A parere di Domenico Losurdo, se Hegel considera valido il principio aristotelico di non contraddizione, è tuttavia convinto che tale principio logico, essendo eminentemente formale, risulti inadeguato per comprendere la realtà storico-sociale. Hegel, infatti, polemizza vivacemente contro chi dall’astratto principio di non contraddizione pretende di dedurne leggi riguardanti la realtà di fatto. L’esempio che riporta Losurdo è ripreso dal saggio sul diritto naturale e concerne i rapporti di proprietà: “il tentativo di dedurre dalla ragione, sulla base esclusivamente del principio di non-contraddizione, i rapporti di proprietà, finisce col conferire a quest’ultimi un’assolutezza che non gli compete: «Attraverso la mera assunzione di una determinatezza nella forma dell’unità pura, deve essere essa stessa eletta ad unità assoluta, a legge e a dovere». In conclusione, «alla proposizione, la proprietà è la proprietà» viene attribuito «il significato: la materia della proposizione, cioè la proprietà è assoluta; e subito ogni determinatezza può essere eletta a dovere». Assolutizzato, il principio di non-contraddizione non solo è «superfluo», ma è qualcosa di «falso», di «contrario alla ragione»” [1]. L’assolutizzazione del principio di proprietà non solo evidenzia il carattere formale e di parziale verità del principio di non contraddizione, ma anche il fatto di essere lo strumento della legittimazione dell’esistente e questo aspetto è, per Losurdo, criticato in modo radicale da Hegel.
Allo stesso modo Hegel critica Kant in quanto le contraddizioni della realtà, quindi oggettive, vengono trasferite nella sfera logica, che è invece soggettiva, svolgendo anche in questo caso una funzione apologetica verso l’esistente o, “per dirla con Hegel”, ciò è “espressione di «tenerezza per le cose di questo mondo»” [2].
Secondo Hegel, inoltre, “non basta rivelare una contraddizione logica; può ben darsi che questa rinvii ad una contraddizione oggettivamente esistente” [3], come avviene nel caso della proprietà feudale, dove la terra è in un certo senso del contadino che la coltiva, ma la proprietà è del feudatario. Qui ci troviamo di fronte a una contraddizione logica, dove il principio di non-contraddizione è palesemente violato in quanto vi è “la contemporanea attribuzione e negazione di un medesimo soggetto ad un medesimo predicato” [4]; la proprietà feudale è, quindi, contraddittoria dal punto di vista logico, ma ciò non gli impedisce di esistere “e anche di opporsi a qualsiasi trasformazione” [5]. La categoria di contraddizione oggettiva non implica, quindi, né il non riconoscimento del principio di non-contraddizione, né il non rivelare le contraddizioni al livello reale, ma al limite implica l’esigenza di sanarle.
Allo stesso modo diversi autori del tempo, tra cui Vicenzo Cuoco, tradotto anche in tedesco, avevano visto nella rivoluzione una necessaria opera di risanamento delle contraddizioni reali presenti nell’assetto politico-sociale precedente. La posizione di Hegel è, a parere di Losurdo, simile, sotto questo aspetto, a quella di Cuoco. Losurdo, riferendosi in particolar modo alla Scienza della logica e ai corrispondenti brani della Propedeutica filosofica, ci fa notare come per Hegel il passaggio dalla possibilità alla realtà di una cosa non è dovuta al principio astratto di non contraddizione, cioè alla possibilità logica di pensarla, ma alla presenza di tutta una serie di contraddizioni nella realtà stessa, come avviene nel caso del processo rivoluzionario. La rivoluzione, infatti, sembra scoppiare accidentalmente, in realtà è il frutto di un cumulo di contraddizioni. Il piano puramente oggettivo, l’in sé della contraddizione, non è sufficiente per innescare un processo rivoluzionario. La contraddizione, infatti, dal piano del reale deve trasferirsi nel piano del pensiero divenendo per sé, ossia opposizione cosciente e, quindi, contrapposizione tra diversi gruppi sociali. Solo in questo caso, cioè attraverso l’unione del piano soggettivo e di quello oggettivo, passando, per dirla con Gramsci, dalla struttura alla sovrastruttura, è possibile che esploda la rivoluzione.
Su questa base si fonda la stessa teoria marxiana della rivoluzione, anche se in Marx cambiano i termini della contraddizione: il contrasto tra rapporti di proprietà e lo sviluppo delle forze produttive si sostituisce al contrasto tra la costituzione e le idee e i costumi, che erano invece i termini usati da Cuoco e da Hegel [6]. Anche per Marx la rivoluzione nasce da una contraddizione e non si tratta di una opposizione soggettiva a uno stato di fatto, ma si tratta invece di favorire con l’azione del soggetto una contraddizione già latente nella stessa sostanza oggettiva, storica. Non si tratta di una negazione semplice, ma della negazione del negativo che la sostanza stessa, l’essere sociale, ha sviluppato al suo interno. Esemplare, da questo punto di vista, è quello che scrive Marx nella famosa Prefazione a Per la critica dell’economia politica: “A un dato punto del loro sviluppo le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (il che è l’equivalente giuridico di tale espressione) dentro i quali esse forze per l’innanzi s’erano mosse. Questi rapporti da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale” [7]. È evidente così la continuità di Marx rispetto a Hegel riguardo l’utilizzazione della categoria di contraddizione oggettiva per spiegare la rivoluzione. In effetti nel caso di Marx, come per Hegel, non si tratta affatto di abbandonare il principio aristotelico di non-contraddizione. Anzi esso è costantemente fatto valere, sottolinea Losurdo, contro quegli economisti che si impigliano in continue contraddizioni a livello logico pur di evitare di far emergere le contraddizioni reali. La differenza tra Marx e Hegel non si pone quindi a livello del concetto di contraddizione reale, “semmai va cercata in relazione alla teoria hegeliana della mediazione, quindi alla tendenza che Marx rimprovera a Hegel a smussare l’acutezza delle contraddizioni oggettivamente esistenti” [8], cercando così di evitare lo scoppio del processo rivoluzionario.
Chi, come Lucio Coletti, invita a tornare al Kant del 1763, sostituendo la categoria di contraddizione oggettiva con quella di opposizione reale, non tiene conto dell’evoluzione dello stesso pensiero kantiano che, con il tempo, ha considerato tale concetto inadeguato per spiegare la realtà storico-sociale. In effetti, ritornare alla categoria di opposizione reale rappresenterebbe “una regressione […] nella spiegazione della realtà sociale e del processo storico; l’opposizione verrebbe ad essere privata di qualsiasi base oggettiva” [9]. La categoria di opposizione reale implica un rapporto di ripugnanza tra le due forze il cui risultato è zero, non conosce uno stato di latenza, non ha uno sviluppo interno, rimane fissa e stabile e i due termini sono estranei tra loro. Nella contraddizione, invece, tra i due termini si istaura uno scontro, un conflitto che non ha come risultato un equilibrio, inoltre la contraddizione può conoscere uno stato di latenza (quando manca la coscienza soggettiva della contraddizione oggettiva), ma ha uno sviluppo interno, si può acutizzare oppure indebolirsi, può esplodere o terminare con la soppressione di uno dei due termini. È evidente come la categoria di contraddizione oggettiva sia funzionale alla comprensione della storia e della rivoluzione e chi vuole tornare alla categoria di opposizione reale nasconde, potremo, in un certo senso dire, il bisogno di negare le contraddizioni sociali per evitare anche la sola possibilità di volerle sanare attraverso il conflitto. Tale posizione regressiva, cioè di ritorno indietro rispetto alla categoria hegelo-marxista di contraddizione è stata proposta in modo paradossale, evidenzia Losurdo, da alcuni settori della cultura marxista, convinti, a torto, che pensare una contraddizione reale debba essere a sua volta contraddittorio.
Note:
[1] Losurdo, Domenico, Ipocondria dell’impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001, p. 267.
[2] Ibidem. La critica di Hegel a Kant è comunque preceduta da un elogio, Kant, sottolinea Hegel, ha scoperto che nella ragione umana si presenta la contraddizione e l’antitesi: “Kant pose la dialettica più in alto, ed è questo uno dei suoi maggiori meriti. Egli tolse quell’apparenza di arbitrio, che ha secondo l’ordinario modo di rappresentarsela, e la mostrò come un’opera necessaria della ragione […] l’idea generale che Kant pose per base e fece valere, è l’oggettività della apparenza, e la necessità della contraddizione appartenente alla natura delle determinazioni del pensiero” Hegel, G. W. F., Scienza della Logica, trad. di A. Moni, riv. da C. Cesa, introduzione di C. Cesa, BUL Laterza, Bari. 1988, pp. 38-39. Il problema è che Kant non ha scoperto come nasca l’antitesi nel discorso logico, ovvero non ha scoperto che alla dialettica soggettiva della ragione corrisponde la dialettica oggettiva della realtà. Per tale questione cfr. Sichirollo, Livio, Dialettica, a cura di Santucci, Antonio, Editori Riuniti, Roma 2003, pp. 167-171.
[3] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 268.
[4] Ivi, p. 269.
[5] Ivi, p. 268.
[6] “In Hegel (e Cuoco) abbiamo da una parte la costituzione e dall’altra lo sviluppo delle idee e dei costumi che hanno sopravanzato la costituzione, l’organizzazione giuridica della società, rimasta ferma e ossificata” ivi, pp. 273-74.
[7] Marx, Karl, Engels, Friedrich, Opere scelte, a cura di L. Gruppi, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 747.
[8] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 275. È interessante notare che negli scritti “giovanili” Losurdo evidenzi ancora, pur nella sostanziale continuità, i momenti in cui la riflessione di Marx supera dialetticamente quella di Hegel. Queste notazioni tendono a venir meno, se non proprio a sparire, negli scritti successivi, in cui Losurdo non solo non sottolinea i punti in cui Marx supera la concezione hegeliana ma, al contrario, tende a evidenziare gli aspetti in cui il pensiero di Marx sembra retrocedere rispetto a Hegel. Ciò può essere considerato una indiretta conferma della pregnanza della categoria della contraddizione oggettiva: quando Losurdo considerava ancora possibile un radicale superamento della società esistente, tendeva a considerare, almeno per certi aspetti, più interessante la riflessione di Marx rispetto a quella di Hegel. Nel momento in cui il pessimismo della ragione sembra prevalere sull’ottimismo della volontà, Losurdo sembra condividere maggiormente l’attitudine della nottola di Minerva hegeliana che si “limita” a riflettere post factum sugli eventi storici, più che considerare quel principio speranza che è indubbiamente un motivo di differenziazione del pensiero di Marx rispetto a quello di Hegel.
[9] Ivi, p. 274.