Hegel, sottolinea Domenico Losurdo, non cade nello schema evoluzionistico neanche quando parla di “lentezza” dello spirito universale, in quanto tale immagine serve tutt’al più a indicare quanto sia “complesso e contraddittorio”, nonché drammatico, il processo storico, “il cammino dello spirito (Weg) – continua Losurdo – è la mediazione, è il percorso più lungo (Umweg). La storia procede non il linea retta ma a zig-zag, attraverso contraddizioni e lotte che si sviluppano incessantemente” [1]. Tanto che alcune volte la storia sembra tornare indietro, non sono pochi nel corso storico i momenti regressivi o di barbarie [2]. Hegel, continua Losurdo, fa l’esempio della libertà dell’uomo, considerata ormai una cosa acquisita, in realtà non è solo il frutto di un processo storico, ma è anche un risultato assai recente in quanto “per affermarsi ha dovuto attraversare lotte gigantesche e un processo tortuoso e contraddittorio” [3]. In un passo tratto dal Ludwig Feuerbach, Engels sembra sposare a pieno questa concezione della storia: “La grande idea fondamentale, che il mondo non deve essere concepito come un complesso di cose compiute, ma come un complesso di processi, in cui le cose in apparenza stabili, non meno dei loro riflessi intellettuali nella nostra testa, i concetti, attraverso un ininterrotto processo di origine e di decadenza, attraverso al quale, malgrado tutte le apparenti casualità e malgrado ogni regresso momentaneo, si realizza alla fine, un progresso continuo: questa grande idea fondamentale è entrata così largamente, specie dopo Hegel, nella coscienza comune, che in questa sua forma generale non trova quasi più contraddittori” [4].
Ciò che Losurdo vuole altresì evidenziare non è solo l’utilizzazione da parte di Hegel delle categorie della Logica, come quella di contraddizione oggettiva e di salto qualitativo, al fine di comprendere il processo storico, ma come tali categorie nascano proprio dalla riflessione sulla Rivoluzione francese. Il legame tra la Logica e la Rivoluzione francese è espresso da Hegel nella Prefazione alla prima edizione della Scienza della logica del 1812: “lo spirito nuovo, che è sorto per la scienza non meno che per la realtà, nella logica non si è ancora fatto sentire. […] Quanto al tentativo d’ignorare il generale mutamento, anche nel campo scientifico esso comincia ad andar fallito” [5]. Nella Logica hegeliana i princìpi della Rivoluzione francese vengono sistemati teoricamente anche se depurati “della loro «astrattezza» giacobina, e visti nella maturità conquistata nel periodo post-termidoriano” [6]. Per questo motivo la Logica hegeliana verrà celebrata da molti rivoluzionari; oltre che, come è noto Marx [7], anche Herzen, ad esempio, la definirà “l’algebra della rivoluzione”, Lenin stesso la leggerà con grande “passione e partecipazione” [8], Bakunin porrà l’accento sulla contraddizione oggettiva e sull’antitesi [9], nonché sui salti qualitativi del processo storico. Del resto, nel Vormärz la “sinistra” porrà l’accento sulla dialettica come forza eversiva, come quel costante processo di trasformazione che pone costantemente in discussione l’esistente. Del resto, anche Marx ed Engels insisteranno sempre sull’aspetto rivoluzionario della dialettica hegeliana. Engels, nel Ludwig Feuerbach scrive: “non ci si accontentò di mettere Hegel semplicemente da parte; al contrario ci si ricollegò a quel suo lato rivoluzionario che abbiamo indicato sopra, al metodo dialettico” [10]. Del resto, l’accento posto dalla Logica hegeliana sulla forza del negativo, sulla contraddizione implica anche il riconoscimento dell’importanza dei salti qualitativi nel processo storico, contro ogni teoria gradualistica.
È, invece, dopo la relativa battuta d’arresto della rivoluzione del ’48 che la Logica hegeliana, insieme alla tradizione filosofica dell’idealismo tedesco, viene messa in discussione, in quanto espressione teorica della Rivoluzione francese. Persino il razionalismo illuministico di Kant è, così, posto sotto accusa per aver rimesso in discussione le istituzioni storicamente esistenti. La critica dei reazionari viene portata avanti facendo appello alla storia, intesa come “rispetto delle istituzioni storicamente esistenti” e, quindi, come giustificazione dello status quo. Nel momento in cui viene condannato come “folle e irrealizzabile il salto qualitativo, la rottura rivoluzionaria del vecchio ordine” e lo stesso razionalismo, perché “conduce e può condurre alla giustificazione della rivoluzione” [11], viene celebrata la categoria della peculiarità storica [12] delle varie istituzioni politiche al fine di considerare inammissibile qualsiasi mutamento della realtà politica fondato su princìpi universali [13].
Lo storicismo, del resto, era già stato il cavallo di battaglia dei conservatori dopo la Rivoluzione ed era già stato condannato dall’idealismo tedesco. Per Kant, infatti, l’appello alla tradizione storica, volto alla giustificazione dell’esistente, non è altro che grossolano empirismo. Così, per Fichte, è da reazionari il pretendere di decidere su questioni concernenti il diritto e lo Stato su basi storicistiche. Anche Hegel si scaglierà, a suo tempo, contro lo storicismo. Tuttavia, a differenza di Kant e Fichte, Hegel non opporrà allo storicismo gli eterni princìpi della ragione, bensì un profondo ripensamento del processo storico. Per Hegel la ragione stessa si è venuta sviluppando attraverso la storia ed è proprio per questo che la sua prospettiva è sempre quella del presente. È, quindi, la storia lo strumento che ci permette di distinguere in quali condizioni una norma è razionale e in quali ha cessato di esserlo. I fautori dello storicismo, invece, pretendono di legittimare un istituto giuridico solo perché ha una lunga storia alle spalle, ma agli occhi di Hegel “per un istituto l’avere una lunga storia alle spalle di per sé non significa nulla. «Ciò che è antico» non è da considerare solo per questo come eccellente” [14]. Come è noto Hegel, nei Lineamenti di Filosofia del diritto, intraprende una serrata critica verso gli esponenti della scuola storica del diritto come Haller e Savigny, poiché costoro non giustificano un fenomeno storico sulla base di argomenti razionali, ma si basano sulle circostanze, sul contingente, legittimando così in sede politica e giuridica le forme empiriche. Il loro errore è di “prendere l’esteriorità del fenomeno, dell’accidentalità del bisogno, dell’esigenza di protezione, della forza, della ricchezza, e così via, non come momenti dello sviluppo storico, ma come sostanza dello Stato” [15].
La borghesia, invece, se prima del ’48 condannava i reazionari alla Burke e Maistre che denunciavano la Rivoluzione francese facendo appello alla storia, dopo il ’48 utilizza gli argomenti dello storicismo contro la rivoluzione. Del resto, come evidenzia Losurdo, “man mano poi che si consolida il compromesso della borghesia liberale con gli Hohenzollern e gli Junker, il recupero della tradizione di pensiero conservatrice e reazionaria diviene totale” [16]. La borghesia, per paura della radicalizzazione della rivoluzione e del protagonismo del proletariato, si allea con i ceti più conservatori e ne fa propria l’ideologia; l’idealismo tedesco, abbracciato dalla borghesia allora rivoluzionaria, viene ora da essa condannato. “Nata come concettualizzazione della Rivoluzione francese, la Logica hegeliana cade in crisi in Germania quando cade in crisi la stessa immagine della Rivoluzione francese, e l’una e l’altra divengono oggetto di condanna generale per il fatto che sembrano evocare lo spettro di un’altra rivoluzione, quella sociale” [17].
Note:
[1] Losurdo, Domenico, Ipocondria dell’impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001, p. 21.
[2] Lo stesso Losurdo si serve della concezione della storia hegeliana per interpretare la nostra storia recente. Per Losurdo la storia del Novecento, infatti, può essere considerata un processo di emancipazione e di de-emancipazione. Riguardo tale tematica cfr. Id., Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp. 230-279.
[3] Id., Ipocondria …, op. cit., p. 21.
[4] Marx, Karl, Engels, Friedrich, Opere scelte, a cura di Gruppi, Luciano, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 1133.
[5] Hegel, G. W. F., Scienza della Logica, trad. di Moni, A., rivista da Cesa, C., introduzione di Cesa, C., BUL Laterza, Bari. 1988, vol. I, p. 5.
[6] Losurdo, Domenico, Ipocondria …, op. cit., p. 31.
[7] Come è noto Marx, in una famosa lettera a Engels del 16 gennaio 1857, asserisce che rileggere la Scienza della logica di Hegel, prima della stesura de Il capitale, gli è stato di grande aiuto, soprattutto per quanto riguarda il metodo. Riguardo tale tema rinvio al significativo studio di Roberto Fineschi, Hegel e Marx. Contributi a una rilettura, Carocci, Roma 2006 e, sempre di Fineschi, Ripartire da Marx. Processo storico ed economia politica nella teoria del "capitale" Bollati Boringhieri, Torino 2001.
[8] Losurdo, Domenico, Ipocondria …, op. cit., p. 32.
[9] “Il giovane hegeliano e giovane rivoluzionario russo respinge qualsiasi interpretazione della dialettica come mediazione e conciliazione dei due termini della contraddizione, come juste-milieu: il «risolversi e dissolversi del positivo è la sua unica conciliazione possibile col negativo»; la soluzione della contraddizione presuppone l’«annientamento» di uno dei suoi termini.” Ivi, p. 223.
[10] Marx, K., Engels, F., Opere …, op. cit., p. 1132.
[11] Losurdo, Domenico, Ipocondria …, op. cit., p. 280.
[12] Il tema della peculiarità storica è presente in particolar modo in Burke, che si serve di tale categoria per contrapporla alla tradizione che, a partire dalla Rivoluzione francese, celebra l’universalismo dei diritti dell’uomo. Tale tema verrà utilizzato da tutta la successiva tradizione conservatrice e contro-rivoluzionaria e conoscerà una radicalizzazione in Germania dopo la Prima guerra mondiale, tanto che verrà utilizzato sia da Heidegger che da Jaspers. L’appello alla storicità si contrapponeva all’ideologia dell’Intesa che aveva presentato la Prima guerra mondiale come crociata per la democrazia, al programma di unificazione del mondo sulla base del comunismo scaturito dalla Rivoluzione d’Ottobre e alla Società della nazioni fondata su parole d’ordine universalistiche. Riguardo tale questione cfr. Heidegger, Martin, La comunità, la morte, l’occidente. Heidegger e l’«ideologia della guerra» (1991), Bollati Boringhieri, Torino 2001, pp. 55-56.
[13] Losurdo ricorda il lamento di R. Haym, dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, per la mancanza in Germania di uomini come Burke che costituirebbero il miglior antidoto al radicalismo democratico che si beava di antistorici miti come quello della repubblica antica. Haym, come già Heine, coglie quindi, anche se con significato politico opposto, in una parte importante della cultura e filosofia tedesca una sorta di riflesso teorico del processo rivoluzionario sviluppatosi in Francia. Losurdo, Domenico, Ipocondria …, op. cit., pp. 279-80.
[14] Ivi, p. 289.
[15] Hegel, G. W. F., Lineamenti di filosofia del diritto, trad. e a cura di Marini G., Laterza, Bari 2000, p. 197.
[16] Losurdo, Domenico, Ipocondria …, op. cit., p. 312.
[17] Ivi, p. 33.