I fantasmi del G7

Nel G7 dei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno premuto per boicottare sul piano economico e contrastare sul piano militare Russia e Cina. Sul primo tavolo, l’economico, hanno poche carte da giocare, per questo è serio il rischio che giochino sul secondo.


I fantasmi del G7

“I giorni in cui le decisioni globali erano dettate da un piccolo gruppo di paesi sono finiti da molto. Noi crediamo che i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, poveri o ricchi, siano tutti uguali, e che gli affari del mondo devono essere gestiti attraverso la consultazione tra paesi” (Xi Jinping, 15 giugno 2021).

Con questa dichiarazione il presidente cinese commentava gli esiti del G7 di pochi giorni fa in Cornovaglia. Per comprendere se ci siano ragioni obiettive per una dichiarazione di implicita condanna, occorre esaminare le conclusioni del vertice e il contesto dei rapporti internazionali. 

Ma prima una premessa: chi scrive ammette di non avere certezze sulla prospettiva del sistema economico e sociale della Cina. L’apertura al capitale, compreso quello transnazionale, è stata per questa nazione una necessità, per far uscire dalla miseria un miliardo di persone e per diventare una potenza economica che sta sorpassando (e ha già sorpassato in termini di potere d’acquisto) quella statunitense. Tuttavia tale apertura ha determinato la presenza di un ceto borghese molto ricco e l’ampliamento delle diseguaglianze. Non è facile prevedere il ruolo politico che potrà assumere in futuro questa nuova borghesia, anche se al momento il ruolo del Partito Comunista Cinese nella società e dello Stato, ancora proprietario di settori economici strategici e del sistema bancario, vengono proclamati come saldi; altrettanto la pianificazione dell’economia, con risultati indiscutibili. Perciò le sorti di quell’immenso popolo dipenderanno dalla lotta di classe, che attualmente è vivace, e dai rapporti di forza fra le classi, potendo quel sistema economico sfociare sia verso una una completa restaurazione capitalistica che verso un’originale forma di socialismo.

Non sono quindi un fanatico sostenitore del regime politico e sociale cinese, e tanto meno di quello russo, ma credo che anche chi non li ama dovrebbe preoccuparsi per la politica aggressiva degli Usa che ha già intrapreso una nuova guerra fredda, con seri rischi che diventi calda e dagli esiti catastrofici per l’intera umanità. I comunisti e ogni sincero democratico, a prescindere dai loro giudizi sulla realtà cinese, dovrebbero allarmarsi per i toni bellicosi di Biden e del suo entourage.

È in questo contesto che bisogna ragionare degli esiti, per quel poco che ne traspare, del vertice dei G7.

I vaccini, di cui straparlano i media, sono stati in realtà un argomento marginale dell’incontro. Draghi ha invece dichiarato che al centro c’è stato l’atteggiamento che dovrà essere adottato nei confronti della Cina, da lui accusata delle peggiori nefandezze, e pertanto ha annunciato che l’Italia rivedrà la posizione sulla Via della Seta, una delle pochissime cose buone fatte dal governo Conte nell’interesse del nostro paese, mentre gli Usa annunciano un loro piano alternativo a quello cinese.

Biden dal canto suo, incontrando l’entusiasmo del nostro presidente del Consiglio e degli altri leader dei satelliti degli Usa, ha voluto “ricostruire le alleanze tradizionali" degli Stati Uniti, dopo che il predecessore Trump aveva fatto qualche apertura alla Russia e qualche sgarbo ai paesi dell’Unione Europea (Ue).

La richiesta alla Cina è quella consueta: il rispetto dei diritti umani. Ma L’Ue e gli Usa non parlano di condannare l’Arabia Saudita – o altri alleati degli Usa – che non solo viola platealmente i diritti umani, ma combatte ferocemente una guerra in Yemen, provocando migliaia morti civili e immense distruzioni.

Anche il segretario di stato degli Stati Uniti, Blinken, ha detto che il suo paese aderisce a un “ordine internazionale su base normativa”, una perifrasi che significa scontro con chi non aderisce a quel tipo di “ordine”, primi fra tutti Cina e Russia, insieme a qualche altro paese antagonista di Washington (Corea del Nord, Iran, Siria, Bielorussia, Venezuela, Cuba ecc.).

La pretesa di Biden è di conservare l’egemonia Usa che si sta sfaldando e che forse già non c’è più. Ma per questo scopo, essendo questa presunta egemonia basata sulla forza militare, si pone in continuità con Trump nell’aumento delle spese per gli armamenti e nel richiedere che gli alleati facciano altrettanto.

Del resto fin dall’insediamento alla Casa bianca e dalla scelta dei suoi collaboratori è emersa chiaramente la volontà del presidente americano di scontrarsi ideologicamente e soprattutto con atti economici e militari con chi è alleato dei suoi principali nemici, che viene definito “autocrate” mentre dall’altra parte ci sarebbe il massimo della democrazia, come in Israele, nel Brasile di Bolsonaro, nelle Filippine, e negli stessi Usa, tanto per citare solo alcuni casi. Così come è poco democratico il sostegno dato a diversi golpe, tra cui quello contro il governo bolivariano del Venezuela, nella speranza di farlo tornare alla “democrazia” (leggasi vassallaggio).

In un contesto di forte schieramento atlantista e liberista, non ci poteva essere, e non c’è stato, nessun riferimento a un equo diritto internazionale o al ruolo dell’Onu, né tanto meno di revocare la trumpiana sospensione del trattato di non proliferazione delle armi atomiche stipulato all’epoca della ex Unione Sovietica.

Sgombrato quindi il campo dai pretesti – democrazia, diritti umani – il vero presupposto di questa aggressiva strategia Usa, da cui sarebbe estremamente salutare che il nostro paese, sede di molte basi militari americane e Nato e proiettato sulle aree di guerra, si dissociasse, è il timore di essere superati sul piano economico dalla Cina. Questa è la vera minaccia che non può essere tollerata.

Da qui, già con Trump, la guerra commerciale, i dazi altissimi, il contenzioso per le presunte violazioni della proprietà intellettuale. Il vero scopo è bloccare il programma cinese di sviluppo economico basato sull’innovazione: robotica, rete 5G, intelligenza artificiale, su cui il colosso asiatico sta compiendo passi da gigante e nel 2020 ha superato gli Usa per entità di investimenti in ricerca e sviluppo.

A questo fine la prima potenza mondiale (per quanto ancora?) ricerca alleanze con altri partner imperialisti tra cui i paesi Europei più che con l’Ue, assai lontana da esprimere una seria politica estera che non si limiti a dichiarazioni di consenso. Questo scontro porterà al nostro paese conseguenze negative, visto che la Cina intende rispondere con ritorsioni, per ora inferiori ai provvedimenti degli Stati uniti, ma che comunque potrebbero danneggiare i nostri rapporti commerciali con un enorme mercato di sbocco quale quello cinese. Basti pensare che l’interscambio del nostro paese con la Cina ammontava nel 2020 a 28,5 miliardi di dollari e che tale volume è cresciuto del 50% nei primi cinque mesi di quest’anno. In particolare le nostre esportazioni verso quel paese sono cresciute del 75% e circa duemila imprese italiane operano in Cina.

Al fantasma del Dragone si aggiunge quello della Russia che, dopo la parentesi filoamericana del penoso Eltsin, intende portare avanti una politica autonoma e arginare gli attacchi che sta ricevendo, per ora localizzati nei paesi vicini. Alla Russia viene intimato di abbandonare “il suo comportamento destabilizzante” che crea “interferenza nei sistemi democratici di altri paesi”. Per questo l’Ue è stata invitata a ridiscutere gli accordi vigenti con la Russia e già precedentemente erano stati messi i bastoni fra le ruote anche ai gasdotti destinati a rifornire le nostre economie.

La Cina viene accusata invece di condurre “pratiche non di mercato” (quelle che hanno debellato la miseria!) che minacciano “l'economia globale”.

Orvellianamente viene capovolta la realtà, asserendo “azioni aggressive della Russia” e il potenziamento militare della Cina, volto ad accrescere la sua “influenza e il suo comportamento coercitivo” che “sfida la nostra sicurezza”.

È anche la Via della Seta costituisce “pratiche non di mercato”? E Perché dà tanto noia? Perché prevede investimenti miliardari in un’estesa area del globo, compreso il nostro paese, mentre gli Usa, dopo la parentesi della ricostruzione post bellica, sanno esportare solo guerre

Per fermare “l’aggressione” cinese si cerca di boicottare la rete ferroviaria che parte dalla Cina, attraversa l’Asia, la Russia e il Medio Oriente e giunge in Europa, interessando anche il Nord Italia. Altrettanto avviene per la via marittima che dovrebbe realizzare infrastrutture portuali integrate con le ferrovie in 60 paesi.

Sul piano economico tutto testimonia che gli Usa partono sconfitti in questa guerra. Sono i massimi debitori della Cina (27mila miliardi) che detiene ingenti riserve in dollari e avrebbe la possibilità di mettere in crisi quella moneta, mentre il deficit commerciale dello Zio Sam continua a crescere di diverse centinaia di miliardi all’anno.

Inoltre anche la supremazia del dollaro rischia di svanire, visto che diverse nazioni, comprese Russia e Cina, si stanno attrezzando per utilizzare nei loro interscambi una diversa valuta. Il che non sarebbe difficile, visto che il dollaro è divenuto carta straccia da dopo che non è più convertibile in oro. Il condizionale è però d’obbligo perché tale supremazia si regge sulla potenza militare americana.

Intanto in Asia si sta costituendo, attraverso accordi commerciali, un blocco economico autonomo che include una quindicina di paesi, fra cui la Cina, il Giappone, l’intero Sudest asiatico e il continente australiano, che coinvolge un terzo della popolazione mondiale e che Biden non ha molte possibilità di far revocare, come invece sta avvenendo con gli accordi stipulati dalla mansueta Europa.

Insomma gli equilibri geopolitici si stanno modificando profondamente e il disperato tentativo Usa di arrestare questo processo costituisce un pericolo enorme per le sorti dell’umanità.

Forse tenendo conto di ciò si può comprendere una delle ragioni della fine di Gheddafi, e la promozione intorno a Cina e Russia di regimi “democratici” per quanto spesso di ispirazione fascista e la costruzione, sempre intorno ai due nemici, di numerose basi missilistiche nucleari e sistemi satellitari spaziali. E anche perché non un rivoluzionario, ma il politologo Graham Allison, di orientamento repubblicano, titola un suo libro “destinati alla guerra” ove la possibilità di uno scontro armato anche nucleare è presa seriamente in considerazione.

La minaccia cinese, per gli Usa, è esclusivamente di tipo economico ed egemonico, visto che quel paese, pur dovendo necessariamente attrezzarsi anche contro un eventuale attacco armato, non possiede una forza militare che possa minacciare i signori della “democrazia”, né è solita ingerirsi negli affari di altri paesi, limitandosi a spingere per accordi commerciali e a fornire una limitata assistenza economica a qualche paese boicottato dagli Usa. Nel sostegno di questi paesi parrebbe mostrare qualche attività in più, motivata certo non da ragioni umanitarie, la Russia. Per esempio nei confronti del Venezuela.

Chi non è sciocco o in malafede non può ignorare che gli Usa sono la potenza più aggressiva, che ha collocato in mezzo mondo propri armamenti e basi militari e che ha spiato le altre nazioni, anche quelle alleate, le quali però non se ne lamentano, e che ha cercato di manipolare le elezioni in altri Stati – come Snowden ha rivelato, pagandone terribile conseguenze (a proposito di diritti umani).

Il rilancio della politica aggressiva è confermato dal summit della Nato del 14 giugno, a cui Biden ha voluto partecipare in prima persona e menar la danza e in cui i paesi aderenti sono stati chiamati alle armi in un conflitto globale contro Russia e Cina

A tal fine è stato deciso di aumentare le spese militari. Per l’Italia, che già spende 30 miliardi all’anno, è previsto il superamento dei 40 (si tratterebbe di un aumento di oltre il 33%).

Pochi giorni prima era stata firmata con l’Inghilterra la Nuova Carta Atlantica, che impegna a “difendere i valori democratici” contro chi li avversa, anche facendo ricorso ai “deterrenti nucleari”.

La ubbidiente Ue ha adottato intanto restrizioni contro ufficiali cinesi. Il motivo? Ovviamente, per i gonzi, la violazione dei diritti umani della minoranza degli Uiguri nello Xinjiang.

Se gli Usa vogliono trasformare il mondo in una polveriera, spetta ai popoli amanti della pace e del progresso sociale unirsi per fronteggiare le vere minacce e spetta ai lavoratori dei paesi che, come il nostro, sono alleati degli Stati Uniti, nonché ai lavoratori di quello stesso paese premere perché queste minacce non vengano messe in atto.

17/06/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: