Come osserva Domenico Losurdo, in Hegel la categoria di astratto in riferimento alla libertà si specifica nella sua dimensione formale. L’elemento formale è l’elemento del consenso soggettivo indispensabile all’effettualità della libertà sostanziale. Ciò è possibile, tuttavia, solo quando l’aspetto formale e sostanziale della libertà tendono ad armonizzarsi. Altrimenti vi può essere anche una grande libertà formale, astratta, che però nasconde in sé un contenuto regressivo rispetto alla libertà sostanziale, concreta. Così, ad esempio, già Hegel osservava che in Polonia o in Inghilterra “l’aristocrazia che ha strappato alla Corona la «libertà formale» se ne serve per impedire incisive riforme antifeudali, per ostacolare o bloccare il processo di realizzazione della «libertà oggettiva», e cioè del «diritto razionale»” [1]. Al contrario, ad esempio, il dispotismo illuminato ha prodotto nella sua lotta contro il dominio dell’aristocrazia e del clero uno sviluppo oggettivo della libertà reale, della persona e della proprietà, che non si accompagna affatto, anzi mira a contrapporsi, alla realizzazione della libertà formale.
La tradizione marxista, per Losurdo, avrebbe teso a sottovalutare la dimensione formale-astratta della libertà, rappresentando, quindi, “un indubbio impoverimento rispetto alla più articolata” [2] visione hegeliana [3]. Hegel, al contrario, avrebbe sottovalutato all’interno della stessa libertà formale le clausole di esclusione, razzistiche, di genere o censitarie, che storicamente la hanno inficiata, in poche parole “la libertà formale viene definita – in Hegel – indipendentemente dal soggetto che ne è titolare” [4]. La concezione unilaterale della libertà affermatasi nella vulgata marxista e spesso nel socialismo reale avrebbe portato al contrario a estremizzare la critica alle clausole di esclusione della libertà formale, principalmente in relazione al lavoro salariato e al colonialismo, fino a pretendere non di ampliarla, ma di rinunciare a essa. Secondo Losurdo tale posizione rispetto alla libertà formale è da respingere, perché un conto è criticare “l’assolutizzazione” della “dimensione” della libertà formale “mettendo in evidenza il possibile conflitto che può intervenire con altre dimensioni altrettanto essenziali”, altro è invece “cancellare uno dei termini del conflitto e quindi il conflitto stesso” facendo lo stesso errore della tradizione liberale “che identifica la libertà «negativa» con la libertà in quanto tale” [5].
Un altro aspetto importante della continuità tra il pensiero di Hegel e quello di Marx, evidenziato da Losurdo, è l’utilizzazione da parte di entrambi in modo significativo della categoria della contraddizione oggettiva in funzione dell’analisi della società. Tale questione è senza dubbio al centro della riflessione di un autore che come Losurdo ha costantemente sottolineato i punti di contatto tra Hegel e Marx [6]. Perciò Losurdo ha, innanzitutto, rigettato l’accusa al sistema di Marx di non essere scientifico, perché viziato nel fondo dalla categoria idealistica hegeliana di contraddizione oggettiva. Secondo quest’ultima interpretazione Marx, seguendo Hegel, confonderebbe la contrarietà reale con la contraddizione che può darsi solo a livello logico. Questa tesi, che risale a Hans Kelsen e a Karl Popper, è stata poi ripresa da Lucio Colletti. Secondo quest’ultimo, la teoria di Marx è più idealista che materialista, visto che mutua da Hegel la categoria di contraddizione oggettiva, inoltre non sarebbe scientifica proprio perché prescinderebbe dal principio di non-contraddizione, “sbrigativamente liquidato, secondo Colletti, sia da Hegel che da Marx” [7]. Al fine di confutare tale tesi, Losurdo fa innanzitutto notare che di contraddizione oggettiva non si parla unicamente in un contesto idealistico, dato che già ne fanno uso tanto Voltaire, che Diderot e Rousseau, in opere che furono ben presto tradotte anche in tedesco. Ciò significa che nella cultura tedesca il termine Widerspruch, “inteso come contraddizione oggettiva”, si era diffuso in Germania “ben prima di Hegel” [8]. Tale categoria, inoltre, sarà ampiamente utilizzata tanto in Francia che in Italia e in Germania da diversi autori per caratterizzare gli avvenimenti della Rivoluzione francese, a riprova del fatto che “la nuova categoria rispondeva ad un bisogno largamente sentito e non è quindi il risultato dell’elaborazione solitaria e fantastica di un filosofo isolato rinchiuso nella torre d’avorio delle sue speculazioni” [9]. La categoria di contraddizione oggettiva, quindi, comincia a essere utilizzata in particolar modo per analizzare criticamente l’Ancien régime al suo tramonto “e man mano che si sviluppano i conflitti propri della società borghese” [10].
In maniera significativa Losurdo inserisce in questo contesto il saggio di Kant del 1763 Tentativo per introdurre nella filosofia il concetto delle quantità negative [11]. Tale saggio in realtà viene generalmente citato per la distinzione ivi contenuta tra contraddizione logica e contrarietà reale e, quindi, messo in contrapposizione con la tradizione hegelo-marxista. Qui Losurdo invece si propone di dimostrare come in realtà l’intenzione di Kant fosse ben diversa. Kant polemizza anzitutto contro l’uso sregolato del principio di non-contraddizione e cerca, al contrario, di elaborare nuovi concetti in grado di dar conto della realtà sia dal punto di vista naturale, sia politico-sociale.
Kant, infatti, cerca di mostrare come vi siano opposizioni reali che non sono logicamente contraddittorie e, quindi, impensabili. Il filosofo di Königsberg intende qui polemizzare contro la scuola wolffiana che pretende, “per una fedeltà falsa e scolastica al principio di non-contraddizione” [12], non vi siano altre opposizioni che le contraddizioni logiche. Costoro, assolutizzando il principio di non-contraddizione, non riescono a cogliere le contraddizioni del reale. Quindi nel saggio di Kant, secondo Losurdo “la distinzione tra opposizione reale da una parte e contraddizione logica dall’altra mira ad espungere dal mondo oggettivo non tanto la contraddizione, quanto l’identità e l’armonia; la netta distinzione tra sfera logica e sfera ontologica mira a rendere possibile una comprensione logicamente non contraddittoria delle tensioni, dei conflitti, delle opposizioni, dei «contrasti», delle «repugnanze» oggettivamente esistenti” [13]. Kant, così, per comprendere i contrasti apertesi nel corpo sociale, cerca di utilizzare le categorie di opposizione reale della matematica e della fisica, per evitare di cadere nell’accusa di aver violato i principi della logica. Inoltre Kant qui anticipa Hegel nell’idea della positività del negativo. Con ciò Kant intendeva rompere con la tradizione che da Agostino giungeva fino alla teodicea di Leibniz e Wolff e che pretendeva di classificare il male come semplice assenza di bene, tutto ciò in funzione della teodicea ovvero della legittimazione dell’esistente. Tuttavia sarà Kant stesso, venti anni più tardi, a rinunciare a spiegare i fenomeni reali con la categoria di opposizione reale, desunta dalla matematica, a causa della sua inadeguatezza. Nell’Idea di una storia Universale Kant si servirà, infatti, del termine antagonismo per chiarire il rapporto tra Stati e tra i membri della società civile, termine che prevede lo scontro, il conflitto ed è sostanzialmente diverso da quello di opposizione reale che “è un rapporto di reciproca ripugnanza tra i due termini, e che ha per risultato la quiete” [14]. Infine sarà Kant stesso a introdurre la categoria di contraddizione in ambito sociale tanto nell’Antropologia che nelle Riflessioni utilizzando la categoria di “insocievole socievolezza” (ungesellige Geselligkeit). In conclusione, a parere di Losurdo, la terminologia che usa Kant non è così univoca come pretende Colletti, non si ferma alle categorie di contraddizione logica e opposizione reale, come nello scritto pre-critico. Emerge invece nell’ulteriore sviluppo del pensiero di Kant lo sforzo di analizzare la società, che lo porta via via ad abbandonare le categorie desunte dall’ambito matematico e fisico fino a “ricorrere lui stesso, prima di Hegel, alla categoria e al termine stesso di contraddizione (Widerspruch), intesa non in senso logico” [15].
Di contro, l’utilizzazione da parte di Hegel della contraddizione oggettiva non implica affatto, secondo Losurdo, il rigetto del principio aristotelico di non-contraddizione, come invece pretende Colletti che assimila Hegel ai seguaci di Eraclito. Hegel, infatti, se nella Scienza della logica loda Eraclito “per aver scoperto la categoria del divenire” [16], nelle Lezioni sulla storia della filosofia condividerà invece la critica condotta da Aristotele sulla base del principio di non-contraddizione al relativismo eracliteo [17]. Ma se anche ci spostiamo alla Scienza della logica, dove grande importanza viene data alla categoria di contraddizione, Hegel considera comunque l’identità e la non-contraddizione come una verità, sebbene incompleta. “Per dirla con la Logica, che pure rappresenta il momento di più aspra polemica contro la logica formale, «la verità formale [è] una verità astratta, incompleta», ma pur sempre una verità; e «l’identità come astratta è essenziale», ma «è in pari tempo incompleta»” [18].
Note:
[1] Losurdo, Domenico, Ipocondria dell’impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001, p. 69. Losurdo si riferisce qui, in particolare, all’Aggiunta al § 544 dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche, dove Hegel così si esprime a proposito della legislazione inglese: “L’esperienza mostra tuttavia che questo paese, rispetto agli altri Stati progrediti d’Europa, è quello più arretrato in fatto di legislazione civile e penale, di diritto e di libertà della proprietà, di istituzioni rivolte all’arte ed alla scienza. Inoltre, la libertà oggettiva, cioè il diritto razionale, è al contrario sacrificato alla libertà formale ed al particolare interesse privato (e questo, persino nelle istituzioni e nelle proprietà che dovrebbero essere consacrate alla religione)” Hegel, G.W.F., Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio con le aggiunte – Filosofia dello spirito, a cura di Alberto Bosi, UTET, Torino 2000, p. 391.
[2] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 70.
[3] Se Losurdo è, sempre a ragione, molto attento a denunciare i limiti della tradizione marxista e del socialismo reale per aver ingiustamente sottovalutato l’importanza della dimensione formale della libertà, lo stesso non si può dire della sua interpretazione hegeliana che dimentica come il filosofo di Stoccarda sia stato sempre criticato tanto dai marxisti quanto dai liberali proprio per la sua sostanziale adesione al governo prussiano durante la sua permanenza a Berlino, un governo che, per quanto avesse contribuito a modernizzare lo Stato, di certo non brillava nel rispetto delle libertà formali. Questo appare tanto più paradossale per un autore come Losurdo che ha giustamente insistito sui problemi di censura e autocensura delle posizioni filosofiche di Kant e Hegel in Prussia. Cfr. Losurdo, D., Hegel e la libertà dei moderni, Editori Riuniti, Roma 1992 e Id., Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant, Bibliopolis, Napoli 1983.
[4] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 70.
[5] Ivi, p. 73.
[6] Cfr., in particolare, il saggio di Losurdo Contraddizione oggettiva e analisi della società: Kant, Hegel, Marx, in Id., Ipocondria …, op. cit., pp. 254-276.
[7] Ivi, p. 253. Cfr. Coletti, Lucio, Tramonto dell’ideologia, Laterza, Roma-Bari 1980, pp. 89-161.
[8] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 254.
[9] Ivi, p. 255.
[10] Ibidem.
[11] In Kant, Immanuel, Scritti precritici, Laterza, Bari 2000, pp. 249-90.
[12] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 257.
[13] Ibidem.
[14] Ivi, p. 261.
[15] Ivi, p. 262.
[16] Ivi, p. 263.
[17] “Il divenire di Eraclito è una determinazione essenziale giusta; ma al mutamento manca ancora la determinazione dell’identità con sé, della saldezza dell’universale. il fiume è in perenne mutamento; ma continua anche ad esistere perennemente, e soprattutto è un’esistenza universale. Donde si scorge subito che Aristotele intende polemizzare con Eraclito e con altri, quando dice che l’essere e il non essere non sono la stessa cosa, e su ciò si fonda il celebre principio di contraddizione: un uomo non è allo stesso tempo una nave” Hegel, G.W.F., Lezioni sulla storia della filosofia, trad. it. di E. Codignola e G. Sanna, La Nuova Italia, Firenze 1967, vol. II, p. 299.
[18] Losurdo D., Ipocondria …, op. cit., p. 263. Per Hegel, del resto, la Logica formale costituisce uno dei momenti (l’astratto-intellettuale) della Logica dialettica: “la logicità ha, considerata secondo la forma, tre aspetti: α) l’astratto o intellettuale; β) il dialettico, o negativo-razionale; γ) lo speculativo, o positivo-razionale. Questi tre aspetti non fanno già tre parti della logica, ma sono momenti di ogni atto logico reale, cioè di ogni concetto o di ogni verità in genere. Essi possono esser posti tutti insieme sotto il primo momento, l’intellettuale, e per questo mezzo tenuti separati tra loro; ma così non vengono considerati nella loro verità” Hegel, G.W.F., Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, BUL Laterza, Bari 1994, p. 95.