ed è proprio il caso di dirlo). Un trasporto lento e su binari regionali periferici, per i pendolari, ed un trasporto veloce, sulla cosiddetta direttissima, per chi utilizza l’AV. Si sa che, sulla linea Roma-Firenze, è già tutto pronto, dal punto di vista tecnico, per passare dai 3.000 volts a corrente continua, con cui è elettrificata l’intera rete ferroviaria italiana, ai 25.000 volts a corrente alternata delle nuove linee veloci AV. Manca solo la decisione politica. Che potrebbe arrivare da un giorno all’altro sconvolgendo la vita di centinaia di migliaia di pendolari. Declassati, improvvisamente, a cittadini di serie B. “Tutti i cittadini hanno diritto a fruire dei vantaggi derivanti dall'uso delle infrastrutture più moderne, come la direttissima. Tutti hanno diritto a pari dignità di trattamento in termini di sicurezza e di qualità, riguardo al trasporto ferroviario: sia quando utilizzano i treni sovvenzionati dallo Stato, dalle Regioni che quando utilizzano quelli dell’Alta Velocità” – sostiene lo storico macchinista, Ezio Gallori di Firenze – . Semmai si dovrebbe dedicare maggiore impegno alle caratteristiche costruttive ed alla manutenzione dei treni pendolari. La sola ipotesi che i pendolari dei treni regionali da Roma, Orte, Orvieto e del bacino di Chiusi, Arezzo e Valdarno possano essere estromessi dalla linea veloce, dovrebbe allertare l'opinione pubblica, tutte le istituzioni locali, i soggetti sociali ed economici interessati che vedrebbero peggiorare significativamente, insieme al servizio ferroviario, anche la vita economica e sociale di questo vastissimo territorio, con allungamenti di percorrenza, da e verso Firenze, di oltre 30 minuti”. “Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha detto che i nuovi treni regionali sono fatti per andare dappertutto. Ma non è così – conclude De Angelis – . Già da ora siamo a rischio. Se succedesse quello che temiamo, nessun treno pendolare, treno merci, Intercity o Frecciabianca, potrebbe passare più sulla direttissima. Bisogna che le Istituzioni, gli operatori, gli ordini professionali, i cittadini interessati chiedano con forza che la modifica del sistema di alimentazione avvenga soltanto dopo che avranno costruito treni pendolari che possono viaggiare a 25.000 volts. Non prima”.