Nella manifestazione contro il ddl Cirinnà è esploso un fanatismo religioso in concorrenza al fondamentalismo islamico. Inconcepibile per i cattolici l’adozione del figlio del partner, la stigmatizzata stepchild adoption. La famiglia tradizionale ha diritti preesistenti all’articolo 29 ed è solo una delle possibilità di formazione di un gruppo sociale. La favola della sacra famiglia.
di Alba Vastano
Sul Family day, l’evento che, sotto l’egida della formula della famiglia tradizionale, il 30 gennaio a Roma, ha raccolto un “modesto” numero di dimostranti al circo Massimo, sarebbe meglio stendere un velo pietoso. Anzi misericordioso per allinearsi con il tema dell’anno santo. Più che altro è emerso in modo esplosivo un fanatismo religioso che fa concorrenza spietata al fondamentalismo islamico. Nel visualizzare quelle immagini tramite i media “si stringe il cuore” per lo spettacolo di subcultura, la più gretta e provinciale. Infine viene anche da sorridere per le performance di carattere burlesco, che richiamano un po’ le novelle di Basile nel suo “Lo cunto de li cunti”, dei personaggi che vi hanno partecipato.
Orde di barbari giullari che hanno rinnegato millenni di storia sociale della famiglia scendono in piazza per protestare contro i diritti delle unioni civili e di chi sceglie di sposarsi, con la “pecca”di essere omosessuale. Il colpo grosso del ddl Cirinnà, per i malpensanti, è la stepchild adoption, ovvero la possibilità per una coppia di poter offrire amore ad un bambino, figlio naturale del partner. Inconcepibile per i cattolici. Un ossimoro questo fra gli ossimori che la religione cristiana che invita all’amore, al perdono, alla misericordia e alla fratellanza perpetra da millenni.
Ma cos’è in fondo una famiglia se non un prodotto culturale in continua trasformazione, a seguire l’evoluzione di una società che cambia nel trascorrere del tempo usanze e costumi? La famiglia tradizionale, quella che la Costituzione all’art.29 riconosce nell’atto giuridico del matrimonio, verrebbe proprio da dire che sia un nonsense. "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio". Oggi l’enunciato, così com’è espresso, lascia molti dubbi e dà spazio a riflessioni sul concetto di famiglia naturale e sui diritti che seguono se avviene il contratto matrimoniale.
Il termine “famiglia” anzitutto esprime un concetto di società naturale preesistente alle norme della giurisdizione. Tant’è che la Repubblica italiana ne riconosce i diritti che non sorgono con la norma giuridica, ma sono precedenti. Infatti si limita a pronunciarsi sul riconoscere i diritti e non a fissare diritti ex novo. Perché una società naturale li possiede già in sé. Questa condizione viene meglio espressa nei principi fondamentali, all’articolo 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” E se la famiglia può, a ben diritto, essere considerata una delle prime formazioni sociali, se ne evince che nessuna legislazione e nessuna forma di etica diversa da quella scelta dalla formazione sociale “ab origine” può violarne i diritti naturali. Ergo l’idea di famiglia naturale prescinde dal vincolo del matrimonio che, in questa ottica, non è altro che una libera scelta a cui si acconsente per farsi legalmente carico dei diritti già preesistenti e tanto più riconosciuti dalla legge, così come espresso nella Costituzione.
I due aspetti, famiglia e matrimonio, non sono, quindi, collegati. E c’è anche da dire, se si volesse tener conto “ad litteram” di quanto espresso nell’articolo 29, che la Costituzione non esplicita che il matrimonio debba essere esclusivamente contratto dal binomio uomo-donna. Ciò dovrebbe essere sufficiente per dare libertà di essere ad altre possibili forme di matrimonio, come quello tanto paventato fra gli omosessuali. Tuttavia è necessario tener conto che per i padri costituenti il binomio etero era l’unico possibile, all’epoca. Ma se la famiglia, come si afferma, è un prodotto culturale ed è un sistema dinamico in continua evoluzione, oggi l’articolo 29 è ancora una volta un ossimoro, essendo statico e oltremodo confusionale. Quindi la famiglia, intesa come gruppo sociale che è nato con l’uomo, esprime chiaramente l’idea di ruoli e status che sono modificabili nell’evolversi del tempo e dello spazio. Non può pertanto essere circoscritta alla tradizionale composizione di uomo, donna e prole. Quest’ultima formula è solo una delle possibili famiglie.
La famiglia nella storia
Volendo partire dalla notte dei tempi, troviamo, in base a reperti archeologici, i resti della vita di famiglie appartenenti al neolitico che mostrano come tutti gli appartenenti ad un villaggio costituissero una grande e unica famiglia, in cui erano divisi solo i ruoli tradizionali. L’uomo a caccia e la donna a casa a filare e a crescere i figli del villaggio. C’è anche da ricordare, per inciso, che inizia da qui l’estromissione della donna dalla comunità maschile e nel lavoro esterno alla casa. La famiglia neolitica era quindi basata sull’appartenenza ad un luogo e non meramente a vincoli affettivi.
Nell’antica Roma la famiglia è la “gens”, un sistema allargato che prevedeva anche l’appartenenza degli schiavi e dei liberti. Coloro che ne facevano parte erano membri della famiglia, a prescindere dai vincoli di sangue.
La storia della famiglia prende un altro aspetto con quello che nella linea del tempo si designa come anno zero. Secondo i Vangeli in quell’anno era in corso un censimento per ordine di Cesare Augusto e la storia della prima famiglia atipica considerata nel mondo della cristianità, chissà per quale astruso motivo, “sacra” quindi perfetta ingiunge nei gruppi sociali il concetto di famiglia tradizionale, ovvero costituita da un uomo, una donna e i loro figli. La prima famiglia nucleare. Chi poi fossero questi personaggi identificati in Maria, Giuseppe e Gesù, in realtà, non ci è dato di saperlo, se non bevendo a occhi bendati e sinapsi dormienti la favoletta della nascita del salvatore. Favola che è il più grande ossimoro che la storia ci abbia propinato.
In realtà la novella della santa nascita si potrebbe raccontare così : “Una fanciulla resta misteriosamente ingravidata da un misterioso padre biologico. Per recuperare un minimo di dignità e dare un padre al nascituro la giovane si accompagna ad un vecchio falegname che richiede l’adozione del nascituro che gli viene accordata dall’alto (ndr: ma da dove?). Così Gesù ha un padre adottivo, un padre biologico sconosciuto e un madre che ha concesso il suo utero in affitto per cause sconosciute e altresì misteriose”.
Da allora si diffuse la credenza che si può considerare famiglia solamente il nucleo costituito da madre, padre e figli e soprattutto che quella famiglia è sacra in nome della religione cattolica ed ha diritti umani e sociali più di tutte le altre forme di family. E che solo in quella tipologia di famiglia ci possa essere il riconoscimento dei diritti derivanti da un matrimonio.
La storia delle famiglie si snoda nel tempo su un ampio scenario che vede gruppi familiari poligami, monogami, mononucleari, allargati. Ognuno con un suo senso, con la sua morale, con la sua dignità che si basa sulla libera di scelta di amarsi e amare chi si vuole. Unica formula, con risvolti spesso tragici, la storia e la cronaca li palesano nella famiglia tradizionale, in cui un uomo e una donna nel vincolo legittimato e sacrale del matrimonio lo dissacrano con le più inique modalità.
E ancora oggi da quell’anno zero che tutto ci ha insegnato, tranne la libertà e la scelta di amare secondo la propria morale, le cronache parlano di femminicidi, infanticidi, stragi familiari. E solitamente le tragedie avvengono nelle famiglie legittimate nel vincolo del matrimonio. Nel recente Family day, partecipato da pluridivorziati, parlamentari nubili che annunciano in diretta l’attesa del primogenito sulle note di inquietanti litanie, ancora una volta si è manifestata una vergogna tutta italiana. In nome di un profeta chiamato Gesù che andava predicando l’amore libero da pregiudizi. E se questo non è un ossimoro…