BREMA. Sulle cripto-valute, come Bitcoin, è in ascesa l’interesse anche perché se ne vorrebbe sapere di più. Intanto a Mosca il presidente Putin chiede al governo di varare una normativa che esamini le cripto-valute e un importante imprenditore ha convertito una ex fabbrica di automobili in “mining farm” ovvero in uno stabilimento di “estrazione” di bitcoin. Attualmente ne vengono "coniati" 60 al mese. Il controvalore è vicino al milione di dollari.
Le cripto-valute come il Bitcoin sono scambiate senza intermediari e possiedono la caratteristica di non essere emesse da istituti bancari. Sono “estratte”, come si scavasse una miniera: da qui il termine inglese “mining”. Per “produrle” si devono risolvere complessi problemi matematici e algoritmici.
Come dire che per coniare valuta virtuale occorre una elevata potenza di calcolo: per questo esistono le “mining farm”, fabbriche dove centinaia di processori lavorano simultaneamente. Una tecnica utilizzata nei centri di calcolo scientifico ha la finalità di creare cripto-valuta.
L’imprenditore Dmitri Marinchev ci rivela due grandi vantaggi che ha la Russia nel business di Bitcoin: grande quantità di energia elettrica a basso costo e un clima che permette di risparmiare sugli impianti di raffreddamento. La Russia sta competendo con la Cina per volume di produzione e potenza di calcolo. Marinchev ha investito finora 10 milioni di dollari nella vecchia fabbrica sovietica.
Intorno alle cripto-valute c’è lavoro indotto: a Mosca, uno dei maggiori data center dell’Europa orientale ha in fase di test un “ostello per minatori”: 80 euro al mese per installare i propri computer calcolatori in un capannone aziendale.
C’è, insomma, un certo ottimismo per Bitcoin e affini tra la gente, non tra le autorità russe perché le cripto-valute sono una possibilità di riciclare denaro, evadere il fisco e finanziare il terrorismo. C’è il rischio che in un futuro non lontano ogni Stato, ogni persona avrà la sua cripto-valuta e ci sarà lo scambio in una borsa mondiale decentralizzata. Qualcuno sostiene che si possa trattare di un sistema più affidabile di quello bancario.
C’è l’app C che fa il giro via web promettendo di guadagnare 500 euro in due giorni investendo 50 euro, dopo essersi registrati con nome e cognome, e-mail, password e la certificazione di essere maggiorenni – un po’ come in qualche sito porno. Dopo la conferma dell’indirizzo e-mail si apre subito l’applicazione dell’investimento vedendo apparire sullo schermo tutte le cripto-valute trattate: i Bitcoin, i più famosi e costosi; poi gli altri, apparentemente meno cari, come gli Ethereum a 858 dollari (726 euro, il +20% rispetto al giorno prima), i Litecoin a 360 dollari (304 euro, +14%). Per cominciare bisogna completare il proprio conto con l’inserimento del numero di cellulare con annesso codice di verifica ricevuto e con l’aggiunta di un metodo di pagamento (conto Coinbase se già posseduto, carta di credito o di debito, conto corrente) e la scannerizzazione di carta d’identità o passaporto o patente. Qualcuno sceglie l’opzione conto corrente e si trova costretto a inviare un euro su un deposito, denominato in Coinbase Uk Ltd, Estonia, che attribuisce un conto bancario con Iban: As Lhv Pank, è la banca che ha sviluppato i conti deposito in Bitcoin. Indirizzo banca: Tallinn; indirizzo del destinatario Londra. Dunque, mandando l’euro alla banca estone lo riceve la banca con sede a Londra.
Bitcoin utilizza la tecnologia peer-to-peer, così può operare in autonomia da autorità centrali di controllo e dalle banche; perché la gestione delle transazioni e l'emissione di bitcoin è effettuata collettivamente dalla rete. Quindi, Bitcoin è open-source e la sua progettazione è pubblica. Ci viene raccontato che nessuno possiede o controlla Bitcoin perché ognuno può prendere parte al progetto, ma è tramite alcune delle sue proprietà che Bitcoin permette utilizzi entusiasmanti non coperti da altri sistemi di pagamento in uso.
Ci possono essere tutta l’autonomia e la libertà immaginabili, ma sembrerebbe di trovarsi, ancora una volta, di fronte a un frutto del sistema finanziario capitalistico che “controlla” anche il circuito delle cripto-valute.