Tra i tanti terreni su cui si era mossa l’opera lungimirante e disinteressata di Stefano Rodotà vorrei ricordare l’incarico, affidatogli dai comitati, di presidente nazionale dei “Comitati per la difesa e il rilancio della Costituzione”. Erano gli anni tra il ’90 e il ’94 . Vari comitati erano sorti in diverse località (Roma, Firenze, Bologna) durante la presidenza della Repubblica di Francesco Cossiga e dopo la svolta della Bolognina. Ci fu la raccolta di 50.000 firme contro l’organizzazione Gladio con relativa richiesta delle dimissioni di Cossiga. Le firme furono consegnate a Natalia Ginzburg e Stefano Rodotà (Indipendenti di Sinistra) in una sala di Montecitorio. La parola d’ordine era difendere gli spazi di democrazia. Dalla nostra parte c’era anche Giuseppe Dossetti che poco tempo prima della morte si era espresso con parole lusinghiere nei confronti del Comitato di Roma che definì “premonitore”.
Il ruolo assunto da Stefano Rodotà non era indolore, ma rispondeva alle posizioni da lui sempre manifestate contro forme di potere che espropriavano i cittadini del diritto di conoscere e di esprimersi conformemente ai principi costituzionali. Erano con noi nel comitato di Roma, Fabrizio Clementi, Pietro Antonuccio, Fabio Alberti, Ivano di Cerbo, Luca Marcantonio, Fabio Marcelli, Stefania Limiti, SandroValentini… Una pluralità di posizioni e di identità, che in seguito portarono la difesa dei principi costituzionali in altre (nuove) formazioni politiche e sociali.